Chapter thirteen

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Augura sogni d'oro alla tua sorellina.

Che le danze abbiano inizio... "

Ogni singola cellula del mio corpo si immobilizza all'istante. I muscoli si paralizzano, incapaci di accennare anche un impercettibile movimento. Le palpebre sono sgranate, le labbra schiuse e il respiro mozzato. Il cuore batte lentamente, pompando sangue con una velocità paragonabile a quella di una lumaca, a causa dello shock che si sta impossessando di me.

Rileggo più e più volte la lettera, cercando di scorgere altri significati celati dietro queste inquietanti parole. L'orrore che ne traspare, però, mi lascia attonita.

"Il gioco è iniziato, Allison. Tu sei una pedina."

"Io, che ripudiato dalla mia vita esattamente come loro, giungo in quella altrui per dilettarmi dell' angoscia, della miseria, della punizione. "

"Non mi piace giocare con una sola pedina..."

E poi, con la stessa forza con cui si attraggono due magneti, i miei occhi piombano su una frase in particolare, capace di farmi accaponare la pelle e irrigidire l'intero corpo.

"Augura sogni d'oro alla tua sorellina"

Il cuore mi si ferma.

Il respiro si azzera completamente.

Emily.

Ed ecco che la paura, il terrore e un'ansia incontenibile che non provavo da ormai molto tempo si fiondano su di me come un fiume in piena. Mi inondano il petto, scombussolano ogni mio organo e colmano la mente con una serie di scenari tragici che mi portano a boccheggiare.

La frequenza cardiaca passa da zero a diecimila in pochi secondi, lasciandomi priva di sensi e incapace di non farmi trascinare dal panico più totale.

Le ha fatto qualcosa?

Con le dita tremanti afferro il telefono e digito il numero di Emily. Avvio la telefonata, ma il segnale risulta assente.

Aggrotto le sopracciglia.

Non viene prodotto neanche uno squillo. Neanche un minimo fottutissimo squillo.

Riprovo svariate volte, telefonando anche a zia Isobel e zio John, eppure anche i miei tentativi si disperdono nell'aria tagliente e gremita di un intenso terrore.

«Cazzo!» impreco sottovoce, sganciando un potente calcio sul pouf accanto al mio letto.

Mi alzo quindi di scatto e mi dirigo verso il comodino di Charlotte. Afferro il suo telefono e controllo se ci sia segnale, eppure anche per lei non vi è traccia di linea.

È uno scherzo?

Passo entrambe le mani fra i capelli e serro gli occhi, impanicata più che mai. Rifletto sulle parole scritte e sull'ambiguità del mittente anonimo.

Ed è proprio nel momento in cui ragiono su quest'ultimo che un dettaglio che rammento un nuovo particolare: il biglietto che mi era stato inviato soltanto poco tempo fa. Le parole inquietanti, il fatto che lo avessi sottovalutato e il nomignolo che mi era stato affidato: "piccola stella".

Aggrotto le sopracciglia e mi dirigo a passi svelti verso il mio letto. Riprendo in mano la lettera e ne osservo la forma, raffigurante una...

stella.

Rilascio il capo all'indietro e passo una mano sul viso, stranita da tutta questa situazione.

Realizzo che probabilmente la persona che ha inviato il biglietto è la stessa della lettera, e un brivido di inquietudine mi attraversa la spina dorsale.

(Un)expectedOnde as histórias ganham vida. Descobre agora