Sfrego i capelli bagnati con l'asciugamano, per evitare che gocciolino in tutta la stanza, e mi avvicino al mio letto. Percorro la camera vuota, avvertendo l'odore di lavanda che la mocciosa spruzza ogni volta che finisce di fare sesso con Jason, poiché, per lei, è una cosa troppo imbarazzante che qualcuno entrando possa capire che cosa hanno appena fatto.

Ghigno divertita e scuoto la testa, per poi dirigermi al mio armadio. Sfilo l'asciugamano dal corpo, rimanendo completamente nuda. Alcune goccioline sono ancora presenti sul corpo, e scorrono lungo la schiena e il ventre.

All'improvviso, però, una strana sensazione mi pervade interamente. Avverto degli occhi puntati su di me, che mi bruciano la schiena e mi perforano da un lato all'altro del corpo.

Mi volto di scatto, con un lieve affanno a causa della sensazione di essere osservata, ma nella stanza non c'è nessuno. Soltanto io e la mia immagine riflessa allo specchio.

Aggrotto le sopracciglia e abbasso lo sguardo sulle t-shirt piegate nel mio armadio, cercando di scacciare via questa strana e inquietante sensazione.

Ne afferro una dei Neighbourhood, la mia band preferita, e la infilo. Il tessuto nero mi arriva fino a metà coscia, quindi non mi preoccupo di indossare nient'altro sotto, se non dei semplici slip in pizzo.

Libero i capelli dal turbante e lascio che le ciocche scure mi ricadano fino a sotto il seno. Sono completamente bagnati, perciò mi volto in direzione del bagno.

Tuttavia, la sensazione di avere due occhi fissi su di me persiste e mi porta a ridurre le palpebre a due fessure. Sposto lo sguardo da un punto all'altro della stanza, senza però vedere realmente qualcuno.

«Ma che diavolo...» sussurro fra me e me con un cipiglio sul volto e un'inquietudine non molto piacevole che porta i battiti del mio cuore ad aumentare.

Cerco comunque di scacciarla via il prima possibile, dando la colpa a tutti i film d'horror che la mocciosa mi obbliga a guardare ogni sera, se e quando nessuna delle due esce. Subito dopo entro in bagno e ripongo entrambe le asciugamani al loro posto, per poi iniziare ad asciugare i capelli. Il rumore del phon si disperde in tutta la stanza, così come il calore.

Osservo la mia immagine allo specchio, mentre agito il phon in maniera abbastanza caotica, in attesa che si asciughino il prima possibile.

Punto in particolare le iridi azzurre, inespressive e spente. Le osservo con attenzione, appurando da quanto tempo sono solo in grado di vedere, ma non di guardare. Da quanto tempo non riescono più a stringersi, spinte da un sorriso allegro e sincero. Da quanto tempo non vengono attraversate dalla luce di pace e gioia di un tempo. Da quanto tempo la felicità non si impossessa di loro e porta via questa passività a cui sono state costrette a sottomettersi.

Le osservo, senza però desiderare nulla di diverso da ciò che sono adesso. Non voglio cambiare il loro modo di vedere il mondo. Offrono tutte le volte una visione abbastanza chiara delle cose e mi mostrano tutto quello che mi circonda per come realmente è. Non sono corrotte da alcuna ingenuità o debolezza e riescono a rigare dritto, prive di alcun cedimento o segno di fragilità. Sono semplicemente due macchine da guerra che, in tutti questi anni, mi hanno permesso di non guardare più le cose con la solita purezza e innocenza di un tempo. Sono state in grado di rendermi diversa, ai miei occhi e a quelli degli altri, e a dimostrarmi l'unico modo in cui vanno affrontate le cose: con distacco, freddezza e indifferenza.

"Guarda una cosa senza guardarla davvero, e non sarà mai in grado di scalfirti." Mi ripeto queste parole da tanti anni ormai e non hanno mai sbagliato su alcun punto. Si ripetono nella mia mente incessantemente, ogni giorno, non appena apro gli occhi e mi preparo a vedere il mondo.

(Un)expectedWhere stories live. Discover now