3. Arrivo alla Spiaggia

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- Volete delle risposte, lo capisco -. Parlava lentamente, come se ogni sua parola contenesse un significato nascosto e lui volesse darci il tempo di recepirlo.
- Ed ecco quindi -, Takeru ha indicato la parete dietro di sé con un gesto apertamente teatrale. Una donna ha attraversato la sala e ha premuto un pulsante che sporgeva dal legno. Alle spalle di Takeru, la parete ha cominciato a scorrere fino a rivelare un tabellone rappresentante tutte le 52 carte da gioco. Molte erano segnate da una X.
- Capite, ora? -.
Io e Arisu ci siamo scambiati uno sguardo, e nei suoi occhi ho percepito la mia stessa confusione.
- Non poteva essere più ovvio. Tutti noi avevamo la risposta a portata di mano dall'esatto momento in cui siamo arrivati qui -. Takeri ha sorriso e si è voltato a osservare il tabellone.
- Vedete, - ha continuato - il nostro obiettivo, qui alla Spiaggia, è quello di superare ogni game e raccogliere tutte le carte da gioco in circolazione. Solo quando ogni singola carta sarà in nostro possesso avremo la possibilità di lasciare questa realtà. O meglio... –. Takeru si è voltato nuovamente verso di noi, -... una persona avrà la possibilità di lasciare questo mondo. E si dà il caso che questa persona sia proprio io -. Ha aperto le braccia per sottolineare l'inevitabilità della cosa, quindi ha sorriso di nuovo mostrandoci il polso. Indossava un braccialetto identico a quelli che avevamo visto poche ore prima fuori dall'arena. Su quello di Takeru si distingueva chiaramente il numero 1.
- Confidiamo nel fatto che così agendo tutti noi, prima o poi, torneremo alla realtà che conosciamo. Ognuno a suo tempo, certo...-.
Sì è sfilato gli occhiali da sole e li ha posizionati sulla testa a tirare indietro i ciuffi di capelli.

Nei suoi occhi un misto di superbia e curiosità.
- Sappiamo che avete guadagnato diverse carte da gioco... Le consegnerete a noi -.
Ho sentito il ginocchio di Usagi premere contro la mia coscia. Arisu si è agitato leggermente sulla sedia accanto a me.
- E se ci rifiutassimo? - ha poi chiesto, una nota d'insicurezza nella voce.
Takeru è scoppiato a ridere, ma qualche istante dopo sul suo viso era rimasta solo l'ombra di un sorriso sarcastico. - Domanda lecita. Ma lascia che ti spieghi...-.
Ha puntato i suoi occhi su Arisu. - Qui alla Spiaggia abbiamo tre regole, solo tre -.
Ha sollevato il pollice: - Tutte le carte da gioco guadagnate vanno consegnate allo staff nel momento in cui si torna dai game. Seconda regola -, mentre sollevava il dito indice, il suo sguardo si è spostato su di me - si indossa sempre il costume da bagno, non vorremmo mai che qualche furbetto nasconda armi sotto i vestiti. Terza e ultima regola... -, ha alzato il medio, ha inspirato profondamente e le sue labbra si sono ammorbidite in una specie di sorriso. -... morte ai traditori -.
Nella sala è calato un silenzio carico di tensione.

È stata Usagi la prima a interromperlo: - Immagino che queste regole valgano per chi decide di restare alla Spiaggia. E se noi volessimo andarcene? -.
Takeru ha sollevato le sopracciglia in un'espressione di finta incredulità. - Ma come, dopo tutta la fatica che avete fatto per trovarci? –
- Preferiremmo continuare da soli -. Arisu è intervenuto a sostegno di Usagi, la sua voce questa volta era ferma e decisa.
- Sì, forse è meglio che...- ho provato a inserirmi nella conversazione, ma Takeru mi ha interrotta bruscamente.
- Ora ci consegnate le vostre carte e stasera giocherete per noi -. Nel suo tono non c'era più scherno, solo impazienza. - Mi hanno riferito che il vostro Visto scadrà tra un giorno, ma consideratela una prova d'ingresso. E se posso darvi un consiglio... ricordatevi sempre la terza regola. Bene, - Takeru si è diretto verso la porta, seguito dai suoi uomini - avete qualche ora di tempo per riposarvi, Yuhei vi mostrerà le vostre stanze -.
Poi, prima di scomparire oltre la porta, un sorriso: - Godetevi il vostro soggiorno alla Spiaggia, amici -.
Più tardi, seguendo la folla di gente fino alla sala d'ingresso della struttura, avremmo rivisto Takeru affacciarsi da una balconata per un lungo discorso motivazionale prima dei game. L'atmosfera carica di reverenza, le urla, il delirio, gli applausi, ogni cosa lasciava trasparire il fascino che quell'uomo esercitava sull'intera Spiaggia.

