(43) Marcia dentro.

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Sono le due: questo significa che Alberto, Thomas e Giulio sono al Mc Donald's, come ogni venerdì. E lei dovrebbe essere sola a casa, almeno così spero.

Guido il più velocemente possibile accecata dalla rabbia e mi rifiuto di piangere tutte le lacrime che ho in corpo.

Arrivata al cospetto della sua villetta, citofono ripetutamente sapendo che è in casa, visto che le sue tre macchine sono tutte qui nel suo garage. Dopo cinque, forse dieci in realtà, suoni al citofono, sento la sua bellissima voce dirmi:

<<Charlotte, per favore... Vai via.>>

Decisamente no.

<<Dafne, apri.>>

<<Non hai capito, è finita.>>

<<Apri, dobbiamo parlare almeno un'ultima volta.>>

<<Vai via, ti prego.>>

Vedendo il suo essere irremovibile, decido di sfoderare il mio asso nella manica. Con la vocina da bambina le dico:

<<Dafne... La tua piccola non merita almeno una spiegazione?>>

Sento un sospiro provenire dal citofono; dei secondi ricchi di tensioni passano, e alla fine di questi ultimi, il cancello si apre.
La mia rabbia torna più forte di prima, anche quando la vedo bella come una divinità con i capelli raccolti in una coda bassa ed un vestito bianco latte che lascia intravedere tutto.

<<Allora? Spiegami, adesso. Che ho fatto di male, Dafne?>>

<<È tutto sbagliato. Ho sbagliato tutto con te, non avrei mai dovuto portarti a letto.>>

<<Ma ti sembro un giocattolo o cosa? Cosa pensi, che io non abbia forza di volontà?>>

<<Penso solo che dovremmo entrambe dimenticarci di tutto. Ho sbagliato con te. E non ti amo, come tu non ami me.>>

Nel dire questa frase abbassa gli occhi al suolo, il che mi fa incazzare ancora di più.

<<Ripeti l'ultima frase guardandomi negli occhi.>>

Le dico io avvicinandomi a lei per risultare più minacciosa, azione poco intelligente, visto che il suo ammaliante profumo mi avvolge all'istante.

<<Io non... Non ti a-amo. Amo Alberto, come ho sempre fatto, è lui la persona per me. Mettitelo in testa.>>

Per non sentire il mio cuore che si spezza, prendo un vaso di fiori appeso alla parete dell'ingresso di casa sua, lo sbatto a terra frantumandolo e la guardo negli occhi.

<<Sei solo una grandissima stronza, marcisci insieme ai nostri ricordi. Sei assolutamente ridicola. Fai schifo.>>

Le vomito addosso queste parole pur di non pensare al dolore lancinante che provo. In mezzo a quest'ultimo, non mi rendo conto di non vedere più tutto con chiarezza a causa delle mie lacrime, così mi asciugo gli occhi con una mossa rapida e vedo Dafne accasciarsi per terra. Inizia a piangere senza staccare i suoi occhi dai miei, chissà come si sente. Mi fa male vederla così.

<<Che fai ancora qui? Alberto tornerà a momenti.>>

Io sbatto le palpebre per impedire alle lacrime di farmi lo stesso effetto di prima, mi slaccio la collana che mi ha regalato e gliela lancio accanto.

Professoressa, è vero ciò che sentiamo?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora