Chapter three

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Matt

Il verde smeraldo delle foglie, decorate da impercettibili linee di un colore più scuro, accoglie sulla sua superficie gocce di pioggia trasparenti. Scivolano lentamente, e ondeggiano con movenze delicate a causa della brezza  non troppo fredda.

Una farfalla dalle ali rosa pastello, la cui punta e i bordi sono interamente neri, si posa sul fiore. Tuttavia, non vi rimane a lungo poiché, come attirata da qualcos'altro, si sposta più in basso. In particolare si concentra su alcune sassolini, apparentemente insignificanti, posati disordinatamente accanto al fiore. Si posa proprio su di essi, battendo le ali con la stessa meraviglia e intensità delle onde che si scagliano contro gli scogli rocciosi.

Quell'immagine attrae la mia attenzione e mi induce a puntare la macchina fotografica proprio lì. Metto a fuoco il connubio dell'eleganza dell'insetto con l'apparente neutralità del sasso e la punto con l'obiettivo. Regolo l'intensità e poso la mano sulla ghiera dello zoom. Attendo qualche secondo che possa assumere una posizione ferma in modo da non apparire sfocata, e catturo l'immagine.

Allontano poi la fotocamera dall'occhio e sposto lo sguardo sul display.

Il colore delicato e raffinato delle sue ali è in netto contrasto con quello scuro e privo di magia della pietra, eppure sorrido ugualmente, affascinato soltanto dalle foto di questo tipo.

Noto come il resto della fauna verde e rigogliosa si stagli dietro la farfalla cercando di catturare la sua attenzione, eppure lei rimane ferma lì, su un sasso, come se quello fosse la cosa più bella e interessante che abbia mai visto.

Sospiro soddisfatto e rimuovo il rullino ormai pieno, per inserirne uno nuovo. Tuttavia, proprio quando sto per andare via e fotografare qualcos'altro, ecco che due voci- una più squillante, l'altra più pacata e controllata- mi interrompono.

«Ancora con queste foto? Ma non ti annoi a stare fermo ore davanti a quella...» Sally agita le mani in aria, sobbalzando alle mie spalle insieme a Charlotte. «cosa?» indica la macchina e fa una smorfia.

Prendo quindi posto su una panchina lì vicino, ignorando la domanda che mi ripete sin dalla prima volta in cui ha scoperto la mia passione per la fotografia. Lascio che la macchinetta rimanga sospesa al mio collo, data la fascia appoggiata sulla mia nuca che ne impedisce la caduta, e sfilo il pacchetto di Marlboro dalla tasca dei jeans.

Mi si avvicinano entrambe, con un sorriso gentile. Porgo il pacchetto a Charlotte, chiedendole se ne vuole una, ma lei rifiuta con un gesto del capo.

«No, grazie. Sto cercando di smettere.»

Sorrido a quella frase, cosciente del fatto che il suo periodo da fumatrice fosse terminato contemporaneamente al suo dolore.

Cosa che non posso dire di me, invece.  Il fumo infatti è diventato una vera e propria dipendenza per me. Finisco circa un pacchetto e mezzo al giorno, ingabbiando una quantità di nicotina dannosa ma anche maledettamente rilassante.

È l'unica cosa, dopo la fotografia e il sesso, in grado di farmi disconnettere per un attimo da tutta la merda che mi circonda o che mi butto addosso da solo, e non posso davvero farne a meno.

«Cos'hai fotografato?» mi domanda Charlotte con un'ingenua curiosità.

Mi sorride infatti, speranzosa che, almeno questa volta, forse condizionato dalla buona giornata o dall'assenza di lezioni a orari improponibili, possa cedere. Eppure dovrebbe sapere benissimo di quanto sia geloso delle mie foto. Non le vede nessuno, né amici né parenti, genitori o chissà chi altro.

(Un)expectedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora