Capitolo 36 (Prima parte)

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Price non voleva che rimanesse per la notte. Per lui sarebbe stato più difficile non farsi sentire da entrambi durante uno dei suoi attacchi di tosse o delle corse in bagno. Ogni volta che Charlie lo scopriva, il senso di colpa per aver aggiunto l'ennesima notte insonne alla sua lista, gli provocava un peso nel petto. Sentiva come se accettare l'aiuto altrui fosse sbagliato, gli lasciava una sensazione di pesantezza all'altezza del petto che non riusciva ad inquadrare, come se guardasse una foto sfocata e cercasse di capire cosa ritraesse senza alcun successo. In fondo, era sempre riuscito a cavarsela da solo. Se Chris fosse rimasto a dormire, quella sensazione si sarebbe accentuata. Senza contare che non voleva che scoprissero del sangue durante i suoi attacchi sempre più frequenti: solo il dottor Barlow ne era a conoscenza. Si ritrovò a spostare il berretto sopra la testa, muoversi sulla sedia come se fosse tappezzata di spilli e ad annuire impercettibilmente evitando i suoi occhi.

Christopher aggrottò la fronte, «Stai bene? Non vuoi che rimanga?»

«Certo che vuole, si sta solo facendo paranoie come suo solito.» lo ragguagliò Clark.

Victor lo fulminò con lo sguardo. «Vecchio, non devi prepararti per la tua serata al Bingo dell'ospizio?»

«Vedi?» continuò facendogli l'occhiolino, come se il nipote non fosse lì.

Sbuffò. «'Fanculo» borbottò.

«Vick, mi presteresti il caricatore del telefono?» cercò di cambiare discorso. Quando sarebbero stati soli avrebbe sicuramente approfondito la questione, sapeva che il teppista nascondeva ogni sua preoccupazione dietro a sorrisi tirati e battute sarcastiche. Ma bastava osservare i suoi occhi, i dettagli che divenivano evidenti solo quando si iniziava a conoscerlo, per capire che non andava bene come voleva mostrare. «Ho la batteria quasi scarica, mi sono scordato di ricaricarlo ieri sera.»

«In camera mia, primo cassetto della scrivania.» Vide il Signor Stalker annuire e sparire in corridoio.

Silenzio, ancora quel rumoroso silenzio che aveva iniziato a detestare con tutto se stesso. Sospirò, «Che stavi cercando di fa—»

«Sembra che tu stia regredendo, più che migliorare.» lo interruppe Charlie, avanzando verso di lui. Poggiò la tazza fumante sul tavolo e lo scrutò con fermezza mentre il ragazzo evitava di incrociare gli occhi con i suoi.

«Che vuoi dire?» sussurrò, come se avesse timore.

«Non fare il finto tonto con me, Victor. Ti stai rintanando di nuovo in quel bozzolo di solitudine nel tentativo di tenere fuori il resto del mondo.» Strinse le mani sullo schienale della sedia vuota dinanzi a sé. «Mostrare la propria fragilità non è sintomo di debolezza.»

«Non ho mai affermato di essere forte.» lo corresse il nipote, come se con quelle parole potesse ribaltare la conversazione a proprio favore.

«Sei la persona più forte che io conosca», lo contrastò invece l'uomo. «Ma ricorda che non sei solo. Hai persone che ti vogliono bene, che si preoccupano per te anche se sei una Testa di rapa che non dà mai retta a nessuno.»

Ne era consapevole, eppure si sentiva ugualmente solo: la morte stava avvolgendo solo lui e non voleva trascinare nel dolore le persone che amava. «Lo so.»

«Allora chiedi e accetta aiuto se ne hai bisogno.»

Vick annuì una sola volta in modo netto, consapevole che non sarebbe mai riuscito ad afferrare quella mano tesa dinanzi a sé.

§

Christopher spalancò lentamente la porta della camera di Victor. L'aveva già vista, eppure sembrava la prima volta. La stanza rispecchiava esattamente il suo proprietario che a primo acchitto poteva sembrare scarna e priva di personalità. Ora vedeva i dettagli, notava pezzi di Victor sparsi qua e là, invisibili ad occhi sconosciuti. Dai titoli dei libri, con la costa intatta, in ordine nella libreria a l'anta dell'armadio leggermente socchiusa dove faceva capolino un bordo di una felpa dal colore scuro. Si avvicinò alla scrivania, il cestino di fianco era ricolmo di cartacce appallottolate quasi con rabbia, caotici. Sul ripiano, il "Barattolo delle parolacce" aveva ancora il cioccolatino al suo interno. Si perse ad osservarlo con un sorriso tenero alle labbra. Di fianco, un quaderno con su scritto "Letteratura Inglese" sulla copertina, dove dei fogli all'interno sembravano esservi stati infilati di fretta. Era venuto a conoscenza che avevano la medesima insegnante e che assegnava le stesse tracce per ogni classe dello stesso anno. Si guardò intorno con circospezione. Victor non si sarebbe arrabbiato se avesse sbirciato il suo tema, giusto? Si ripromise mentalmente di prendere spunto senza copiare e, come se quella promessa lo leggitimasse ad invadere la privacy di Victor, iniziò a sfogliare il quaderno. Cadde a terra un foglio di carta bianco, ripiegato più volte su sé stesso. Curioso, lo raccolse e lo aprì. Si bloccò.

E il tempo scivola viaWhere stories live. Discover now