Nathan.

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Quinto

<Dodici anni fa>

Ho smesso di chiedere scusa quando mi sono accorto di star sprecando fiato inutilmente. Articolare frasi richiede parecchio sforzo e se apro bocca devo farlo per questioni rilevanti. Isabella non vuole conversare con me, vuole farlo con Jonas, ed è colpa mia se lui l'ha smollata senza preavviso, privandola di qualsiasi tentativo di dichiarazione d'affetto. Non servono le mie giustificazioni per farla ragionare, il problema è semplice: lei desiderava che diventasse mio amico e non gliel'ho permesso. Credo che neanche Jonas, adesso, desideri tanto ricevere la mia benedizione. È insieme a Zachary in fondo al cortile. Hanno zaini pesanti sulle spalle e occhi infuocati. Li ho fissati per qualche secondo, ho fissato Zeke prima che i passi della mia gemella si dissolvessero nell'aria, facendomela perdere di vista. I fratelli stavano discutendo animatamente e l'espressione del maggiore era ben diversa dalla sua, la quale sembrava più pensierosa che furibonda. Jonas aveva intercettato subito le mie occhiate loquaci. La sua lingua si era messa in funzione e Zeke aveva reagito: la sorpresa che colsi in quel nano secondo in cui le nostre pupille si specchiarono fra loro, mozzandoci il fiato, fu sufficiente per farmi decretare di essere un idiota. Sprecare l'occasione di conoscere qualcuno la cui allegria avrebbe potuto contagiarmi, cambiarmi, l'occasione di conoscere un ragazzo che, per la prima volta, non giudicasse le mie riflessioni contorte, che, sebbene la mia poca smania nel praticare hobby comuni, fosse disposto a proteggermi dai 'bulletti ghignosi', è stato da stupidi. Avrei voluto salutarlo, ma mi sono frenato in tempo. Probabilmente la sua risposta sarebbe stata un dito medio che mi avrebbe imbarazzato.

Dovrei proseguire nella rincorsa disperata, ma la chioma mossa di Isabella si è omogeneizzata a quella delle altre. Ora tutte le ragazze sembrano avere capelli neri, e mi ignorano, e bisbigliano: "Vedi, Nate? È esattamente questo che meritano le persone come te" o "Complimenti, Nate. Sei così bravo a farti sfuggire chi ami." E, mentre percepisco i colpi di alcuni compagni su busto e collo, resto immobile col labbro inferiore pieno di morsi. Essere me è dannatamente difficile e di assomigliarmi non lo auguro nemmeno a Tim. Non m'intimorisce il fatto che Jonas possa afferrarmi e prendermi a schiaffi, che possa raggiungermi. È distante e vorrei quasi che non lo fosse. Forse merito un po' di sofferenza in più, un insulto o la sua rabbia. In questo momento sto sperando ardentemente che decida di rivolgere ancora la parola a Isabella, infischiandosene della mia presenza, perché se lasciasse intendere che non gli interesso, come aveva accennato quando si era allontanato, Isa, il cui obiettivo è piacergli, mi assolverebbe dal peccato.

― Scusa l'intromissione. Ci siamo salutati in malo modo e mi dispiaceva lasciarti solo in una situazione simile ― sbotta una voce aggraziata, maschile. Mi paralizzo. Il cambiamento del mio volto da preoccupato ad angosciato lo coglie impreparato, ma, al posto d'indietreggiare come avrebbero fatto altri milioni di stereotipi, Zeke si avvicina. Le sue pupille mi studiano come se ci fosse qualcosa di bello da contemplare e le fossette ai lati delle guance, dolci e profonde, rimescolano le mie emozioni. Zeke è sorridente, mi sta sorridendo e la vivacità nel suo sguardo è degna di un dipinto. Penso che non sia consapevole di quanta efficacia possieda la sua spensieratezza. ― Stai bene, Nathan?

Non respiro. Non solo rimango esterrefatto di fronte al suo atteggiamento protettivo, calmo, incurante della discussione avvenuta, ma vedere le sue labbra pronunciare il mio nome, vedere gli ingranaggi del suo cervello memorizzarlo, mi riempie di sollievo. È stato in grado di udirlo prima di salire sull'autobus? Non ricordo più cosa stavo facendo: perché Isabella non è al mio fianco? È scappata per qualche motivo? ― C-cosa? ― balbetto. Mi guardo attorno, alla ricerca del trabocchetto. Jonas è nei paraggi? Vogliono incastrarmi in qualche vicolo e deformarmi l'anima a furia di botte? Lo squadro. Non capisco: perché il mio cervello mi sta suggerendo, al contrario del cuore, di scappare? Questi ragazzi ce l'hanno con me per qualcosa di cui sono all'oscuro? Mi conoscono?

Anima d'acciaioWhere stories live. Discover now