Diciassette. Il deposito.

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Finalmente sola, Sharlisse si concesse un attimo di pausa: seduta alla finestra della propria stanza osservava la porzione di stazione delle carrozze che aveva di fronte, fantasticando su quella che avrebbe preso da lì a pochi giorni.

Al loro arrivo il locandiere li aveva informati che tutte le scorte messe a disposizione dal re erano partite in giornata e non erano previsti rientri prima di due giorni. Si era lamentato ampiamente di come quelle regole imposte dal sovrano stessero facendo del male al suo lavoro, ma aveva lasciato perdere dopo lo sguardo glaciale lanciatogli da Calasthero. Sharlisse aveva ridacchiato al cambio repentino, e aveva approfittato del successivo modo ossequioso che l'oste aveva tenuto per scusarsi.

Di fatto erano nuovamente bloccati, in attesa. In quel momento erano anche gli unici ospiti e l'intera stazione era a loro esclusiva disposizione.

La figlia del sangue non avrebbe potuto essere più felice di così: aveva del tempo per scoprire carrozza e biglietto, ideare un piano per liberarsi di Loubert, Lish e Calasthero, ed esplorare quel luogo che l'aveva accolta come una lontana parente.

Confortata dai propri ragionamenti si alzò con spirito rinvigorito e si diresse alla porta, decisa a non perdere nemmeno un istante e incominciare con la propria perlustrazione.

«Ti accompagno.»

Sharlisse soffiò ad Attila per quel commento, tentando di scoraggiarlo dal fare il guerriero anche in quel luogo così ben protetto. Era stufa di essere tratta da vittima innocente. Era una figlia del sangue, per le Tenebre Oscure, non un'umana senza cervello!

Lui la ignorò. Saltò giù dal letto e si mise al suo fianco, in attesa di un suo movimento.

Trascurando il fastidio che le stava montando dentro e decidendo che non valeva la pena di puntare i piedi, Sharlisse lasciò la stanza e scese al pianterreno, imboccando l'uscita della locanda prima che qualcun altro potesse intercettarla.

Non ebbe fortuna: sulla soglia si scontrò con Lish.

«Sei arrivato!» esclamò, colta di sorpresa.

Gli ci erano volute più di tre ore per convincere la stazione a farlo entrare.

La figlia del sangue era sinceramente incuriosita da quale luogo il soldato dovesse raggiungere contro la propria volontà, ma non abbastanza per prendersi il disturbo di domandare.

Lui le afferrò il polso di scatto, trattenendola dall'uscire. «Dove stai andando?»

Sharlisse scrollò blandamente il polso per liberarsi dalla presa, trattenendosi dall'usare la propria forza. Espirò dal naso e gli lanciò un'occhiata in tralice. «Vado ad esplorare la stazione» rispose di malumore.

Non bastava Attila, ci si metteva anche Lish? E poi cosa, Calasthero li avrebbe raggiunti? Loubert e Felux a seguito?

Infuriata da quel pensiero la figlia del sangue fece una smorfia. «La stazione è sicura, no? È protetta. E io non ho intenzione di uscire dal suo territorio» si giustificò, odiando il fatto di doverlo fare. «Inoltre ho già la mia scorta» aggiunse, indicando il gatto che la tallonava

Il soldato annuì con il capo, soddisfatto dalle sue parole.

Quando le lasciò il polso, Sharlisse si concesse un sorriso di gratitudine.

«Ti acccompagno.»

D'istino la figlia del sangue gettò le braccia al cielo, esasperata, il sorriso trasformato in una smorfia di insofferenza. «Tra lui e te, sinceramente, non so chi sia peggio» rimarcò, spostando lo sguardo tra il gatto mannaro e il soldato umano. «Siete insopportabili, davvero.»

Sangue e SogniWhere stories live. Discover now