1: Passato

17 1 4
                                    

(non fate caso agli errori di battitura)
_________________________________

«Se fossi in te mi rinchiuderei in palestra»
Rimasi a fissarla con i pugni stretti e con gli occhi lucidi, ma sforzati a non piangere davanti a gran parte della scuola. Tutti i suoi amici stavano ridendo, come se ci fosse stato qualcosa di divertente in quello che mi aveva appena detto.
Mano a mano che la mia fragilità iniziava a venir fuori lei rideva sempre di più.
«Sai Isabel, ho sempre pensato a te come una ragazza in gamba» e si avvicinò a me tirandomi successivamente uno schiaffo totalmente inaspettato. Rimasi in silenzio, non mostrai emozioni. «Peccato» e mi squadrò prima di voltarsi per andare a vedere i video che i suoi amici ci avevano fatto.
Avrei potuto urlare, correre verso di lei, prenderla per i capelli e sbatterla contro il pavimento e avere la mia vendetta, ma non feci niente, non potevo più controllare il mio corpo che rimase fermo lì a guardarli mentre mi prendevano in giro e come una stupida vigliacca me ne andai.
Non sapevo cosa fare, era mattina ancora e tutti erano a lezione, tutti tranne James Williams che mentre camminavo si mise davanti a me con il suo skateboard bloccandomi il passaggio.
«Vattene, non ho voglia di parlare con nessuno, figuriamoci con te James, non hai gli allenamenti per i campionati di basket?» rimase a fissarmi.
«Sì, ma non sono venuto qui per vantarmi del mio sport. So cos'è successo nel corridoio»
«fantastico» e lo spinsi via iniziando a camminare più velocemente per evitare che mi vedesse piangere, ma fu più veloce lui a raggiungermi con lo skateboard.
«Bel, fermati». Sentii un forte dolore al petto, non avevo mai sentito nessuno chiamarmi Bel dal 2015, ovvero da quando mia nonna morì, solo a lei piaceva chiamarmi così e finché era felice glielo lasciavo dire nonostante fosse insueto per me essendo sempre stata abituata a sentirmi chiamare Isa e in questo momento, di sicuro, il ricordo di mia nonna non mi aiutò a nascondere le lacrime. Ma in qualche modo quella parola pronunciata da lui mi scaldava il cuore.
Lo diceva, e non so bene come sia possibile, con la stessa leggerezza e dolcezza con cui ero abituata a sentirlo dire da nonna.
Respirai, mi voltai e lo guardai dritto negli occhi.
«James... puoi dirlo di nuovo? Il modo in cui mi hai chiamata, ti prego» lui mi guardò confuso e poi lo disse: «Bel».
Dio, come mi mancava, lo abbracciai. Fu un gesto stupido, non ci pensai un attimo, cercai quindi di allontanarmi, ma lui mi stringeva a sé nonostante non ci fossimo mai o quasi mai rivolti la parola.
«Che ne dici di passeggiare un pochino?» e mi mise le mani sulle spalle.
Mi asciugai le lacrime. «E i tuoi allenamenti?» «farò 5 ore di tiri a canestro domani» e mi sorrise.
James Williams, mi hai sorpreso.
Prima di fare qualsiasi cosa mi disse che saremmo dovuti andare a casa sua per mettere il suo skateboard nel garage, acconsentii.
Ci incamminammo, non ero mai stata a casa sua, ma ero sicura fosse vicina al liceo dato l'anticipo con cui ogni giorno arriva a scuola.
Attraversammo la piazza principale di Parigi e entrammo in una via che non avevo mai visto prima. C'erano molti palazzi, ma li superammo tutti. Arrivammo alle case a schiera, ma non ci fermammo neanche qui. Rimanevano le ville.
Arrivati alla terza villa, la più bella, lui mi fece cenno di fermarmi e di aspettare.
Cavolo. Casa sua era enorme. Mi sentivo a disagio.
«Dad! I am here with a friend, please open! I forgot my keys inside!» lo sentii urlare dal cancello. Mi ero completamente dimenticata che era nato in America e che suo padre era un imprenditore, ora capisco la villa...
«Dear son, one day you'll lose your head too, trust me. Hi» e mi fissò.
«Dad I don't think she sp-» «Nice to meet you Mister Williams! I am Isabel, a school friend of James». Lo guardai, aveva uno sguardo sorpeso e iniziò a sorridere appena mi vide arrossire. «I assume she knows english well Jams, call me Harry, nice to meet you too Isabel, I hope you'll change my boy because I can't stand him, he's-» «She totally understood!».
Iniziai a ridere per il suo imbarazzo.
«non ridere» e mi guardò. Suo padre mi fece cenno di seguirlo e così feci.
L'entrata della sua casa comprendeva tre piccoli scalini prima di arrivare alla porta, bianca rifinita di dettagli d'oro. Entrata dentro potei subito notare l'amore dei genitori di James per il marmo, date le pareti. I mobili bianchi e i divani di pelle. Una casa moderna, ma elegante allo stesso tempo.
«Ti chiedo davvero scusa per mio padre, se dovesse arrivare pure mia madre, dubito riusciremo a uscire da qui». Sembrava davvero dispiaciuto, «Non ti preoccupare, tuo padre è molto simpatico e penso proprio che non creda al fatto che siamo solo amici» e continuai a fissarlo.
«Facciamo in modo che ciò a cui crede si avveri allora» e si avvicinò come se volesse baciarmi,
«Frena Jams, ti ricordo che non ti conosco».
«Scherzavo Bel, mi conoscerai, stanne certa» e mi sorrise.
Andammo in camera sua, la mia camera a confronto era uno sgabuzzino, aveva un letto enorme sul quale mi gettai come un peso morto, lui venne accanto a me e iniziò a farmi il solletico, non riuscivo a smettere di ridere.
Non so da dove era arrivata tutta questa confidenza, ma mi sembrava di conoscerlo da una vita, che sensazione stupenda.
«Basta Jams ti prego hai vinto tu». A quelle parole smise di farmi il solletico.
«Vinco sempre Bel» e mi diede un bacio sulla fronte.

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Jun 30, 2023 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

L'errore di una vitaWhere stories live. Discover now