Quando esco da quella stanza mi imbatto in Eliza, che mi saluta con un gesto della mano prima di bussare alla porta di suo fratello. Entro in ascensore e appena esso scende di un piano le porte si aprono e le mani mi iniziano a tremare. Un ragazzo castano, con gli occhi verdi quanto quelli di Amore e l'espressione arrabbiata che ha sempre Calum preme il tasto 8. «Sono Harry, e non fissarmi gentilmente!» Finge un sorriso e io annuisco, con il cuore che batte a mille. Potrebbe essere un Rabbia in un momento no, e se lo faccio arrabbiare per bene, potrebbe farmi del male e io non ho voglia di finire in infermeria e spiegare a Lilia cosa mi è successo e soprattutto il perchè; ma sono troppo curiosa. «Tu sei?» Chiede più rilassato, siamo al decimo piano. «Dalia Harris.» E fortunatamente la conversazione viene chiusa. L'ascensore si ferma una prima volta permettendo ad Harry di scendere e una seconda volta, dove invece scendo io. Attraverso il corridoio ed entro nella stanza numero 16. C'è silenzio, entrambi sono seduti alla scrivania a compilare la scheda. Io mi siedo sul mio letto e li guardo. Michael è il primo a finire, si alza ed esce dalla stanza, l'ansia mi assale; sono sola con lui, di nuovo. Ma non succede nulla, semplicemente dopo un paio di minuti ripete le azioni del suo amico . Alla fine, io sono sempre stata sola; una persona che non può amare, non può sentirsi in compagnia, vede le presenze della sua vita passargli accanto, forse si sente sfiorata da qualcuna di queste; come per mio fratello Luke; ma nulla di più. Alcune volte ho la sensazione di essere quella persona che manderà allo sbaraglio questa città, poi mi ricordo di Calum e mi tranquillizzo; già questa azione l'ha fatta lui al posto mio. Un peso in meno.

Penso sia passata circa un'ora, io mi sono fatta i tarocchi un paio di volte, li faccio solo quando sono particolarmente annoiata; i miei due compagni di stanza sono appena tornati.

Calum sembra davvero arrabbiato, stavolta fortemente, si può vedere dalla mascella contratta; i pugni chiusi lungo i fianchi e lo sguardo da assassino. Michael, come sempre ha un espressione rilassata e sorride spropositatamente.

«Ho la probabilità di uscire entro la fine di quest'anno!» Urlacchia sedendosi accanto a me e abbracciandomi forte, non ricambio e cerco di allontanarlo dal mio corpo, ma è troppo forte per me. «Sono...felice per te?» Non so com'è essere felice per una persona, ma credo si dica così in queste occasioni. Annuisce e finalmente si stacca dal mio corpo, con un viso più che soddisfatto. Poi guarda verso Calum e la sua espressione cambia radicalmente; si alza dalla sedia e mi fa cenno di seguirlo, usciamo fuori dalla camera e lui richiude la porta alle nostre spalle. «Per lui è diverso, Ashton vuole provare ad allontanarlo da te, quindi per almeno una settimana avremo un altro Rabbia in camera con noi; lo fa per te...»Si blocca guardandomi negli occhi, intensamente, «Per Cal è difficile, lui è da quattro anni che vive in questa camera, l'ha presa un po' sul personale e potrebbe aver spaccato il muro dello studio di Ashton.» Mi porto una mano alla fronte, è proprio un caso perso. «Da quando avremo un nuovo compagno di stanza?» La domanda mi esce con un po' di troppa enfasi; non posso negare che stare lontana da Calum potrebbe farmi piuttosto bene. «Dopo la festa con i genitori, ti ricordi, te ne ho parlato.» Annuisco, anche se sono perplessa, se realmente me ne ha parlato, ero troppo distratta per prestargli attenzione. «Hai un vestito elegante, no? Anche perchè è tra due giorni cioè mercoledì...E se devi richiedere un vestito, da farti portare, solitamente passano una decina di giorni.» Annuisco, convinta stavolta, mia madre mi ha fatto portare tutti i tipi di abbigliamento possibili, perchè sono la figlia del Sindaco e lei è la Stilista della città e io non posso di certo fare brutta figura. «Entriamo emi fai di nuovo i tarocchi?» Mi chiede con la faccia da cucciolo, io alzo gli occhi al cielo, perchè da quando sa che li so leggere mi tormenta con questa cosa, ma non gli dirò di no; non ho voglia di ferirlo, soprattutto visto che so che inconsciamente l'ho già fatto con Calum.

***

Ė mercoledì pomeriggio e io non sono pronta; sono terrorizzata dal dover rivedere i miei genitori e dovergli dire che ancora in quasi due settimane non ho concluso assolutamente nulla, non sto migliorando; forse il contrario, inizio ad avere più paura delle persone che delle cose e delle azioni, e questo non va affatto bene, devo vivere in un mondo pieno di persone, dovrò lavorare come stilista della città, quindi avere molte interazioni con la gente e non mi rincuora per niente tutto questo.


Sono seduta a gambe incrociate sul letto, ho lo sguardo fisso davanti a me, imbambolata per colpa dei miei pensieri, non sto realmente realizzando, non so come mi devo comportare; io non sono fatta per le feste, io non sono fatta per questa città e basta. Se solo fossi nata in un'altra città, in un altro Stato o Continente questo problema non si sarebbe mai posto; perchè al di fuori dai confini di Emotions Town a nessuno importa se le tue emozioni sono tutte bilanciate al 100%, a nessuno importa se hai tendenze a non amare o ad essere sempre sull'orlo di una crisi dinervi. E al mio stesso pensiero alzo gli occhi su Calum, che sta proprio per avere una crisi, ha saltato un bottone della sua camicia nera e ora sono abbottonati tutti sballati, già sbuffa e li sta sbottonando con frenesia; borbotta sottovoce e scuote la testa. Michael è pronto, sta tirando su e sparando in tutte le direzioni i suoi capelli rosso fuoco. Ha una camicia bianca e un semplice pantalone nero; la particolarità del suo outfit è che la tasca della camicia che indossa è rossa. Sono stata abituata, per via del lavoro di mia madre, a notare i dettagli degli abiti delle persone, è un po' come se c'è l'avessi nel DNA. «Calum,» sussurro, con un coraggio che non so neanche da dove mi sia venuto fuori, io non voglio veramente che lui senta il mio richiamo, potrei farlo arrabbiare più di quello che già è. Alza la testa dai bottoni e mi guarda, interrogativo; anche Amore mi sta guardando, non si aspetta nessuno che io lo consideri o chiami in nessuna situazione. «Posso aiutarti?» Non appena pongo la domanda vedo l'espressione del rosso trasformarsi in un sorriso smagliante, fiero della mia azione. Mentre il viso di Rabbia è impassibile, non capisco se la mia proposta gli sia piaciuta o meno; si avvicina al mio letto, dove ai piedi c'è poggiato il mio vestito, durante il breve tragitto che compie si sbottona del tutto la camicia. Mi alzo dal letto e senza guardarlo direttamente negli occhi inizio ad abbottonare l'indumento dal primo bottone, quello del colletto; la stoffa nera è soffice al tatto e al disotto di essa sento in contrasto il petto del ragazzo, ben solido. Lentamente, per colpa del terrore che provo nei confronti di Calum abbottono l'indumento; quando arrivo all'altezza del cuore lo sento battere forte, quasi potesse uscirgli fuori dalla cassa toracica da un momento all'altro. E si, in quel momento avrei tanto voluto alzare gli occhi e guardarlo, ma ricordo il nero e l'oscurità che le sue iridi nascondono al loro interno, non voglio farmi inglobare dall'oscurità. «Fatto,» mi allontano quasi di scatto, risedendomi sul letto per accarezzare la stoffa del mio vestito turchese, sembra seta e sparse ha delle decorazioni in strass. «Dalia.» Amore mi richiama e io alzo la testa, "Grazie" mima stando ben attento a non farsi vedere da Rabbia, io gli faccio un cenno del capo. Non so perchè io abbia aiutato Calum, forse per evitare di fargli spaccare qualche altra cosa presente nella stanza o forse perchè dopo stasera per una settimana non lo vedrò più. Mi sono sentita di farlo, come fosse stata una sfida contro il mio orrore per quel ragazzo e più o meno me la sono cavata. 


Decido che è ora di prepararmi per la mia morte, prendo l'abito e mi chiudo in bagno; mi spoglio e mi lavo; lascio che l'acqua calda scivoli sul mio corpo portandosi via con se anche un po' dell'ansia che ho avuto prima, è passato, gli sono stata molto vicina e non sono morta dalla paura. Questo è un piccolo passo avanti. Quando esco dalla doccia riesco a captare un frammento della conversazione che sta avvenendo tra i miei compagni, poggio l'orecchio sul legno della porta per sentire meglio. «Non ha smesso di avere paura di me, non smetterà mai.» La sua voce inconfondibile è dura e tagliente. «Cal, ci ha provato, ti ha fatto un favore perchè si vedeva che ti stavi innervosendo. Non sono l'unico stanco dei continui buchi che ci ritroviamo in camera.» Michael sembra esasperato. «Ora in questa settimana cerca di farle passare la paura dell'altezza con tutto l'amore e la gioia che ti trovi in corpo...»Non è più arrabbiato, sembra rassegnato. «Non ti odierà per sempre...Non è colpa sua.» E mi ritrovo ad annuire, non è colpa mia. Ma neanche colpa sua.

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