Capitolo 2: Elson

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This night is sparkling, don't you let it go

C'è qualcosa di affascinante nel modo in cui una persona si muove quando pensa che nessuno lo stia guardando.

Stefano giocherella con l'anello al suo dito, da quello che riesco a intravedere una spessa banda in acciaio, mentre rimane appoggiato con gli avambracci alla ringhiera, la sua postura rilassata. In un certo senso sembra quasi piccolo, per quanto una persona alta quasi due metri possa sembrare piccola.

Una folata di vento muove la gonna del mio vestito e all'improvviso Stefano si tende, girandosi di lato e accorgendosi della mia presenza.

"Te l'ha mai detto nessuno che con questo profumo saresti una pessima spia?".

La sua voce è gentile, scherzosa il giusto, non particolarmente profonda, una voce che mi mette immediatamente a mio agio.

Così mi avvicino, stringendo le braccia attorno al corpo per scaldarmi e fermandomi accanto a lui, la mia schiena contro la ringhiera.

"Nessuno ha mai pensato volessi intraprendere una carriera come spia, a dire la verità" rispondo a scoppio ritardato facendo spallucce e per magia un sorriso gli curva le labbra.

"Ma come, sei tutta vestita di nero. Direi spia, becchino oppure suora".

"Come suora durerei forse mezza giornata. E dico forse".

"Ma non avete frequentato la scuola dei Salesiani tu e Dafne?".

"Appunto" sottolineo inarcando un sopracciglio, e la cosa lo diverte al punto da regalarmi una risata genuina.

"Sei una versione più sarcastica e con meno peli sulla lingua di Dafne" commenta con il riso ancora sulla bocca, "penso avrei paura a farti arrabbiare".

"Faresti bene, non hai idea di come spaventavo quelle povere suore. Questa però è una storia per quando avrò un tasso alcolemico più alto" rispondo regalandogli a mia volta un sorriso, e quando gli occhi mi cadono sulla sua sigaretta mi maledico per aver dimenticato il pacchetto in casa.

Stefano però se ne accorge, abbassando lo sguardo sulle sue dita prima di puntarlo nuovamente su di me: "questa era l'ultima, ma se ti va possiamo condividerla".

"Non ti preoccupare, va bene così" tento di dire, ma lui non mi ascolta nemmeno, porgendomi la sigaretta.

Non sono poche le volte in cui mi sono maledetta da sola per questo vizio, ma a questo giro mi ritrovo a farlo con rinnovato spirito perché stare sul balcone a condividere una sigaretta con il fidanzato di una ragazza che potrebbe tranquillamente essere la mia nemesi designata è l'idea più stupida che abbia avuto quest'anno.

Per fortuna è dicembre.

Così gliela sfilo dalle dita, percependo appena il calore delle sue mani, e me la porto alle labbra sotto il suo sguardo attento.

"Rosso Natale?" Domanda facendo cenno al mio volto e in particolare al mio rossetto, il fidatissimo Elson di Pat Mc Grath.

"Rosso da tutti i giorni in realtà" confesso buttando fuori il fumo, osservando una delicata macchia rossa della forma delle mie labbra attorno al filtro della sigaretta, "non esco spesso di casa senza rossetto".

Stefano osserva le mie labbra qualche secondo, il suo sguardo privo di ogni giudizio, ma in qualche modo riesce comunque a farmi sentire studiata, sotto una lente d'ingrandimento, una sensazione che mi rende insicura.

E non dovrebbe.

"Cosa rende ogni giorno degno di rossetto rosso?" Chiede infine con sincera curiosità.

"Diciamo che è una sorta di armatura. La frase 'non si giudica un libro da una copertina' è una grandissima stronzata, quindi io voglio presentarmi al mio meglio, con tanto di rossetto rosso. Questo trimestre ho anche seguito un corso interessante di semiotica che spiegava la differenza tra significato e significante, ovvero tra quello che si mostra e tutta la simbologia che in realtà si cela dietro questo qualcosa. Il rossetto rosso esprime forza, determinazione e indipendenza e io voglio presentarmi al mondo così".

