Capitolo 3

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Belinda raggiunse la lavagna con fare alquanto incerto e l'unghia del pollice destro tra i denti a scaricare la pressione.

«Dai su, risolviamo l'esercizio numero trentatré»

La maestra le porse il gessetto, ormai ridotto ad un misero cubetto, e lei iniziò a ricopiare il testo dell'esercizio sulla lavagna.

Era un problema di quelli elementari, in cui ti
chiede di applicare una formuletta base per arrivare alla soluzione: in questo caso, l'argomento su cui la formula verteva era tara, peso netto e peso lordo.

Mi piaceva molto come argomento: era la perfetta dimostrazione di come una materia così metodica come la matematica potesse essere applicata anche alla vita reale.

Mi girai verso il banco di Roger: stava continuando a disegnare, intervallando ogni tanto occhiate ai lunghi capelli biondi di Belinda e al testo che stava scrivendo alla lavagna;

inutile dire che trovavo molto più interessanti le proprietà dei logaritmi.

Una volta ricopiato il testo, Belinda puntò il gessetto perpendicolarmente alla lavagna, quasi sembrasse in procinto di scrivere qualcosa, e rimase immobile per qualche secondo, finché la Schneider non le fece qualche domanda per capire se effettivamente si trovasse ancora su questo pianeta.

Oh, i pianeti: un'altra delle cose per cui avrei potuto parlare per ore.

«Belinda» irruppe la maestra.

La bambina si voltò lentamente verso di lei tirando un lungo sospiro dal naso e con le labbra ripiegate verso l'interno.

Non proferì parola.

«Passiamo alla teoria, magari ti è più semplice».
«Cosa s'intende per "spesa"?»

Tutta la classe si tramutò in un roteare continuo di sguardi perplessi, a volte divertiti, per tutta l'aula che alla fine di questo immenso girovagare nel nulla ricadevano sempre sull'interrogata.

Belinda continuava a non rispondere.

«E sia, ti richiamo un altro giorno; studia meglio la prossima volta»

«Va bene» rispose la bambina con voce bassa e tremolante.

Belinda era una delle persone della mia classe che capivo di meno: c'erano giorni in cui la vedevi studiare da matti e prendere voti davvero alti, altri invece in cui di libro non ne apriva mezzo e passava il tempo a giocare con i giocattoli che portava, all'insaputa della maestra, a scuola.

La guardai tornare a posto con la testa abbassata e una mano nella tasca del pantalone, la stessa che prima aveva torturato sotto i suoi stessi denti.

Sì sedette al suo banco posizionato all'ultima
fila, rimise il libro e il quaderno di matematica in cartella e poggiò la testa sul banco.

***

Non appena suonò la campanella di quell'ora chiusi anche io le mie schede sui logaritmi nel raccoglitore che mi aveva regalato mio padre e mi preparai all'ora successiva, forse la più noiosa di tutte: tedesco.

La maestra approfittò della campanella per uscire e prendere un caffè; nel mentre, io mi alzai e mi diressi verso il banco di Roger, curiosa di sapere cosa avesse disegnato per tutta l'ora.

«Allora, che hai disegnato di nuovo?».
Mi appoggiai con entrambe le mani al
suo banco inclinando leggermente la testa per interpretare meglio quel foglio.

Notai subito la forma di una volpe in mezzo a quella che sembrava essere una sorta di foresta ancora da delineare bene e colorare.

«Ho immaginato una storia che mi piacerebbe anche scrivere su carta un giorno di questi: una volpe che, in preda alla curiosità, decide di uscire fuori dal suo habitat naturale per scoprire come vivono altre specie diverse da lei, tra cui gli insetti e gli scoiattoli!» iniziò a spiegare muovendo le braccia quasi come se nel disegno ci fosse entrato e mi stesse mostrando l'ambiente circostante.

«Gli insetti?»

«Sì, gli insetti! Prova ad immaginare una volpe che prova ad imparare a volare dopo aver conosciuto una coccinella».

Roger aveva fantasia.
A volte anche troppa.
Ma questa era una delle cose che più apprezzavo di lui.

Nel mentre di questa dettagliata descrizione, mi voltai verso il banchetto dietro al suo, che apparteneva a Belinda, e notai un folto gruppo di bambine avvicinarsi al suo banco e chinarsi verso di lei.

Aveva iniziato a piangere.

Deciso così di avvicinarmi per capirci qualcosa in più.

One Hundred and Thirty-fiveTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon