hearts broken in the library

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jeongin, come venne a sapere più molti giorni dopo il maggiore, era quella persona che si era intrufolata all'interno della biblioteca, quel giorno. si era guardato intorno, furtivo, e dopo aver constatato non ci fosse nessuno in quel luogo, si era seduto su una delle scrivanie che forniva la stanza. tutto l'ambiente era in penombra, perciò aveva acceso una delle lampade che si trovavano su quel tavolo. si era mosso come se sapesse già dove fossero posizionati i libri divisi in generi, anche se chan era certo non averlo mai visto prima lì, ed era strano, perché chan era sempre, in biblioteca.

il maggiore era dietro una pila di libri che lo copriva in gran parte, facendolo così nascondere agli occhi degli altri, ma che gli permetteva di scorgere ciò che l'altro ragazzo stava facendo. si era stupito, non pensava qualcuno venisse lì dentro effettivamente per leggere e basta, godersi un buon libro con tranquillità. non credeva nemmeno che ragazzi così carini, come jeongin, potessero leggere. perciò era stata una piacevole sorpresa, quella che lo aveva colto in quel pomeriggio. aguzzando la vista sul libro del ragazzo, aveva riconosciuto la copertina sui toni scuri, dove a caratteri cubitali, centrale, c'era il nome di una delle più famose scrittrici di gialli al mondo: agatha christie. 

non sembrava una persona da gialli, assolutamente no, e detto da un lettore di romanzi storici e d'avventura faceva strano. quel ragazzo, di cui ancora non era a conoscenza del nome, pareva troppo delicato alle apparenze per poter leggere di cruenti assassini e investigatori con un'innato spirito di iniziativa. eppure ne restava ammirato, dalla sua figura. si era scordato completamente del racconto che stava leggendo, da quando quel ragazzo era entrato e si era seduto davanti a lui. sembrava rapito, e non per alcuni secondi, aveva passato più di qualche minuto a contemplare i suoi occhi felini, circondati da una sottile montatura color nero, e le sopracciglia arcuate, le cui di tanto in tanto si increspavano, probabilmente concentrandosi sui verbi di quelle pagine. aveva notato le sue mani, curate e dai polpastrelli affusolati. era proprio affascinante, pensava, e il fatto che lo confondeva di più era che mai lo aveva visto prima all'interno della scuola. quando il ticchettio della pioggia aveva cessato, il più giovane aveva alzato lo sguardo dal suo libro per poi spostarlo sulla finestra sopra la propria testa, aveva messo un segnalibro all'interno di quest'ultimo poggiandolo al posto di prima, e come se in soffio di vento lo avesse risvegliato da quel luogo scordato da tutti, si era alzato ed era scomparso dietro la porta. 

chan era confuso, come non mai, non credeva che qualcuno potesse impressionarlo così tanto, nemmeno pensava di sognare quel ragazzo sfuggente dai capelli scuri, gli pareva quasi un'ossessione. il giorno seguente era tornato nello stesso orario in biblioteca, confidando nella speranza di poter vedere la porta aprirsi e mostrare la figura del moro. ma senza alcun esito, quel pomeriggio era rimasto solo, come al solito. 

tornava tutti i giorni a controllare se ritornasse, ma invano non si mostrava nessuno. aveva perso un po' la speranza, e il sogno di poter incontrare i suoi occhi scuri e affilati sembrava sempre più lontano.

solamente l'otto febbraio, verso le sei, chan era seduto su una delle scrivanie, cosa insolita per lui che si celava nel suo angolo, tra uno scaffale e l'altro. pioveva ancora, la stagione era caratterizzata da grandi quantità di acqua. aveva un'altra volta tra le mani quel libro color mare, che non aveva mai continuato, la sua mente era completamente invasa dalle mani eleganti e dallo sfogliare le pagine di carta con grazia del moro, ed era troppo impegnato a pensare a lui, piuttosto che continuare a leggere.

forse quel giorno era il suo fortunato, gli angeli che piangevano gli avevano regalato un desiderio, e dall'edificio oramai dimenticato da chiunque, pure i secchioni non si vedevano da un po', jeongin  aveva fatto la sua comparsa. aveva una semplice felpa grigia, che lo proteggeva dalle gocce d'acqua che tanto amava, e un paio d'occhiali scuri, perché altrimenti, senza, non avrebbe potuto ascoltare le storie della sua amata agatha. 

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