Capitolo 4

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Domenica, 20 ottobre 2024, ore 5:30,

Aeroporto di Napoli.

Per tutto il tragitto verso l'aeroporto, i miei genitori non fecero altro che parlare del risultato delle elezioni, mio padre ne era entusiasta, a quel punto decisi di mettere le cuffie nell'orecchio per smetterla di ascoltarli... d'altronde... facevo parte di quella categoria che la neopresidente del consiglio reputa deviati: tatuata, con il vizio del fumo, ogni tanto faccio anche uso di alcool, ma solo perché mi piace divertirmi, non perché ne sia dipendente, oh, dimenticavo...lesbica. Comunque, controllavo compulsivamente l'orario spaventata dall'idea che potessi perdere l'aereo e mandare all'aria quell'occasione, era un sogno che stava diventando realtà e non potevo permettermi che succedesse.

Scesa dalla macchina, aprì il portabagagli e presi la valigia, poggiandola sull'asfalto, poi fu il turno della chitarra. Tenevo stretta il manico della custodia come se avessi paura di perderla (e ci mancherebbe visto quello che mi era costata).

Mia madre mi teneva stretto l'avambraccio, sembrava restìa a lasciarmi andare e per quanto fossi combattuta, quella era la mia grande occasione ‹mamma, stai tranquilla, ci rivediamo presto!› dissi, cercando di tranquillizzarla ‹è la prima volta che voli così lontano, se mai dovessi avere qualche difficoltà, non esitare a chiamarci, capito? Noi siamo qui per te!› mia madre mi abbracciò forte e quando mi lasciò andare notai gli occhi lucidi ed una lacrima rigarle il viso, gliel'asciugai con il pollice ‹‹non temere, starò bene!›› la tranquillizzai, ricambiando l'abbraccio, che concessi anche a mio padre e mio fratello.

Annunciarono il mio volo e di conseguenza fui costretta a separarmi dai miei genitori e da mio fratello, mi misi in fila aspettando e di tanto in tanto, gettavo un occhio sui miei che non si erano mossi dal loro posto, in attesa che salissi su quell'aereo. Mi indicavano e sorridevano, in quell'istante, però, un'altra persona entrò in scena e mi gelai, alle loro spalle fece il suo ingresso la ragazza che tanto desideravo rivedere, sorrisi e non riuscì a distogliere lo sguardo, ero incredula, non credevo l'avrei rivista così in fretta, lei era intenta ad inviare messaggi con il cellulare, pochi secondi dopo, lo ripose in tasca e alzò lo sguardo, intrecciandolo con il mio.

Sul suo viso si formò la stessa espressione di stupore che avevo io, nessuna di noi si aspettava che ci saremmo rincontrate sullo stesso volo, nella stessa direzione. Forse era un segno, e avrei dovuto comprenderlo la sera stessa che c'eravamo incontrate, lei era il principio del modo in cui la mia vita sarebbe cambiata, e... non potevo che esserne meno felice.

La fila si sfoltì, ed io la seguì, attaccai una targhetta al manico della custodia della chitarra e la misi sul nastro trasportatore, mi voltai verso i miei parenti, li salutai con un ultimo cenno di mano ed entrai nel tunnel per salire a bordo dell'aereo.

Il mio stomaco si stava prendendo a pugni da solo, ero nauseata, nervosa, ma contenta, guardai il biglietto e il numero del mio posto a sedere, 16B: quello accanto al finestrino.

Mi alzai sulle punte per mettere il bagaglio a mano nel portabagagli, ma si rivelò un'impresa più ostica del previsto, complice anche il nervosismo che mi causava un leggero tremore alle mani, iniziai a prendermela con il povero scompartimento ‹‹entra dentro!›› imprecai ‹‹lascia fare a me›› disse qualcuno alle mie spalle, offrendosi di aiutarmi, sollevò il mio bagaglio e riuscì ad incastrarlo perfettamente nello scompartimento, indietreggiò e mi fece spazio per farmi accomodare ‹‹grazie›› sussurrai imbarazzata, lei sorrise ‹‹di nulla!›› rispose, accomodandosi accanto a me ‹‹fai finta di non riconoscermi?›› mi chiede ironica, io la guardai senza riuscire a proferire parola ‹‹no, tutto il contrario, in realtà...›› rispondo sincera ‹‹ma... avevo paura che se avessi aperto bocca ti saresti dissolta›› aggiungo, lei ridacchiò e si morse il labbro ‹‹che c'è da ridere?›› le chiedo confusa ‹‹nulla, sei solo carina›› risponde semplicemente, mandando il mio cervello completamente allo sbando ‹‹tu, invece? Credevi mi avresti rivista così in fretta?›› le chiedo, lei tornò seria e scosse la testa ‹‹speravo ti avrei rivista, ma... avevo paura di restare delusa, nel caso in cui fosse stata una scommessa a perdere›› ammise, facendomi l'occhiolino.

Sentivo le guance andare a fuoco, era la prima volta che qualcuno mi parlasse così a cuore aperto. Visto che potevo, ne approfittai per guardarla meglio, e non fece che confermare la mia tesi secondo cui... fosse nata per indossare quell'uniforme, glielo si leggeva negli occhi che fosse fiera del lavoro che svolgeva, dei sacrifici che aveva fatto per arrivare a quel punto.

«buongiorno, signore e signori passeggeri!» disse il comandante di volo dalla cabina «vi diamo il benvenuto sul volo Lufthansa LH- 337! vi avvisiamo che stiamo effettuando le manovre di decollo, vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza!»

Ed ecco che quella ragazza divenne la mia sfortunata compagna di viaggio ‹‹sappi che... è la prima volta che prendo un aereo da sola...›› dico, per poi mordermi l'interno guancia ed evitare di infastidirla con la mia parlantina ‹‹se hai paura sappi che posso tenerti la manina›› mi prese in giro, io risi e scossi la testa ‹‹non credo sia necessario, tenente...›› ammiccai, lei mi guardò stupita e con il sopracciglio alzato ‹‹conosci i gradi militari?›› mi chiede divertita ‹‹sì, da piccola sognavo di entrare nell'esercito, ehm... storia lunga›› rispondo, lei ride, poi tornò seria ‹‹abbiamo tempo!›› mormorò «poi cosa ti ha fatto cambiare idea?» mi chiede incuriosita «non ho mai cambiato idea, ma... non sono fatta per la vita militare» rispondo «troppo complicata?» lei sorride, io scuoto la testa «no... sono io che non sono compatibile» ero contenta che la mia compagna di viaggio fosse lei, ovvero qualcuno con cui potevo rilassarmi ed essere sicura di potermi godere il viaggio «capito...» mormorò.

Tra noi calò il silenzio, io ne approfittai per guardare per qualche secondo fuori al finestrino, poi controllai dove fossimo arrivati, mancava una mezz'ora all'atterraggio all'aeroporto di Francoforte, la ragazza al mio fianco si era appisolata, era pacifica, e probabilmente stremata, raggomitolata su sé stessa, tanto bella da fare invidia persino alla luna.

Era ipnotica, o forse ero io che non avevo altro da fare, ma non mi rendevo conto che guardarla dormire sarebbe diventato il mio sport preferito, non avevo ancora capito quanto legate eravamo destinate ad essere. Da quando avevamo parlato quella notte, non avevo smesso un attimo di pensarla, di preoccuparmi per lei come se avessi capito quanto quella ragazza significasse per me.

Mi sdraiai, e rivolsi lo sguardo fuori al finestrino, gli occhi stavano per chiudersi ma, proprio in quell'istante, la voce ovattata del pilota echeggiò «signore e signori passeggeri, vi avvisiamo che stiamo effettuando le manovre di atterraggio presso l'aeroporto di Francoforte» disse, per poi riagganciare il microfono. Il ruotino dell'aereo si agganciò alla pista, il tenente Foster era ancora assopita sul sediolino, e toccò a me provare a risvegliarla.

Le poggiai la mano sulla spalla, feci una leggera pressione ‹‹tenente...›› sussurrai, cercavo di non essere irruenta, anzi, al contrario, delicata. Aprì gli occhi lentamente, mi guardò confusa, poi vide la gente che si stava preparando a scendere, si stiracchiò e si alzò ‹‹grazie per avermi svegliata›› disse, passandomi poi il mio bagaglio ‹‹di nulla, tenente!›› risposi, facendole l'occhiolino, lei rise e si morse il labbro, poi mi tese la mano ‹‹io sono Jen›› si presentò, gliela strinsi ‹‹Sara!!›› lei sorrise. 

From The Same StarWhere stories live. Discover now