4. Prescrizione medica

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Misi in stand-by la mia postazione premendo l'apposito pulsante, che si illuminò di verde. Quando qualcuno doveva assentarsi per brevi periodi (e potevamo farlo in pratica solo se avevamo motivi di salute), era importante segnalare che la postazione veniva lasciata momentaneamente vuota, così che tutti gli altri lavoratori sapessero di non doverla contattare per questioni urgenti.

Era una liberazione.

Mi alzai e camminai dritta verso una delle tre infermerie dello spazioporto, quella più vicina alla zona in cui lavoravo, che si trovava all'interno di un basso edificio dall'aspetto di un parallelepipedo giallo plasticoso, come se fosse il pezzo di un giocattolo costruibile per bambini, ma reso gigantesco.

L'interno era similmente strutturato, con forme semplici e colori come il rosa salmone, l'argento e il giallo. Molto tempo fa, decisamente prima che io fossi assunta, erano state condotte diverse ricerche con l'aiuto di sondaggi e professionisti per capire quali fossero i colori che avevano in media meno associazioni negative tra le varie civiltà aliene o terrestri: il risultato era stato quella combinazione specifica, adottata per fare sentire a suo agio i pazienti.

All'entrata incontrai Esteban con addosso un camice bianco, intento ad accarezzare la testa di un uomo di quarant'anni in tuta da lavoro come se fosse stato un cucciolo. C'è anche da dire che l'umano in questione era più basso di lui di almeno una ventina di centimetri, nonostante fosse un uomo di altezza media, e che ad accarezzargli la testa era un massiccio semi-dio con la faccia da ragazzino.

«Devi stare attento con i rulli automatizzati» Gli stava dicendo Esteban dolcemente. Dal vivo la sua voce aveva una sorta di vibrato basso che si perdeva quasi completamente attraverso la cornetta, una sorta di fusa che avevano la capacità di rilassare un poco gli umani e diverse altre specie che usano il suono per comunicare.

«Lo so, lo so... mi sembrava di poter riprendere il telefono...»

«Sì, ma per farlo ti sei allungato il braccio come una piadina. Ti fa ancora male?»

«No, penso che tu mi abbia guarito del tutto».

Se il braccio del lavoratore era stato "allungato come una piadina" non ne vedevo traccia adesso. Esteban annuì soddisfatto, sorridendo anche con gli occhi scuri.

«Meglio così. Ci vediamo, Bill. Spero non all'infermeria!»

«Spero anch'io, e grazie ancora».

Il semi-dio si schermì con un gesto della mano, come se stesse scacciando una mosca, ma mi notò mentre il suo "paziente" si allontanava.

«Paula!» Si illuminò giungendo le mani con forza, un singolo applauso

«Ehi» dissi, debolmente.

Cosa c'era da essere tanto allegri? Esteban non lavorava all'infermeria. Era un ambasciatore fisso tra la Terra e i Simulacri di Tsa'Cross (e occasionalmente chiamato a mediare in altri grossi conflitti, almeno quando a Falco non veniva chiesto di fare a botte con una specie mediamente pacifica per il modesto compenso di troppi soldi), e un Cavaliere del Ministero della Luce. Non era un dottore.

Era pazzo però, perché si divertiva a lavorare extra a quel modo.

«Ti serve qualcosa, Paula? Stai bene, vero?»

«Non sento dolore. Ho sperimentato delle allucinazioni visive però, e mi è stato consigliato di venire qui in infermeria»

«Allucinazioni visive e basta?»

«Sì»

«Sono felice che almeno tu non ti senta male. Stamattina sono passato di persona, quindi ho aiutato a sveltire la fila. Ci sono stati tre casi uno dietro l'altro di gente con sintomi strani»

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