ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 26

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-Ma non è questo il punto!- gridò Catherine, sbattendo i pugni contro al bordo della sedie su cui si era sistemata. Detestava il modo in cui la direttrice sembrava non dare alcun peso alle sue parole; aveva l'impressione che quella fosse una conversazione a senso unico, esattamente come le era accaduto giusto il giorno precedente durante il suo colloquio con la polizia. Perché nessuno sembrava riuscire a comprendere ciò che cercava disperatamente di spiegare?
Affogò i polmoni in una grande boccata d'aria, cercando di mantenere il controllo sulle emozioni che stavano facendo scalpitare il cuore nel suo petto. -Mi ascolti bene. Conrad è in grado di muoversi e anche di parlare, di questo lei ne era a conoscenza?- domandò, a denti stretti. -È Milena a tenerlo costantemente sedato, in modo da renderlo del tutto impotente e poter continuare a fare di lui cio che vuole-. Si alzò in piedi, puntando i palmi sulla scrivania. -Quella donna ha dei seri problemi mentali, non potete lasciar...-.
-Catherine, per l'amor di Dio- la interruppe la donna, scuotendo energicamente la testa e facendo dondolare i suoi capelli ricci. -Stai evidentemente vaneggiando, abbiamo tutta la documentazione medica, la spina dorsale del ragazzo presenta danni gravi e irreversibili, è impossibile che possa camminare-. Si interruppe brevemente, emettendo un pesante sospiro. -Questo significherebbe che tutti i medici specialisti che lo hanno visitato fino ad ora hanno fatto una diagnosi errata... Ti sembra possibile?-.
L'altra si lasciò scappare una risatina amara, sempre più innervosita dal fatto che il suo interlocutore continuasse a non comprendere ciò che tentava di dire con tanta insistenza. -Non ho detto che può camminare, ma che può muoversi- ribatté fermamente, puntandole addosso uno sguardo tagliente. -Quando sono entrata in quella casa Conrad era ridotto a un vegetale, non aveva nessuna reazione agli stimoli e questo perché era imbottito di farmaci- puntualizzò. -Ma quando Milena è stata ricoverata e sono rimasta da sola a prendermi cura di lui, ho omesso di somministrargli i sedativi e il suo comportamento è del tutto cambiato. Era in grado di parlare, di interagire, mi capisce?-. Tacque un paio di secondi, in attesa di una risposta da parte di Roxi la quale giunse alle sue orecchie poco dopo, ma che non fu ciò che lei avrebbe sperato di sentire.
-Mi stai dicendo che hai modificato la terapia del paziente di testa tua, senza la supervisione del medico e senza l'approvazione della famiglia?- esclamò severa.
Ormai estenuata, Catherine emise un pesante sospiro e intrecciò le braccia attorno al petto. -Mi ascolti, la prego- esclamò. -Conrad mi ha confessato delle cose che non avrei dovuto sapere, ho paura che Milena o lo zio possano punirlo per questo. Gli faranno del male, sono assolutamente in grado di farlo, questo posso garantirlo-.
Finalmente lo sguardo della direttrice si fece più interessato, mentre riponeva la spillatrice sulla scrivania per dedicare la sua completa attenzione all'interlocutore. Soltanto adesso sembrava aver iniziato ad osservare con insistenza l'alone scuro attorno al suo naso, testimonianza di ciò che ella stava dicendo. -Ne hai parlato con la polizia?-.
-Sì- rispose prontamente lei. -Ma non sono sicura che mi credano. Ho bisogno che lei faccia qualcosa, prima che sia troppo tardi. Ecco perché sono qui-.
La direttrice annuì vagamente. -Sarò sicera, conosco i Page da tempo e mi pare davvero strano che la situazione sia degenerata fino a questo punto, ma se proprio ci tieni così tanto posso recarmi da loro per verificare-.
Udendo finalmente quelle parole che aveva atteso fin troppo a lungo, la ragazza sorrise spontaneamente stringendo le spalle. -Sì, la prego. Voglio assicurarmi che Conrad stia bene-.
-Andrò questa sera, dopo la chiusura dell'ufficio. Però Catherine, vorrei assicurarmi che tu abbia capito che il tuo rapporto lavorativo con i Page è cessato- aggiunse l'altra, guardandola dritta negli occhi. Poco dopo, fece scivolare lungo il piano della scrivania un foglio e una penna nera. -A tal proposito, dovresti firmare questa lettera di licenziamento. Non è niente di che, ciò che viene dichiarato è che non hai superato il periodo di prova di trenta giorni previsto dalla legge- spiegò. -Ovviamente, ti verranno regolarmente pagate tutte le notti in cui hai prestato servizio fino a questo momento, oltre a un ulteriore pagamento extra per i giorni che hai lavorato interamente-.
La mora impugnò la penna senza alcuna esitazione, lasciando uno scarabocchio sulla linea predisposta sul fondo del foglio. -Ho capito, e non mi interessa- precisò, tornando a porgere l'oggetto alla direttrice. -Non sto cercando di conservare il posto, voglio solo essere sicura che Conrad stia bene e che quei due non gli abbiamo fatto del male. Il lavoro non ha niente a che fare con questo-.
-Molto bene- commentò Roxi, sistemando la lettera di licenziamento all'interno di una cartellina blu. -Allora è deciso-.
Catherine si sentiva più irrequieta del solito.
Trascorse le successive ore a camminare avanti e indietro tra la sala d'aspetto e il marciapiede oltre la soglia d'ingresso, nella trepidante attesa che giungesse il momento di salire in auto assieme alla donna e raggiungere il condominio in cui risiedevano i Page. Era davvero felice di essere riuscita a convincerla, ma allo stesso tempo adesso l'agitazione la stava divorando dall'interno perché continuava a chiedersi che cosa avrebbe trovato una volta giunta sul posto.
Sperava sinceramente di sbagliarsi, di arrivare e realizzare che Conrad stava bene e che le sue preoccupazioni si erano rivelate del tutto infondate; ma la voragine che si era aperta nel suo stomaco, così grande da farle provare una forte nausea, continuava a suggerirle il contrario.

CatatonìaWhere stories live. Discover now