Il primo allenamento

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2018. Quattordici mesi prima

Inspirò ed espirò. Lo fece altre due volte per darsi un tono, ma soprattutto coraggio. Era emozionatissimo. Aveva un pallone sotto al braccio e il fischietto al collo.
Aprì il cancelletto ed entrò sul campo in terra battuta. Chiuse il cancelletto.
Si sforzò di correre verso il centro campo, dove tutti stavano andando o almeno di avere un passo veloce. Millantò un'agilità che non aveva più e cercò di nascondere la propria leggera zoppia. Sentiva gli occhi di tutti addosso. Magari sbagliava, ma gli sembrava proprio così. Voleva fare una buona impressione. Era il primo allenamento con la nuova squadra, ma anche il primo dopo due anni, da quando era andato in pensione e si era trasferito a Sama. Insomma significava il ritorno in panchina, anche se da secondo allenatore. Si era rimpinzato, nel frattempo, di programmi televisivi, giardinaggio fai da te, prodotti scontati ai supermercati e di tanta, tanta noia.
Arrivato a centro campo terminò la sua quasi corsa. Era ora. Gli sembrava di aver attraversato tutta via del Corso, da piazza del Popolo a Piazza Venezia: aveva un po' di fiatone, troppo per meno di trenta metri, eppure... Poté finalmente fermarsi, mettersi dritto inspirando a pieni polmoni, attendere un attimo ed espirare. Si sentì meglio. Si unì ai giocatori e a Mister Luca, il capo allenatore, che li aveva chiamati intorno a sé in cerchio. Posò il pallone per terra e si mise in ascolto con le mani dietro la schiena.

Due ore prima che iniziasse l'allenamento la signora Marisa si alzava sulle punte dei piedi di qualche centimetro per raggiungere le labbra di Mister Franco. Le sfiorò amorevolmente con un bacio, necessariamente fugace. Il momento era solenne: Napoleone, lasciata nottetempo l'Isola d'Elba, stava per sbarcare in Francia e si apprestava, nell'ordine o quasi, a riprendersi il trono imperiale, richiamare la vecchia guardia, ricostruire l'esercito ed affrontare l'impero britannico e i suoi sodali per il primato in Europa e nel mondo.
A casa Serra erano stati giorni di grande attivismo, euforia, tensione, ricerca, scoraggiamento, stati d'animo contrastanti insomma, ma soprattutto di «ti ricordi dove ho messo questo», «e dove hai messo quello?», «non trovo lo scatolone con quell'altro», ma anche di «quando metti tu in ordine io non trovo più nulla», a cui seguiva un risentito «io nella mia confusione sono molto ordinato», e naturalmente «i miei appunti, hai visto i miei appunti? » con l'immancabile: «eccoli, sono in questi quattro contenitori in libreria, dove sono sempre stati, ma non sarà ora di buttare qualcosa?» Senza dire che il fischietto con il laccetto porta fischietto era stato trovato, perso e ritrovato per tre volte, quella stessa giornata.

La signora Marisa Ingravallo in Serra in quei tre giorni che avevano preceduto il primo allenamento, aveva alzato molto spesso gli occhi al cielo, rivolgendosi al santo protettore delle mogli degli allenatori, se mai ce ne fosse stato uno, affinché tutto quello stress da primo allenamento finisse. In quel bacio fuggevole vedeva la fine del tunnel.

Approfittando del bacio Mister Franco la strinse a sé con il braccio sinistro con vigore, mentre con il pollice e l'indice della mano destra le strinse le labbra facendogliele sembrare più pronunciate e la baciò intensamente. Quindi la lasciò, si girò, aprì la porta di casa e uscì a passi lunghi e decisi per andare al campo.
La signora lo guardò andar via, chiuse la porta di casa, mentre prendeva l'ascensore, fece un respiro profondo e si congratulò intimamente con sé stessa: «Brava Marisa, finalmente!». Alzò le braccia al cielo e strinse i pugni, in segno di gioia e di liberazione. In un certo senso aveva segnato un goal. Un gran bel goal!

Per notarlo, l'avevano notato: "I nonni, non dovrebbero andare sugli spalti, insieme ai genitori e agli accompagnatori?" chiese a bassa voce, da stronzetto, Bomber avvicinandosi a Maicol e Pardo non appena lo vide entrare sul campo. Beh, sinceramente, supponenza del ragazzo a parte, non era propriamente aitante. Baffi folti sale e pepe, capelli più bianchi che neri, occhiali da sole a goccia modello ray-ban, ma che non erano ray-ban, già sudato per il gran caldo, nonostante fosse tardo pomeriggio, scarpini con i calzettoni bianchi al ginocchio, che avevano visto tempi migliori e che ospitavano i pantaloni della tuta che raggiungevano a loro volta la vita, coprendo lo stomaco prominente, la polo nei pantaloni leggermente sblusata e un vecchio berretto modello baseball di color jeans scambiato che strideva con il resto dell'abbigliamento rosso amaranto.
La più classica immagine fantozziana. Quell'uomo, con il respiro pesante, démodé, per la prima volta sul campo con tutti loro e che faceva pensare a tutto tranne che all'atletismo e al dinamismo era «Mister Franco, il vostro nuovo allenatore in seconda, per tutta la stagione. Angelo, forse già lo sapete, ci ha lasciati per andare a Milano. Ha trovato un lavoro a tempo pieno -affermò Luca Granz, il loro allenatore dalla scuola calcio, che aveva 27 anni e che sembrava il figlio di Mister Franco. Aggiunse -Mister Franco è molto bravo ed allena da quando aveva 20 anni. È stato un bravo centrocampista da giovane. È nato a Sama, ha vissuto a Roma, ed adesso è tornato a vivere qui. Ne abbiamo approfittato per farlo allenare da noi. Possiamo imparare tutti molto da lui, io per primo. Accogliamo con un bell'applauso e soprattutto ascoltiamolo!»
Luca sentì di aver fatto il proprio dovere. Mister Franco gli sembrava troppo vecchio, ma il Presidente aveva insistito tanto. Onestamente pensava che un assistente allenatore per un Under 14 provinciale, fosse un lusso, anche quando c'era Angelo. No, non temeva per il proprio posto, ma, dovendo sostituire Angelo, avrebbe preferito uno più giovane e più vicino a lui e ai ragazzi per modo di intendere il calcio e di insegnarlo. Conosceva Mister Franco. Ricordava il suo vocione sulla panchina avversaria quando era un ragazzino e giocava, ma ad altro non aveva fatto proprio caso. Qualche volta lo aveva visto portare il pullmino, poi, divenuto a sua volta allenatore, i saluti, le frasi di circostanza: "Come va? Speriamo che non piova. È vero che il nuovo centravanti della squadra di Ponte Ferro è bravo sui colpi di testa? Si gioca sempre a questi orari strani, in Federazione sembra che pensino ad altro e non alle nostre desiderata. Se piove è proprio un peccato, vabbè a dopo allora, buona partita". Quello di Mister Franco gli sembrava il volto di una persona poco conosciuta in una folla anonima, ma anche un mondo tutto da scoprire. Massì, si disse, speriamo bene. Mentre i ragazzi, un po' sospettosi e un po' strafottenti, ma solo lui che li conosceva bene se ne accorgeva, rispondevano un po' sopresi all'inattesa stretta di mano, a cui non erano abituati, che Mister Franco aveva spontaneamente voluto dare a tutti i ragazzi dopo l'inaspettato, ma gradito, applauso di benvenuto. Si sarebbero presto abituati alle maniere gentili, ma decise, del Mister.

Mister Luca fischiò. Erano le 18:30 del 20 agosto 2018. Con quel primo allenamento iniziava ufficialmente la stagione.

Una partita, ancora unaWhere stories live. Discover now