A PENNY FOR YOUR THOUGHTS

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<< Perché lo desideriamo entrambi Victoria >> le avevo detto guardandola con la coda dell'occhio. Mi divertiva metterla a disagio, percepire il potere che avessi su di lei. Che poi, era lo stesso che lei aveva su di me. 

<< Io non ti desidero Vulkan >> si era sforzata di usare un tono perentorio, come se potesse fingere con me. Da quella bocca morbida e carnosa sarebbe potuta uscire qualunque parola, io avrei continuato a credere solo all'intensità del suo sguardo. Era quello il mio accesso diretto al suo cuore. Lo era sempre stato. 

Lei diceva " vattene " ed io ci leggevo " non lasciarmi".

E non l'avrei mai fatto se non per tenerla al sicuro. Per tenerle al sicuro. 

La vita non mi aveva dato niente, ma quelle uniche cose preziose per cui il mio cuore ancora batteva, le avrei protette fino al mio ultimo respiro. La fama che avevo conquistato era nulla in confronto all'amore che provavo per quelle due creature.

<< Io più del primo giorno >> e la mia risposta non dovette piacerle affatto perché iniziò ad urlarmi contro le peggiori imprecazioni che avessi sentito in vita mia, uscire da quelle labbra innocenti. 

Non avevo mentito, ogni cellula del mio corpo la bramava. Ma la mia assenza era ingiustificabile ai suoi occhi. Lo sapevo. 

Non le avrei mai spiegato perché fossi improvvisamente sparito anni prima, perché non l'avessi più cercata. Perché avessi infranto tutte le promesse che a cuore aperto le avevo fatto. 

A pochi chilometri da casa sua, decisi di deviare e lei dovette accorgersene perché mi chiese dove fossimo diretti. Non potevo farmi vedere in giro a quell'ora della notte con una donna che non fosse Pinar. Il padre mi avrebbe sbattuto fuori dal cast a calci nel sedere ed avrei dovuto pagare una multa milionaria per aver infranto l'accordo che vietata di allontanarsi dal quartiere  generale delle riprese fino alla fine delle stesse. Andare in hotel non era un' opzione con lei. Non era la prostituta di turno, o lo svago di una notte. L'avrei portata da me, nella casa in cui tante volte avevo fantasticato di vivere con lei. 

<< Dove siamo? >> chiese quando arrivammo nel parcheggio sotterraneo del mio condominio. Se Alp avesse saputo che fossimo lì, mi avrebbe dato per l'ennesima volta del coglione. Senza possibilità di replica, ovviamente.

<< Indossa questo signorina Wilson >> dissi passandole il mio cappellino del Galatasaray, la squadra di calcio per la quale tifavo come il più sfegatato dei fan.

<< Non metterò niente di tuo >> prese a comportarsi come una bambina. Sapevo che non l'avrei convinta, così sollevai il cappuccio della felpa sulla testa fino a coprirmi gli occhi. Scesi dalla macchina, aprii il suo sportello e la tirai fuori di peso caricandomela in spalla. 

<< Mettimi giù Vulkan >> dovetti sculacciarla per zittirla fino all'ascensore. Rischiò più volte di colpirmi i testicoli e glielo feci notare dicendole che avrebbe dovuto curarmi una volta arrivati al 33esimo piano. Con lei ancora sulle spalle, recuperai le mie chiavi di casa dalla tasca del giubbotto in pelle ed aprii la porta richiudendola subito con un piede. 

<< Mettiti comoda, come se fosse casa tua >> dissi lasciandola cadere sul divano in camoscio che troneggiava al centro del soggiorno. L'avrei presa proprio lì se non fosse stata sposata.

<< E' il tuo appartamento? quello che condividi con Pinar? >> sapevo che l'avrebbe chiesto. Con Pinar avevo condiviso solo il letto e neanche quello di casa mia. Anche i sedili della mia auto erano più preziosi del suo sedere. Figuriamoci il mio appartamento. Lì non ci entrava nessuno, a parte Alp e la signora che mi aiutava con le faccende domestiche.

TWICE - Like a stormWhere stories live. Discover now