La mia spiegazione non è delle migliori e probabilmente non avrebbe nemmeno senso da sobri, ma io ho tre shottini di rum in corpo e lui penso sia messo più o meno come me, quindi dubito verrà a contestare la mia sintassi.

"E per finire, mi piace Taylor Swift".

Stefano mi guarda come se improvvisamente tutto fosse molto più chiaro ed io mi rendo conto che forse dovevo partire da questa motivazione.

"Ti sta bene" risponde in maniera casuale, un mezzo sorriso sulle labbra mentre mi sfila la sigaretta dalle dita per prenderne un tiro.

Sento le guance farsi calde per il complimento, odiandomi per il modo in cui il mio corpo sembra rispondere ai suoi stimoli.

E qual è il miglior modo per non pensarci?

"Perché sei venuto stasera?" Domando cercando di mantenermi neutrale per evitare conflitti di interessi, l'espressione di Stefano improvvisamente più tempestosa.

"Sono stato invitato".

"Non fare l'ingenuo e non prendermi per scema".

Non risponde subito, il che significa che ho fatto centro. Dafne è convinta che io abbia un'abilità speciale, ovvero quella di capire subito una persona e avere spesso un'idea di questa che si rivela essere corretta.

Peccato che sia anche convinta di essere un'empirista, motivo per cui rimane con quell'essere viscido di Edo nonostante i miei ripetuti avvertimenti.

Su Stefano non ho ancora un'idea precisa ma sono piuttosto convinta che a volte faccia l'ingenuo, non so se per meccanismo di protezione o altri motivi, e la sua reazione non fa che confermarmelo.

Cosa ci fa uno così con Costanza, un mistero.

"Costanza ci teneva e aveva bisogno di un passaggio all'andata e al ritorno" ammette dopo qualche istante di silenzio, lasciandomi senza parole e con il cervello in cortocircuito per l'ennesima volta stasera.

Il mio sguardo corre inesorabilmente alla festa che continua senza di noi dietro ai vetri della porta finestra, una mescola di rosso, oro e verde, e in lontananza intravedo Costanza parlare con Dafne, entrambe così gioiose e semplicemente natalizie.

"Esistono i taxi, gli Uber, le amiche con la macchina..." commento lasciando che le parole rimangano sospese, voltandomi poi verso di lui che mi osserva con un dolore sordo e lontano negli occhi, un dolore che so riconoscere.

Lo vedo fin troppo spesso allo specchio.

"Sono il suo fidanzato, è il mio dovere".

"E dovrebbe essere un tuo diritto essere al suo fianco durante la festa" ribatto senza battere ciglio, rubandogli la sigaretta quasi finita dalle dita, "eppure ti ho visto sì e no cinque minuti vicino a lei. Dimmi un po', quante persone conosci qui?".

"Camilla" mi interrompe Stefano tirandosi improvvisamente su e guardandomi dritto negli occhi, lasciando il momento in aria.

E sarà il freddo, la rabbia, i suoi stupidi occhi azzurri che mi spingono a correggerlo.

"Cannella".

La mia voce è a malapena un sussurro, un mormorio che a qualsiasi persona poco attenta potrebbe sembrare un altro brusio della festa, ma lui mi sente, capisce cosa ho detto e mi regala l'accenno di un sorriso.

"Grazie per questa conversazione" continua dopo qualche istante passato a guardarmi negli occhi con un'intensità che mi fa quasi rabbrividire, sporgendosi verso di me per recuperare l'ormai mozzicone dalle mie dita, ma io lo precedo spegnendolo e mettendoglielo in mano, l'ombra del mio rossetto in bella vista sul filtro.

"Grazie per la sigaretta".

Avevo voglia di aggiornare, lo ammetto.

Invisible StringWhere stories live. Discover now