II - Andromeda

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-Viola!- esclamò di nuovo prima di aprire le braccia. Corsi verso di lui per stringerlo forte e perdermi nel calore che da sempre riusciva a trasmettermi. E per un attimo, anche se l'odore del sudore prevaleva, riuscii a scorgere lo stesso odore che inebriava le mie narici la notte quando non riuscivo a dormite.

-Quanto mi sei mancata- continuò stringendomi più forte.

-Tu di più Ale- risposi. Mi staccai e lo trovai sorridere come faceva a quattro anni.

-Come mai sei a Milano?- chiese. Sorrisi e poi gli risposi.

-Mi hanno promossa e adesso lavoro qui a Milano-. Mi guardò sbalordito ma anche orgoglioso, e tornò a stringermi tra le sue braccia.

-Emh, scusate- disse una voce alle sue spalle. Alessandro si staccò da me e si girò verso la voce: Brozovic.

-Qualcuno che ci spiega?- continuò il croato. Guardai mio fratello che prese parola.

-Ragazzi, vi presento mia sorella Viola- annunciò, e tutti lo guardarono male.

-Tua sorella?- chiese Dimarco.

-Da quando hai una sorella?- domandò ancora Darmian.

-Sorella gemella- sottolineai.

-Gemelli? Senza offesa ma non vi somigliate- commentò Calhanoglu.

-Hakan!- lo riprese Noemi.

-Siamo gemelli eterozigoti- spiegai.

-E che significa?- chiese Onana.

-Che siamo gemelli che non sono proprio uguali- rispose stavolta Alessandro.

-Wow amico, sei bravo a mantenere i segreti- scherzò Barella.

-Non ci hai mai parlato di lei- rise Gosens. Mio fratello era visibilmente in imbarazzo. So quanto possa essere riservato riguardo alcune cose.

-Non importa! Nuova arrivata nuova amica- esclamò Correa avvicinandosi e poggiandomi un braccio sulle spalle.

-Spero tu sia interista- affermò Lautaro.

-Che domande! È mia sorella, mica quella di Theo Hernandez- mi "difese" Alessandro.

-Ew- feci una smorfia di disgusto, che provocò una risata generale.

-Presentati Viola- mi intimò Acerbi.

-Beh, mi chiamo Viola Bastoni, ho 23 anni, sono interista, sono amministratrice dei mercati esteri di Armani e vi conosco tutti per nome- dissi.

-Armani la casa di moda?- domandò Devrij. Annuii.

-Allora manca solo a noi conoscerti. Perché non vieni insieme a noi alla prossima cena di squadra?- mi propose Dzeko. Guardai Alessandro come per ottenere un consenso, e lui mi sorrise.

-Perché no- sorrisi. -Ora vi lascio allenare, devo andare a sistemare le mie cose a casa e organizzare il lavoro di domani- mi congedai.

-Hai portato le valigie a casa mia?- chiese il mio gemello.

-Altrimenti dove? Ciao ragazzi!- salutai dirigendomi verso l'uscita.

Mi diressi verso casa assieme un altro taxi, dove iniziai a disfare le valigie. Nel pomeriggio mi fece visita Noemi, con cui scambiai qualche parola. Non ci vedevamo da tempo, avevamo molto da raccontarci. Le proposi di restare a cena, ma rifiutò. Alessandro rientrò dall'allenamento, e dopo aver cenato, mi sistemai accanto a lui sul divano per guardare qualcosa.

Dopo aver visto un film e parlato un po', decisi di andare a dormire: l'indomani mi attendeva il mio primo giorno di lavoro a Milano.

Accoglienza unica, appena entrata tutti i colleghi di reparto si presentarono trattandomi come una regina. Odio imporre alle persone una posizione più bassa della mia, per me siamo tutti uguali, perciò li intimai a chiamarmi per nome, e non 'capo'.

Mi fornirono tutti i dati e i bilanci, e anche i piani futuri del mio settore. Proprio mentre stavo per fermarmi dalla lettura di tutte quelle carte, bussarono alla mia porta: era Giada, la mia assistente.

-Viola, ci sono due persone che vogliono vederla- mi informò.

-Falle entrare- la intimai. Lei annuì e dalla mia porta entrarono mio fratello Alessandro e il suo migliore amico, Barella.

Alessandro prese parola e approfittò della situazione per prendersi gioco di me: -non sei qui nemmeno da un giorno e già stai dominando tutto-.

-Innanzitutto buongiorno Ale,- e mi girai verso l'altro -ciao Nico- che mi sorrise -sedetevi pure- dissi indicando con lo sguardo le sedie di fronte alla mia scrivania.

-Come mai qui?- chiesi.

-Abbiamo una cosa per te- mi rispose il sardo. Lo guardai perplessa. Alessandro mi porse una busta di carta che aprii. All'interno trovai un biglietto per Inter-Barcellona, la quale si sarebbe disputata quella sera stessa.

-Il tuo benvenuto da parte di tutti- spiegò Nicolò.

-Grazie, non so che dire- sorrisi ai due.

Dopo aver chiacchierato un po', li congedai e tornai a lavoro. Noemi mi chiamò e le raccontai tutto: era molto eccitata, dopo mesi tornavo con lei a San Siro per una partita della nostra squadra del cuore. Una volta finito tutto, mi ritirai a casa per pranzare e subito dopo riposare.

Nel tardo pomeriggio mi lavai e indossai la mia maglia della stagione, per poi raggiungere Noemi sotto casa sua e dirigerci verso il Meazza intorno alle 19,00. Mangiammo qualcosa prima di passare i tornelli ai camion di panini, tra una risata e l'altra.

Finalmente entrammo nello stadio, luminoso e imponente, quasi come se ci stesse attendendo. Prendemmo posto e iniziammo e scattare foto da postare successivamente sui social. I posti pian piano si riempivano, i calciatori giunsero in campo per il riscaldamento, e l'ansia da Champions League cominciava a farsi sentire. 71.368 era il numero di spettatori di quella sera, e formavano un'atmosfera incredibile, tra cori ed esultanze.

Il match si concluse con una rete a zero per l'Inter, firmata da Calhanoglu poco prima dello scadere del primo tempo. Io e Noemi uscimmo dallo stadio felicissime, cantando con la curva dei tifosi in cui ci eravamo ritrovate. Quest'ultima particolarmente di più, per una dedica in stile goal a lei diretta.

Iniziai allora a prenderla in giro alludendo al perché Hakan avrebbe fatto una cosa del genere, e lei in risposta tacque e arrossì. Passammo il resto della serata assieme alla squadra, giocando a FIFA fino a tardi e facendoci battute a vicenda.

Realizzai che in realtà nessuno di loro era come designati da dietro uno schermo, e che anzi possedevano un cuore d'oro -alcuni anche un gran senso dell'umorismo-.

Mi aggiunsero al loro gruppo di squadra, facendomi sentire ancora più integrata. Allora pensai che tutte le descrizioni di Noemi di come si sentisse "in paradiso" e "a casa" non erano poi così azzardate.

Rientrata in appartamento, augurai una buonanotte a mio fratello e mi diressi verso la mia stanza. Cercai con lo sguardo l'orologio, che in quel momento segnava quattro del mattino. Mi promisi di abbellire la camera, rendendola quasi come quella della mia casa natìa.

Mentre mi infilavo sotto le coperte e mi chiedevo come avrei coperto le mie occhiaie l'indomani per andare a lavoro, pensai che Noemi aveva ragione, mi sentivo veramente a casa.

Ed era solo l'inizio.

You're a Sky full of Stars - Nicolò BarellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora