Capitolo 34 (Prima parte)

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«Ci sto arrivando.» deglutì sonoramente, la gola era diventata secca. Con la scusa di prendere un bicchiere d'acqua avrebbe potuto svignarsela, vero? Si strinse le mani e puntò il suo sguardo sulla punta delle scarpe, pur di evitare il loro. «Lavoravo nell'officina dei Thompson, ma sono stato licenziato perché...» la voce gli morì in gola, la pressione sembrava sembrava fischiargli nelle orecchie. «Perché mi piacciono i ragazzi ed ho fatto coming out con Kevin, il figlio dei Thompson». Non doveva dir loro proprio tutto, no? «Adesso lavoro in un bar.» Quel silenzio che ne seguì lo mandò letteralmente in pappa. I muscoli erano tesi, ma riuscì a sollevare lo sguardo su di loro.

I loro volti avevano un espressione imperscrutabile.

«E la storia del livido?» Dean ruppe il silenzio indicandogli la guancia, «Questa mi è nuova.»

«Kevin è venuto dove lavoro per parlarmi.» non doveva aggiungere altro, non ce n'era bisogno. Aveva spesso portato Kev a casa, sapevano del suo carattere irruento. Aveva davvero un pessimo gusto in fatto di uomini. Riabbassò il capo e strinse le mani.

Il silenzio che ne seguì sembrò gravare sulle spalle di Daniel come se un elefante avesse deciso di posare le zampe sul suo petto per premerlo sul pavimento del soggiorno.

La madre gli mise una mano sulle sue e le accarezzò con il pollice facendolo sussultare. «Io lo sapevo già.» disse dolcemente. «Una madre lo sente.» aggiunse una volta che Danny la guardò.

«Se, come no!» sbuffò ironico il padre alzando gli occhi al cielo per poi esortire: «Dean, figliolo, scalda l'Aprilia. Io vado a prendere il fucile.»

Entrambi fecero per alzarsi, ma si bloccarono quando Daniel uscì dal mutismo in cui si era chiuso. «Smettetela!»

«Danny ha ragione, così vi riconoscono. Vi serve un passamontagna!» fece notare Rubye, cercando di alleggerire la tensione. Sapeva quanto tutto ciò pesasse su di lui, aveva visto il figlio perdersi e non era riuscita a fare nulla.

«Ha ragione» convenne Dean.

«Sei un genio, è per questo che ti amo tesoro.» Dennis le lasciò un bacio a stampo sulle labbra, era follemente innamorato di quella donna che assecondava sempre le sue stranezze e i suoi scherzi.

«Mamma!» Daniel allargò le braccia e sgranò i suoi occhi verdi, «Non assecondarli!»

Sospirò, «Hai ragione, scusami. Ma mettiti nei nostri panni, vederti così è dura per noi.» strinse nuovamente le mani del figlio, «Dovremmo denunciarlo, penso tu lo sappia già.»

Non voleva denunciarlo, «Voglio solo lasciarmi questa storia alle spalle.»

«Aspetta, non tu vuoi denunciarlo!?» Dean era incredulo. Era a conoscenza dell'amore che il fratello provava per quello schifoso omofobo, ma non lo avrebbe mai detto ai suoi genitori. Non sarebbe stato giusto. Ma il sapere questo dettaglio, non indifferente, diede alle loro parole un ulteriore significato.

«No.»

«Non puoi fargliela passare liscia!» la rabbia lo spinse ad alzarsi finalmente dal divano.

«Non... Voglio solo andare avanti.» Voleva dimenticarlo.

«Non stai andando avanti, stai solo cercando di scappare!»

«Cosa cazzo ne sai tu di come mi sento?!» La verità bruciava, si era ripetuto così tante volte di voler fuggire come un codardo che sentirselo dire ad alta voce, faceva tutt'altro effetto. Faceva male più di quanto lo facesse quella consapevolezza. Pensava che almeno suo fratello potesse capire come si sentisse in quel momento, che stava cercando di fare del suo meglio. Gli rivolse uno sguardo ferito. «Sai che c'è? Vaffanculo, Dean» sibilò. Si alzò e senza attendere risposta salì le scale per chiudersi in camera, sbattendo sonoramente la porta. Lì era rimasto a marcire per i giorni a seguire, uscendo solo per andare in bagno e fare degli spuntini notturni. Non era uscito nemmeno per andare a lavorare, chiedendo a Patricia qualche giorno di riposo che, dopo l'accaduto, era stata più che felice di concedergli. Quei giorni di finto riposo erano stati un inferno; non aveva fatto altro che rimuginare, rimuginare e rimuginare. Pensare, pensare e pensare. Un pugno può spazzare via un sentimento come l'amore? Era ancora innamorato di Kevin dopo ciò che aveva fatto? Non riusciva a darsi risposta, ma sapeva che Dean aveva ragione riguardo la denuncia. Doveva iniziare ad affrontare i problemi, non tentare di lasciarseli alle spalle come se non fossero mai accaduti. Aveva cercato di farlo anche con Vick? Si coprì il viso con le mani ed un suono gutturale, frustrato ed esasperato uscì dalla gola. Non era cambiato nulla, nonostante stesse cercando di farlo. Sbuffò mentre ripoggiava mollemente le braccia lungo il corpo, sul letto sfatto. «Chi l'avrebbe detto che il mio fratellino sarebbe cresciuto prima di me?» mormorò tra sé e sé prima di alzarsi pigramente dal letto. Si trascinò, con le sue solite ciabatte con i calzini, fino alla cucina dove trovò Dean a fare colazione. Da solo. Erano soli. Non sapeva come comportarsi con lui dopo quella litigata, aveva cercato di evitarlo. Si trascinò fino alla macchinetta del caffè e si versò una tazza di caffè americano. Sospirò, doveva affrontare anche lui. Si voltò bevendone un sorso e si sedette di fronte a lui. Doveva iniziare lui a parlare, giusto? Esortire con un banale saluto, come se nulla fosse successo, non avrebbe funzionato.

E il tempo scivola viaWhere stories live. Discover now