Capitolo 6

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POV: Matteo

La giornata non era iniziata nel migliore dei modi, mia madre era sdraiata sul divano graffiata sul volto dalle lacrime e con il telefono in mano, sicuramente aveva provato a chiamare ancora una volta mio padre, ma senza ottenere nessuna risposta.

Era da anni ormai che si era fissata su di lui, cercava di contattarlo, di mandargli messaggi e di trovarlo... ma ogni volta finiva a come la precedente.

Non sopportavo vederla in quelle condizioni, era una madre fantastica per me, e vederla soffrire per una persona che non si faceva viva da quando ero nato non faceva altro che aumentare la rabbia e l'odio che provo per quell'uomo, chiunque esso sia, ancora di più.

Ci aveva abbandonati alla mia nascita, senza lasciare un biglietto o dare notizia, era solo scomparso senza pensare che magari a suo figlio sarebbe piaciuto come minimo conoscere il suo volto o la sua voce... mi andava bene anche solo il suo nome.

Prima di uscire di casa per dirigermi verso la mia nuova scuola le avevo messo una coperta addosso e le avevo dato un bacio sulla tempia.

Ho sempre cercato di darle quanti meno problemi possibili essendo lei sola con un bambino iperattivo e con problemi, ce la mettevo tutta per farla felice e toglierle il pensiero dell'uomo che l'aveva illusa del suo amore; lo odiavo, davvero molto, lo odiavo per non avermi permesso di crescere con i miei tempi, lo odiavo per avermi imposto di crescere prima degli altri bambini, ma soprattutto per aver ridotto lei in quello stato.

Non riuscirò mai a perdonarlo.

Entrai a scuola senza dire nemmeno una parola, a testa alta deciso ad affrontare lo sguardo di ciascun ragazzo nel corridoio.

Non ci misi molto a trovare la mia classe, non trovai nessuno nell'aula e ne approfittai per scegliere il posto strategico.

C'era davvero molto silenzio ma la quiete non durò molto, entrano in classe credo due ragazzi, non mi girai per vedere chi fossero ma a udito percepii che erano un ragazzo ed una ragazza, appena si sedettero mi girai verso di loro e iniziai ad osservarli, in particolare il ragazzo, gli puntai gli occhi addosso e catturando il suo sguardo, era carino.

Il contatto tra di noi durò poco dato che i nostri sguardi vennero spezzati dalla ragazza che era entrata assieme a lui. Era alle mie spalle dal nulla, non l'avevo sentita, né percepita; era solo comparsa.

Mi girai di scatto per l'inaspettata presenza:
"Ciao. Io sono Astrid, lui è Noah, te chi sei?"

Rimasi bloccato per un breve periodo; ma si era per caso teletrasportata o lo sguardo di quello che sembrava essere Noah mi aveva distratto così tanto?

Lei ripetè la domanda più lentamente così che io potessi assimilare meglio le parole:
"Ciao scusa, ero soprappensiero, ehm mi chiamo Matteo Ferrari"

La ragazza mi propose di sedermi accanto a loro, e data la mia scarsa presenza di amici, non esitai nemmeno per un momento e accettai la proposta cercando di apparire il più disinvolto possibile.

Mi spostai accanto a Noah, percependo subito di non stargli molto simpatico, ma ci ero abituato.
Iniziammo a cercare di costruire un dialogo assieme, io raccontai di come fossi arrivato in America dall'Italia e per la prima volta nella mia vita, mi sentii come se qualcuno mi stesse ascoltando veramente, come se a quei due ragazzi interessasse veramente di me e di diventare miei amici; persino Noah era diventato più amichevole, molto probabilmente aveva solo bisogno di avere leggermente più confidenza... ma ero felice, avevo trovato degli amici.

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