L'ho vista anche una delle ultime volte che sono stata qui e che, se non ricordo male, dovrebbe chiamarsi Janette.

«Mia zia è in casa?» la mia voce è apprensiva, frenetica e ansiogena, e sembra preoccupare la donna davanti a me.

Non si accinge però a pormi alcuna domanda, poiché, riconoscendomi all'istante, annuisce. «Sì, si è svegliata da poco, entrate pure.»

Si posiziona di lato per farci passare e ci conduce nell'ampia cucina della villa, arredata completamente con mobili moderni di un bianco lucido, con pavimenti in marmo e un tavolo rotondo al lato della stanza a cui è seduta proprio Isobel.

I capelli corvini, lunghi e morbidi, le ricadono sulla schiena, mentre gli occhi scuri sono puntati sulla tazza di caffè tra le sue mani.

La nostra presenza non tarda ad attirare la sua attenzione, poiché non appena varchiamo la soglia di quell'immensa cucina dall'odore di lavanda, il suo sguardo si posa su di noi.

Lo sguardo magnetico e familiare mi riporta all'istante a diversi anni fa, in cui trascorrevo costantemente del tempo con lei e zio John. A quando ho affrontato il periodo peggiore della mia vita, in cui riuscivo a vedere soltanto buio e in cui il solo spiraglio era donato da Emily e... loro.

Deglutisco, avvertendo un attimo di debolezza nel ricordare quei momenti e la vicinanza che mi è stata data. Abbasso infatti inizialmente lo sguardo e schiudo le labbra, sentendo i battiti iniziare ad aumentare.

«Allison, cosa ci fai qui?» si alza dalla sedia con velocità, assumendo un'espressione fin troppo preoccupata.

Aggrotta infatti le sopracciglia e sposta lo sguardo sulla figura di Matt. Tuttavia, nell'esatto momento in cui lo fa, i suoi occhi vengono attraversati da una scintilla di stupore, misto a terrore, e si sgranano leggermente.

La confusione per questo gesto mi pervade immediatamente, eppure non dico nulla, pensando si sia trattato di una semplice impressione. Infatti, lo sguardo di zia Isobel appare stupito per una sola e impercettibile frazione di secondo, poiché subito dopo punta le iridi color carbone su di me. Percorre interamente la mia figura, come se stesse cercando eventuali segni sul mio corpo, e si avvicina a me.

«Allison, va tutto bene? Perché sei qu-» il suo tono è apprensivo, preoccupato, e i suoi passi incerti.

Non le faccio però terminare la frase, poiché, con tono duro e brusco- ancora freddo a causa di ciò che ha fatto alle lettere che mandavo a mia sorella- domando:

«Dov'è Emily?»

Sbatte più volte le palpebre e mi guarda come se improvvisamente avessi tre teste. Sposta poi fugacemente lo sguardo su Matt, il quale la osserva con le braccia incrociate e con un lieve disagio dipinto sul volto.

Cercano entrambi di nasconderlo, ma gli sguardi fugaci ed eloquenti che si lanciano non passano inosservati, e provocano in me solo un amaro nervosismo.

«I-In camera sua, sta dormendo. Io tra poco devo andare a lavoro, perciò-»

Anche questa volta, la sua frase non ha una fine, poiché, con uno scatto noncurante, le volto le spalle e mi dirigo nel corridoio.

La scalinata in marmo si innalza davanti a me, portando al piano notte dove sono presenti tutte le stanze.

Senza neanche curarmi di zia Isobel e Matt, mi precipito nel piano superiore con passi veloci e affrettati. Percorro infatti i gradini due alla volta, avvertendo l'adrenalina montare come un cavallo imbizzarito.

Una volta sul piano, mi avvicino alla prima porta presente sul lato sinistro del piano. Su di essa sono presenti delle lettere rosa che compongono il suo nome, sovrastate da una coroncina.

(Un)expectedWhere stories live. Discover now