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Quel giorno pioveva

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Quel giorno pioveva. Nuvole scure e piccole gocce d'acqua accarezzavano Kyoto inaugurando la prematura stagione primaverile: non uno degli inizi migliori, ma non poteva definirsi nemmeno uno dei peggiori.

A Hime piaceva la pioggia, un brivido di freddo percorreva la sua schiena ogni volta che si fermava ad osservarla, lasciandole addosso una sensazione di profondissima quiete. Le piaceva restare in casa, guardare le gocce rincorrersi disordinatamente lungo il vetro delle finestre e sentire il profumo di terra bagnata. Per lei che era sempre stata in movimento, la pioggia era ciò che sussurrava al suo orecchio che bastava così, che poteva fermarsi e riposare.

In quella particolare occasione aveva iniziato a diluviare pochi istanti dopo aver varcato la soglia del Goya, una fortuna dal momento che non aveva un ombrello e una sfortuna, sempre perché non aveva un ombrello e il sole non accennava a voler uscire dal manto di fitte nuvole di cui si era circondato.

Il Goya era un piccolo shokudo situato sulla via del Tempio Ginkakuji, dal quale era possibile scorgere la punta del padiglione d'argento solo alzando lo sguardo verso l'alto. Il locale non era molto grande e ospitava una decina di posti all'interno, ma profumava tanto da non riuscire a passare davanti alla porta senza volersi fermare.

Un altro punto a favore, oltre alla cucina di Okinawa, era che la sua migliore amica lavorava lì e questa era una motivazione sufficiente per passare ogni giorno. Lo faceva dopo le lezioni la mattina o prima delle attività extracurricolari nel pomeriggio, dal momento che Saori arrivava verso l'ora di pranzo e caso voleva che fosse anche una delle tre persone con cui aveva a che fare, praticamente i suoi unici amici, visto il suo carattere solitario.

Si voltò verso la vetrata e sospirò.

Quel giorno avrebbe dovuto iniziare a dare ripetizioni ad una ragazza in vista dei test d'ammissione per la sua stessa università. Era stato il fratello a contattarla dopo aver visto le liste con i nomi e i punteggi degli anni precedenti e le aveva proposto una paga ben più alta se lei avesse accettato di tenere le lezioni da loro per evitare che sua sorella rientrasse tardi la sera. E naturalmente Hime non aveva rifiutato perché aveva bisogno di soldi e quello era l'unico modo che aveva per guadagnare senza saltare alcun corso.

Dunque se ne stava seduta ad un tavolo all'angolo, gambe accavallate e guancia premuta sulla mano, in attesa che smettesse di piovere. Saori le aveva detto in anticipo che non avevano la torta alle fragole e che le avrebbe portato i soliti dolci.

Era abitudine ormai, chiedeva sempre la stessa torta nella speranza che ne fosse rimasto almeno un pezzo e puntualmente non l'avevano.

Hime, poi, era una contraddizione vivente: le piacevano le fragole, ma si rifiutava di pagare più di 1000 yen un cestino - un furto, a sua detta. Al contempo non si faceva problemi a spendere gli stessi soldi per un dolce che di fragole ne aveva la metà.

«Hime!»

Quella era la voce di Saori, più precisamente il suo tono era quello di una buona notizia, osservazione che poteva spaziare dall'aver visto un cucciolo di Akita all'aver ricevuto risposta dal ragazzo che non si faceva sentire da settimane.

Fragole e ciliegi in fioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora