7. La città della luce (e dei leoni)

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Falco mi diede un bacino su una guancia, poi rientrò nella sua astronave e chiuse il portello dietro di sé. Inspirai profondamente dal naso: ero alle porte di Iram.

Ero stata fuori dall'atmosfera terrestre, ma non ero mai riuscita a visitare la città costruita dal Ministero della Luce, anche se avrei potuto farlo gratis.

Mi chiesi se questo posto potesse essere realmente interessante, se avesse qualche sorpresa per me.

Mura altissime, robuste e bianche, circondavano la città, mentre il cancello era dorato, largo almeno venti metri, con grandi decorazioni astratte, ed era fortunatamente aperto. Non so come spiegare esattamente l'idea di immensità che comunicavano, la loro solidità... era come vedere i cancelli stessi del paradiso.

Tu sei fuori, piccola creatura mortale, a guardare con la bocca aperta una fortificazione che, a giudicare dalla sua solidità, per forza protegge la cosa più preziosa del mondo.

Lo sapete che cosa significa "paradiso"? Ve lo siete mai chiesto? Deriva da un termine di ambito iranico, pairidaēza, che significa "luogo recintato". Non tutti possono andare in paradiso, c'è un recinto intorno.

L'inferno, invece, significa semplicemente inferno: viene dal latino infernus che a sua volta deriva da inferus, e significa "il mondo di sotto, dove vi sono i morti".

Etimologicamente, né l'inferno né il paradiso sono posti molto belli. E poi, posso dirvelo da persona che ha fatto la sua bella immersione in quello che la gente chiama "sovrannaturale": sappiamo perfettamente che l'Inferno (quello con la I maiuscola, un posto, non un concetto) esiste, ci possiamo anche andare e parlare con i demoni, mentre il paradiso (con la p piccola, perché è solo un concetto) non lo abbiamo mai trovato né provato.

Ovvio che l'Inferno non funziona come la maggior parte delle persone pensano, che muori e ci finisci dentro come Falco è caduto nel suo buco dimensionale. Per finire all'Inferno, un'anima umana deve essere "reclutata", cioè deve essere convinta a rilasciare ad un demone la propria anima spontaneamente.

Ci vogliono pure i documenti che lo provino, eh, non è come con le fate che possono fare i contratti spirituali a voce; le loro interazioni con il nostro piano dimensionale sono strettissimamente regolate dai due ministeri. Il Ministero della Luce ha deliberato che possano cibarsi delle anime umane e di quelle dei delfini se ottengono il loro permesso con inconfondibile prova scritta (e vista la difficoltà nel fare scrivere i delfini, praticamente tutti i demoni si concentrano su di noi, che siamo pure otto miliardi di cui un'altissima percentuale di esauriti. I delfini stanno messi meglio e sono prede più sfuggenti). Il Ministero dell'Oscurità non gli ha consentito di prelevare l'anima di nessun animale, anche se possono mangiarne la carne se si comportano bene. Non ci sono polli condannati all'Inferno.

Nella nostra era e situazione politica, la maggioranza dei demoni fa una vita da morto di fame e io non li invidio. Immaginate di dover fare da psicoterapeuta per settimane (se va bene), improvvisarvi esperti di legge e magari organizzare pure uno spettacolo di balletto ogni volta che dovete mangiarvi una lasagna, e fare tutto questo a beneficio di quella stessa lasagna, che razza di rottura. Non è mica facile convincere una persona a dare via l'anima, ci vuole impegno.

Io però non ero in un paradiso immaginario e non ero in una dimensione-tasca in cui demoni morti di fame si affannano per convincere la gente che farsi mangiare è una buona idea. Mi trovavo ad Iram, ed era qui che vivevano buona parte dei burocrati del Ministero che potevano permettersi di dare schiaffetti sulle mani dei demoni come se fossero dei bimbi, nonché dei cavalieri capaci di farli a pezzi se non avessero rispettato le leggi. Si applicavano pene molto severe per i trasgressori.

In quel momento avvistai Andie: si stava avvicinando rapidamente, il corpo nero che si muoveva sulla sabbia liscia, colorata di tinte bluastre della sera incombente. I miei occhi erano attirati da tutto quell'alternarsi di zampe dorate, non potevo farne a meno.

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