Capitolo 3

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Siamo usciti dalla galleria già da un quarto d'ora, credo, e il sole continua a splendere all'esterno del treno. Mi costringo a guardare fuori e a concentrarmi sul paesaggio sempre uguale che scorre veloce sotto i miei occhi, ma le voci di Giulia e Tommaso sono troppo vicine per ignorarle. E mio malgrado sono costretta a sentirli flirtare mentre un fastidio mi punzecchia dall'interno, facendomi perdere preziosi battiti di cuore. Incrocio le braccia al petto e faccio finta che non esistano, ma una risata improvvisa di Giulia mi ridesta da quel broncio che non riesco a togliermi. Non posso fare altro che guardarli e mi sciolgo nel vedere Tommaso che le sorride, compiaciuto forse dalla propria battuta.

Caspita, cosa darei per essere guardata così!

Impossibile. Sofia, ricordati che è impossibile.

Ma poi che mi prende? Sono gelosa? E di chi? Neanche mi conosce! E se mi conoscesse non perderebbe di certo tempo con una con me, in confronto a questa stangona che ha davanti!

Nel frattempo, non so ancora dove siamo o dove stiamo andando e quando arriveremo. Alterno lo sguardo tra i due ragazzi e il gatto, quando un raggio di sole proveniente dall'esterno sembra più accecante degli altri: trapassa il vetro e investe il treno illuminandolo, se possibile, ancora più di prima. Nessuno sembra essersene accorto.

Mi guardo intorno ma riesco solo a percepire una frase di Tommaso: "Potremmo visitarla insieme...". Non so a cosa si riferisca, perché ho perso un brandello di conversazione, ma sento Giulia dire subito di sì. Ovviamente.

Il fascio di luce investe tutto il vagone costringendomi a chiudere gli occhi che già lacrimano. Sento un vuoto incredibile, nessun suono se non un sibilo leggero che mi fischia nelle orecchie. Anche attraverso le palpebre chiuse posso notare quanto sia luminoso il treno in questo momento, ma non riesco neanche a sbirciare cosa stia succedendo. Sembra come se una cometa ci avesse investito tutti.

Ho dei dubbi su Tommaso e Giulia, tuttavia. Se io sono invisibile, loro vengono comunque accecati dal raggio proveniente dall'esterno? Non saprei.

Dopo un momento che, in realtà, non so dire se sia un minuto, un'ora o più, sento che l'atmosfera è cambiata, la luce è meno intensa e una leggera brezza mi accarezza il viso. Riapro gli occhi e non sono più sul treno. Non ho idea di come sia potuto succedere, ma mi ritrovo in piedi sulla banchina di quella che sembra essere una stazione ferroviaria desolata, con il mio zaino ai piedi e nessuno a cui chiedere aiuto, nemmeno Tom.

Mi guardo più volte intorno ma riesco a percepire solo il cinguettio non troppo lontano di qualche uccellino, il sibilo leggero del vento che mi scuote i capelli e il mio respiro.

«Andiamo, ormai manca poco» sibila alle mie spalle il felino, che zampetta con la coda dritta verso il cielo, il passo sicuro e rapido, volto a sorpassarmi e a farsi seguire.

«Vuoi spiegarmi cos'è successo, di grazia?» replico io con sarcasmo. Faccio giusto in tempo a mettermi lo zaino sulle spalle, che già devo mettermi quasi a correre per raggiungere Tom.

«Non sono io a dovertelo dire» fa lui, lapidario.

Sbuffo, gettando occhiate a destra e a manca in cerca di qualche indizio su dove ci troviamo. La banchina costeggia da una parte i binari, dall'altra un edificio basso dove normalmente ci dovrebbero essere biglietterie, bar, servizi igienici, ma che sembra abbandonato a sé stesso, pur avendo un aspetto pulito e ordinato. In alto, due pali d'acciaio sostengono un cartellone blu con una scritta bianca: "Terra d'Aniensis". Si direbbe il nome di questa fermata. Mai sentita. Non so dove siamo.

Camminiamo verso delle scale in pietra che, al termine della banchina, ci conducono su un sentiero sterrato. Più in là la strada si inoltra in una sorta di foresta, non troppo fitta, con alberi di pino, abeti, platani e arbusti sparsi qui e là. Spuntano fiori di ogni colore e forma sotto i miei occhi e, man mano che avanziamo, mi accorgo che l'aria è limpida, pulita, sa di buono e non certo di città e smog. Respiro a pieni polmoni beandomi del paesaggio e della natura che, devo dire, mancava un po' nella mia vita.

La Favola del TempoWhere stories live. Discover now