Nathan.

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Ottavo

<Dodici anni fa>

Zeke è bravo. Le sue gambe si muovono veloci sul campo di erba sintetica: prima che possa sbattere le palpebre, lui ha già calciato il pallone lontano, esattamente sui piedi di un altro giocatore. A dispetto delle paranoie, non è stato noioso assistere alla partita. La Luke Accademy ha vinto tre a uno ed è stato divertente alzarmi in piedi, urlando a squarciagola il nome del mio amico, quando ha esordito col suo primo goal. Immagino che il coach non si fiderà di un ragazzetto piccolo come me, se ci sono quelli dell'ultimo anno a disposizione, mi ripeteva dopo l'esposizione in corridoio. L'ho rassicurato più volte, chiedendomi se davvero non ne sarebbe stato all'altezza. La fiducia del coach e le mie supposizioni sono state ripagate con la sua entrata in scena: ha colpito il pallone con una potenza tale da spezzare la rete. Poi si era girato verso gli spalti, gli occhi luccicanti, a guardare i tifosi della scuola accalcarsi e saltare, strillando come galline l'appellativo della squadra. Fu in quel momento che mi fece vedere, io, così invisibile fra le prime file, applaudendolo. So che è quello che avrebbe voluto e non l'ho fatto solo per renderlo contento: il calcio non è mai stato così interessante.

Zeke aveva una casacca larga che gli ricadeva appena sopra le ginocchia e un aspetto ridicolo, infantile, se confrontato a quello degli altri, ma la sua tecnica è stata fra le migliori. Jonas non faceva che blaterare cosa fosse un passaggio di stile, un movimento di stile, un tiro di stile, emozionato quanto me di come la partita, e la futura vita di Zeke, stesse prendendo una curiosa piega. Ascoltando con quanta ammirazione parlava del fratello, mi sono domandato come fosse riuscito a mettergli il broncio per una decina di giorni. Con quale coraggio gli aveva voltato le spalle? Jonas stravede per Zeke, assomiglia a papà quando mi squadra mentre ballo hip-hop alla Jabbawockeez e i giudici confermano il fenomeno che scorre nelle mie vene. Udire tutti quei complimenti lo fa sentire un personaggio perfetto, che ha insegnato le cose giuste nel periodo giusto, e Jonas è certo d'aver contribuito – molto più che chiunque altro ha specificato – al suo valore fisico e morale.

Zeke non sa che io ballo. In realtà, non lo sapeva nessuno fino a poco tempo fa. Papà non mi permetteva di esercitarmi e non aveva intenzione di spendere soldi per una disciplina "da Isabella", finché non ha scoperto la mia bravura nell'inventare, davanti allo specchio, una coreografia. Mi ha accompagnato subito a presentare i provini. Che sono stati accettati. Non ho mai avuto il coraggio d'impormi, né ho tentato di persuadere mamma. Sono stato zitto, con la consapevolezza che non aveva voluto essere cattivo, né infrangere i miei sogni. Non devo dare l'impressione di un tipo pronto a scatenarsi, in effetti. Zeke sembra un calciatore; perfino i suoi capelli, o la grinta sulla sua faccia, lo farebbero associare a uno sportivo pieno di qualità. Io parlo poco, preferisco rimanere solo, non intraprendo iniziative folli, né mi travesto con capi più grandi della mia taglia e jeans a vita bassa. Non mi vanterò con lui di ciò che la giuria ha affermato. Non passerò per un prepotente, e lo sarei, se lo avvisassi delle mie doti danzanti fuori dal comune, forse più che le sue nel football. "Hey, avrai appena segnato un goal, ma fra qualche anno verrò preso in una delle scuole migliori d'America." Non penso sia corretto nei suoi confronti, soprattutto perché anche i suoi piedi sono rapidi e coordinati.

L'ho aspettato fuori dal campo e mi sono complimentato con lui fino alla fermata dell'autobus. Zachary era talmente felice che ho dovuto zittirmi per paura che si mettesse a piangere dalla gioia. Oggi mi ha invitato a casa sua, probabilmente per ricambiare il favore. In verità spero non sia questo il motivo. Ha detto che sua madre è elettrizzata all'idea dell'incontro: ha preparato ottime torte con la speranza che mi avrebbero convinto a rimanere di più. Gli ho risposto che sarei rimasto ugualmente. I dolci sarebbero potuti essere buoni oppure no, e questo non avrebbe cambiato la simpatia nei loro confronti. Zeke ha sorriso, facendomi sentire bene. E, quando mi sono reso conto di non star rispettando la bravura della madre, ho aggiunto: ― Ma sono certo che saranno buonissimi! ―, e Zeke non ha smesso di sorridere, facendomi sentire sollevato.

Prendo fiato; la casa è molto grande.

Suono il campanello; come farò a orientarmi senza fare la figura dell'idiota?

Apro il cancelletto mentre una voce metallica mi dà il benvenuto; non sono mai stato a casa di un coetaneo, né possiedo la certezza di poter piacere ai suoi genitori. E se qualcosa non andasse per il verso giusto, mi accetterebbero lo stesso? Mi volto, agitando la mano in saluto a mamma, che ora accende il motore dell'auto; sarei rimasto, questo è indubbio. Ma loro? Loro se la sarebbero svignata?

Una donna snella e dai lineamenti tremendamente simili a quelli di Jonas socchiude la porta alle mie spalle. Credo che mi abbia accolto, o si sia presentata, o che abbia pure lei agitato la mano in saluto a mia madre, ma non ricordo nessuna di queste tre cose, né l'attimo esatto in cui mi sono ritrovato dal giardino ben curato al salotto dell'abitazione. ― Nathan, desideri per caso un bicchiere d'acqua? ― La donna mi sta fissando preoccupata ed è adesso che mi accorgo d'aver trattenuto il fiato.

Scuoto la testa. ― Desidero soltanto vedere il mio amico ― replico, cercando di sembrare il più rilassato possibile. Lei sorride e, anche se non avevo mai riflettuto abbastanza sugli standard delle donne adulte, trovo sia parecchio bella. I suoi occhi e capelli scurissimi sono in netto contrasto coi colori di Zeke, eppure quella grazia imprescindibile risulta tipica della famiglia Whyett.

― Sta finendo di mettere... ― Un tonfo assordante ai piani superiori ci fa sobbalzare. ― In ordine la camera ― conclude con un sogghigno.

― Mamma! Mamma! ― Altri rumori assordanti, di decine di libri cascati, confondono la voce del ragazzino che sta tentando di scendere le scale. ― Nate dovrebbe arrivare a momenti e non so come fare! Mi sono caduti tutti i... ― La sua voce mi ridesta. Quando Zachary mi si staglia davanti con due scatoloni enormi fra le braccia, la chioma spettinata, pile di vestiti penzolanti dalle tasche dei pantaloni della tuta, le guance rosee e l'espressione scioccata, mi diventa impossibile non cacciarmi in una sonora risata. ― Nate? ― Sembra mortificato.

― Proprio io. ― Un'inspiegabile voglia di raggiungerlo per stringerlo forte mi pervade. M'impongo di rimanere ancorato sul posto, se a muovermi è un istinto animale.

― Ehm b-ben tornato ― borbotta, imbarazzato e ghignando appena. Gli vado vicino, resettando ambigui desideri, e sfilo qualche maglietta dalle tasche, afferrando uno scatolone per alleggerirlo. ― G-grazie ― mormora, guardandomi riconoscente. ― Scusami, te lo giuro, è da stamattina che faccio pulizie e non ho portato a termine neanche...

Lo zittisco con una risatina. ― Come mai quel "ben tornato"? Non sono mai stato qui ― e mi osservo attorno, ammaliato dai mobili antichi e dalle decorazioni aranciate che ricoprono gli oggetti più particolari. Se non lo sapessi, prenderei in considerazione l'ipotesi che uno dei suoi genitori sia architetto. La modernità dell'alloggio e l'ordine caotico che ci accerchia mi fa dimenticare il peso sulle braccia.

― Questa diverrà casa tua, lo è sempre stata da quando siamo amici ― rammenta, appoggiando l'ammasso di panni sulle varie sedie. Si gira, accostandosi alla mia figura lusingata. ― Mettili pure lì. ― Faccio come dice, stando attento che non cada nulla sul pavimento col rischio di frantumarsi. ― Nate, ― richiama la mia attenzione ― ti presento la signora Whyett: insegnante di lingue straniere, pasticcera e stravagante mamma.

― Puoi chiamarmi Corinne, tesoro ― e si abbassa un po' per abbracciarmi. Ricambio il gesto affettivo, fantasticando che al suo posto ci sia il corpo asciutto del mio compagno. È straordinariamente alta, con un fisico da modella che, forse, ha caratterizzato la sua giovinezza. ― Finisco di preparare la merenda, okay? Ce ne sarà in abbondanza: J.J è fuori con Haric. Fate finta che io non esista e divertitevi.

Zeke mi afferra un gomito e sussurra: ― Tour di tutti i piani?

Annuisco, entusiasta. Prima di fiondarci nelle mille stanze, Corinne borbotta: ― Signorotto, vedi di non rompere altri vasi, intesi?

E scappiamo via.

[Angolo playlist: Save The World, Swedish House Mafia.]

Anima d'acciaioWhere stories live. Discover now