Chapter four

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Considero questa dimensione in cui siamo stati posti alla nostra nascita, chiamata da tutti "vita", come una gran figlia di puttana.

Penso che non esista stronza maggiore con un potere talmente immenso da rigirare le esistenze di ognuno secondo i suoi interessi. Se ne sta seduta, a osservare il declino e le disgrazie che portano noi poveretti a cadere nell'oblio. Ci dà la speranza di una via d'uscita, ci tende la mano, per poi schernirci con sarcasmo e lasciarci lì, nella nostra rovina, a risolvere da soli i problemi che lei ci ha creato.

Se dovessi paragonarla a un oggetto, sarebbe sicuramente un fottuto palloncino. Uno di quelli leggeri, piacevoli da vedere svolazzare in aria, che mettono persino allegria se giochi con loro con la speranza di non farlo cadere a terra e perdere definitivamente. Sembrano talmente innocui e infantili che procurano serenità e gioia, fino a quando non scoppiano, lasciando tutti attoniti e spaventati. Eppure, lo fanno in due modi: nel momento in cui si avvicinano troppo alla luce, e quindi alla speranza che ognuno ha di vivere momenti piacevoli, privi di qualsiasi dolore o altra angoscia, ecco che si frantumano. Mettono un punto definitivo a tutto il benessere provato soltanto pochi secondi prima, per guardarci con scherno. I loro pezzi si dissolvono completamente, sapendo di non poter essere messi più insieme. Perché quel palloncino non sarà mai quello di prima e non potrà mai essere gonfiato e utilizzato come un tempo.

Il secondo modo in cui si rompono, però, è assolutamente il peggiore: lo si prende in mano, lo si affianca a uno spillo e... boom. Questo scoppia senza neanche darti il tempo di fermare quel bastardo che ha messo fine alla tua gioia e al tuo divertimento. Si rompe all'improvviso, in modo secco e senza alcun remore. E tu stai lì, a guardarlo con rimorso e con rabbia, sapendo che il giro sulla giostra è finito, o meglio, che questa è stata bloccata e i passeggeri sono stati fatti scendere da uno stronzo che si diverte con il dolore delle persone.

Io avrei dato un nome, un cognome e un volto ben preciso a questo bastardo. Un uomo che ha condizionato la mia esistenza talmente tanto, da rendermi un semplice spettro privo di vita e di anima, che si nutre soltanto dei vizi concessi all'umanità.

Uno spettro che non vuole nient'altro che morire, porre fine a questa sua vita senza senso e colma soltanto di un dolore che ti fa a pezzi. Ti distrugge da dentro. Ti logora l'anima. Un dolore che ti porta alla consapevolezza che tutto ciò che vorresti realmente fare è soltanto sparire dal mondo, far scivolare via la tua anima dalla prigione in cui l'hai segregata ingiustamente e non mettere più piede in questa realtà di merda.

E Dio solo sa quante volte sono stata sul punto di farlo: di dire addio e di unirmi a quel povero palloncino senza vita. Tuttavia, ogni volta due occhioni blu come il cielo d'inverno, una risata ingenua, due manine dolci e calorose e un corpicino minuto che aveva solo bisogno di me me lo hanno impedito. Mi hanno dato la forza di resistere, di continuare ad andare avanti per lei, per la mia piccola αστεράκι che non aspetta altro che rivedermi e riabbracciarmi.

Emily è l'unica persona in grado di darmi coraggio di fronte a tutta questa merda e di andare avanti, sapendo che un giorno magari le persone ingenue e buone come lei sistemeranno questo mondo e, probabilmente, anche la mia anima...

"...contro il cielo, contro il mare, contro l'intero Universo.

Tua, Ylla."

Ripiego la lettera su sé stessa, stampando sulla busta i segni distintivi del bacio e della stellina, e la posiziono accanto a me.

Incrocio le gambe e mi sistemo meglio sull'erba sotto di me.

È lunedì sera e, come sempre da ormai diversi anni, ho scritto a Emily la lettera che le invierò tra poco, dopo aver ricevuto la sua.

(Un)expectedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora