XIV. Non è solo percepire, è potere

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L'estate prima di iniziare il mio quinto anno a Hogwarts mi ero concentrata solo sugli studi. Non potevo presentarmi a Tom se non fossi stata spettacolare. La mia ambizione più grande era diventare una delle studentesse più brave e capaci della scuola.

Potevo sentire e parlare di nuovo, ma avevo bisogno di affinare questi due sensi che per tanto tempo erano rimasti inutilizzati.

L'immagine precisa della donna che volevo diventare da grande iniziò a definirsi nella mia mente: bellezza, fascino, ricchezza, potere, ammirazione e... vendetta.

Ogni mia singola capacità e talento doveva essere affinato; volevo sbocciare come una rosa, la più rossa, intensa e carnosa del giardino.

Devo ammettere che ricordo quell'estate come la più dolce della mia vita: io con me stessa, nella solitudine più totale, a migliorarmi, a sognare per me un futuro grandioso e splendente. Quell'estate ebbi il periodo più lungo di felicità della mia esistenza... è dolce amaro realizzare anni e anni dopo che sia stata io stessa la mia fonte più grande di serenità.

Tornare a Hogwarts fu bellissimo: gli altri alunni avevano smesso di giudicarmi malamente, potevo interagire con chiunque senza problemi, anche i professori iniziarono a trattarmi diversamente. Lumacorno non poteva resistere al mio fascino: ero la quintessenza di un Serpeverde perché per lui non importava essere figli di babbani o purosangue, per lui era importante il talento e come questo veniva utilizzato da noi alunni.

E cosa più magnifica di tutte... Tom aveva iniziato a salutarmi, a comunicare con me durante le lezioni, mostrava a tutta la scuola che per lui ero una persona valida. Certo, manteneva il nostro rapporto amichevole e superficiale, ma per me andava bene così, per il momento.

Nonostante l'ambiente attorno si fosse addolcito, il mio mondo interno era rimasto complesso, pesante e privato. Nella mia stanza segreta continuavo ambiziosamente il mio personale progetto magico; vi sarete certo chiesti quale fosse e sono più che felice di condividerlo con noi.

In quel periodo stavo lavorando a una pietra filosofale liquida. 

Sì, esattamente quella. Perché? Perché potevo! Avevo studiato minuziosamente il tema e le vibrazioni magiche che avevo imparato a percepire quando non avevo l'udito mi permettevano di raggiungere tale obiettivo. Certo, questo non voleva dire che fosse facile, ma era possibile...

E come avrebbe potuto Tom resistere a una magia del genere? Mi avrebbe adorato! O almeno questo è quello che pensavo in quel periodo.

Passò il tempo e finalmente la mia opera fu completata: una boccetta minuscola con dentro un liquido rosso intenso, la pietra filosofale.

Con tutta la sicurezza del mondo, la sera seguente invitai Tom per un incontro nella mia camera segreta per mostrargli i frutti del mio duro lavoro, con mio grande entusiasmo accettò l'invito. 

Lo osservai attentamente tutto il tempo, con la speranza di ricevere da lui solo sguardi di adorazione, ma non fu così. Tom era guardingo, studiava tutto con attenzione e non riusciva a nascondere il fatto che si sentisse a disagio... non mi stava adorando, mi stava invidiando.

Ma questa realizzazione non bastò a farmi smettere di sperare che potesse cambiare idea; se solo avesse  visto la pietra filosofale avrebbe finalmente capito quanto fossimo simili, quanto fossi potente e capace, che mi meritavo di essere adorata, specialmente da lui.

Quando gli spiegai cosa fosse la boccetta di liquido rosso i suoi occhi si illuminarono. La prese in mano e la osservò avido, come se volesse berla, ma gli avevo già spiegato che non andava bevuta, ma spalmata sul proprio petto, in posizione del cuore. 

Tom sorrise come non l'avevo mai visto fare. Un sorriso innocente e genuino, come se la pietra filosofale fosse il più bel regalo mai ricevuto. In quel sorriso vidi la sua gioventù, quella che da bambino non aveva mai avuto modo di sperimentare. 

- Meredith, sei fantastica! Veramente fantastica! Grazie!

Poi mi abbracciò forte; potevo sentire l'odore fresco dei suoi capelli e sentire quanto fossero calde le sue mani. Poi, continuando a sorridere, mise la boccetta nella tasca del suo mantello e iniziò ad avviarsi verso l'uscita della mia camera segreta.

Capii subito cosa stesse accadendo: pensava che la pietra filosofale fosse per lui, un regalo per lui. No, non era un regalo. No, non poteva usarla: quella era la dimostrazione della mia forza e delle mie capacità, non l'avevo creata per usarla, ma per dimostrare che semplicemente potevo farlo!

Ordinai al mio serpente di bloccare l'uscita della porta, Tom si girò sorpreso e leggermente spaventato verso di me. Ero arrabbiata, gli ordinai di ridarmi la pietra filosofale e gli spiegai le mie intenzioni: il mio serpente l'avrebbe nascosta, solo lui doveva sapere la sua posizione. 

Lui rimase pietrificato, lo vidi in difficoltà. Stava calcolando la risposta che voleva darmi e non sapeva proprio cosa fare. Poi di colpo mi sorrise e lentamente lasciò cadere la boccetta nella bocca del mio serpente. Quest'ultimo uscì dalla stanza con l'intenzione di portare a termine il compito che gli avevo appena affidato.

Tom rimase a guardare il vuoto per qualche istante. 

Cosa stava pensando? Dalla sua reazione potevo capire soltanto che desiderasse la pietra filosofale con tutto se stesso. L'unico oggetto che era riuscito a farlo sorridere onestamente.

-Sei la strega più potente che conosco. Mi fai paura.

Disse alla fine, poi si avvicinò a me e mi guardò con un'intensità che mai avevo visto nei suoi occhi.

- Grazie di avermi dimostrato quanto io sia ancora debole. Migliorerò. Diventerò più potente di te. E' una promessa.

Dopodiché uscì dalla mia stanza segreta, lo seguii senza farmi notare. Pensava di essere rimasto solo e la sua reazione seguente mi lasciò senza parole: si fermò di colpo, caricò i propri pugni e piedi e iniziò a picchiare violentemente lo colonna accanto a lui. Finì per sbattere anche la fronte. Continuò finché non iniziò a sanguinare.

In quel momento fu lui a spaventare me. Perché quella reazione? Perché farsi così male? Perché mettere a repentaglio il proprio aspetto in quel modo? Dal mio punto di vista, ogni singola dimostrazione di superiorità e bravura da parte sua mi ispirava a raggiungere il suo livello, lui per me era un'ispirazione, una fonte di speranza. Io cosa ero per lui? Una fonte di dolore? Un motivo per arrabbiarsi?

Mi sentii così a disagio e non riuscivo a comprendere a pieno il motivo, e come avrei potuto a soli quindici anni? 

Quello era l'ego di uomo che crollava sotto i suoi piedi. Le mie intenzioni ebbero l'effetto contrario di quello che speravo accadesse. Solo che non potevo ancora capire la gravità di quella interazione notturna che avemmo il quinto anno ad Hogwarts. Le conseguenze le avrei pagate per il resto della mia vita.


Il Diario Segreto di una Strega PerdutaWhere stories live. Discover now