Tredici. Bugie bianche.

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Sharlisse si svegliò di soprassalto. Constatò in un istante che era ancora notte, anche se più vicino all'alba che al tramonto.

«Ti sposti?»

Si girò verso la voce di Lish, trovandosi il volto del soldato a pochi centimetri dal proprio.

Con un sobbalzo mise più distanza possibile tra loro, il viso nascosto dai capelli scomposti, cercando mentalmente una giustificazione per l'accaduto.

Dopo essersi nutrita e aver avuto modo di riprendere il fiato, la figlia del sangue aveva realizzato che la temperatura era scesa. Aveva visto Lish tremare in quel sonno forzato e aveva deciso di non lasciarlo morire assiderato: aveva ucciso uno dei suoi assalitori, era legata a lui da un debito e quindi meritava di arrivare vivo alla vecchia stazione.

Così aveva preso il suo capo sul proprio grembo, mentre Senzanome si era disteso sulle sue gambe e il basso ventre. In quella scomoda posizione si era messa a fare la guardia, ma evidentemente non era riuscita a contrastare l'improvvisa assenza di adrenalina in corpo e si era addormentata.

Nel farlo doveva essersi chinata su di lui, posando la fronte sul suo petto, i capelli sparsi attorno a loro come drappeggi di un letto a baldacchino.

A differenza della figlia del sangue, Senzanome non mosse un muscolo, fissando il soldato dalla propria posa allungata.

«Dovresti ringraziare, prima di dare ordini» gli soffiò contro, la voce bassa e quasi ringhiosa.

Sharlisse lo guardò come se fosse impazzito, ma il micio la ignorò, fissando i proprio occhi giallo-verdi sul soldato.

Lish sostenne il suo sguardo per una manciata di secondi, poi alzò gli occhi per trovare il volto di Sharlisse, la quale spostava lo sguardo confusa dall'uno all'altro.

Era strano per lei essere fissata dal basso verso l'alto da un essere umano. Era più che abituata ad avere dei mici accoccolati sulle gambe che la osservavano come stava facendo Lish in quel momento, ma non c'era paragone tra le due sensazioni: non stava provando l'irrefrenabile voglia di grattarlo dietro le orecchie. Con una mano lui le scostò i capelli, liberandole il viso. «Prego, per averti salvata. Stupida, per esserti allontanata. Brava, per averli affrontati. Grazie, per avermi medicato e non avermi fatto morire di freddo».

Snocciolò le frasi in successione usando meno parole possibili.

Lei lo fissò sbattendo le ciglia, assorbendo quei concetti così diversi e disparati che niente avevano a che fare l'uno con l'altro, ricostruendo il pensiero che doveva esserci dietro.

Senzanome invece rise. Si stiracchiò e liberò Lish dal proprio peso; il soldato si mise a sua volta a sedere, permettendo a Sharlisse di muoversi.

«Come mi avete trovata?»

Lish guardò il gatto che ora si stava pulendo il pelo, mentre la sua forma si rimpiccioliva a vista d'occhio.

«Quando è terminata la prima clessidra il tuo gatto mannaro è scattato. Ha provato a seguirti da solo, ma l'ho tallonato. Quando si è reso conto che nella sua forma di gatto ti avrebbe persa si è trasformato e mi ha detto che ti avevano presa.»

Sharlisse ascoltò quella spiegazione e realizzò che Senzanome aveva costruito una bella bugia. Aveva svelato al soldato di essere un gatto mannaro, ma non che lei fosse una figlia del sangue.

Quindi Lish pensava che lei fosse stata rapita. Come facesse a crederci davvero, non lo sapeva.

«Sono i banditi da cui ci ha messo in guardia sua maestà?»

Lui annuì con il capo.

Sharlisse allungò una mano verso Senzanome, il quale la raggiunse e si accomodò sul suo grembo, dove poco prima stava adagiato il capo del soldato.

Sangue e SogniWhere stories live. Discover now