Ma prima di tutto ciò Yuhei, un uomo di circa trent'anni, ha accompagnato me e Usagi alla nostra stanza: due letti singoli, un armadio a muro, una scrivania.
- Niente chiavi, sono vietate. Ai piedi del letto trovate i vostri costumi da bagno. Fatevi trovare all'ingresso prima del game, verrete accompagnati in macchina alle diverse arene. Ora scendete pure a divertirvi, gli altri sono tutti giù -. Yuhei ha lanciato un'ultima occhiata a noi e alla stanza ed è scomparso oltre la porta senza salutare.
Quel pomeriggio lo abbiamo trascorso in piscina. Ci siamo seduti su una sdraio e abbiamo guardato decine e decine di persone sfilare davanti a noi in costume da bagno, sorseggiare il loro cocktail a bordo piscina, ballare sulla musica del momento.
Per un attimo, per un surreale, brevissimo attimo, ho quasi dimenticato di essere in un mondo totalmente diverso da quello che conoscevo.
Sono stati i discorsi di Arisu e Usagi a riportarmi alla realtà.
- È colpa mia. Non avrei dovuto portarvi qui -. Arisu aveva la testa china, le mani tra i capelli. Le scapole bianche sporgevano sulla schiena nuda.
- Smettila, era l'unica pista che avevamo, non potevamo sapere - ho ribattuto. - Dite che è vero? Voglio dire... se raccogliamo tutte le carte da gioco, una persona potrà tornare alla realtà di prima? –.
- Sono solo ipotesi le loro -. Mi ha risposto Usagi. - Ho l'impressione che ne sappiano quanto noi. Il problema vero è che ora siamo intrappolati qui dentro - ha sospirato.

Quella sera, dopo il discorso di Takeru, siamo stati accompagnati alle varie arene. Per la prima volta dopo giorni abbiamo giocato separati: io e Arisu siamo riusciti a rimanere assieme, mentre Usagi è stata costretta a partecipare a un diverso game.
Con me e Arisu c'erano Ann, una ragazza della stretta cerchia di Takeru, e altri 5 partecipanti. Due di loro, Kuina e Tatta, avrebbero giocato un ruolo importante nelle nostre vite, ma ancora non lo sapevamo.
Durante il game siamo stati chiusi in una piccola stanza dalle pareti d'acciaio. Ai quattro lati, alcuni tubi introducevano incessantemente dell'acqua, che ben presto ci è arrivata alle ginocchia. Sopra di noi, un groviglio infinito di cavi elettrici. Una ragazza è morta fulminata prima ancora che cominciasse il gioco per averne accidentalmente toccato uno.
Lo scopo del game era capire quali, tra gli interruttori posizionati sulla parete - A, B, C - accendesse la lampadina nascosta dietro a una porta.
Mentre il livello dell'acqua si alzava, Ann osservava attentamente me e Arisu per capire come ragionavamo. Conosceva la risposta, era evidente, la sua calma era spiazzante.
Io, annebbiata dal panico, a malapena ricordavo tutte le regole del gioco. Ho capito che aveva abbandonato ogni speranza su di me quando ha cominciato a concentrarsi su Arisu soltanto.
Gli altri partecipanti supplicavano Ann di dare la risposta e porre fine al gioco, ma lei ha continuato a fissare Arisu con ostinazione, ad ascoltare i suoi ragionamenti. Scuoteva la testa con espressione accigliata quando lui tirava a indovinare.
- Ti arrendi? - Ann era imperturbabile.
L'acqua era ormai alle spalle.
Arisu non ha risposto, ma sapevo cosa stava accadendo: altre volte durante i Game avevo visto i suoi occhi illuminarsi in quel modo. Aveva capito.
Dopo aver ordinato di chiudere la porta dietro cui era collocata la lampadina, Arisu ha abbassato l'interruttore con la lettere A, quindi ha chiesto di aprire nuovamente la porta, e ha tirato giù l'interruttore B. Solo allora ha chiesto a Kuina di toccare la lampadina.
- Scotta – ha risposto lei, ritirando la mano con uno scatto.
- A - dice Arisu. - La risposta è A -.
L'acqua era quasi arrivata al mento.
- Finalmente -, ha mugugnato Ann con una certa impazienza, ma nei suoi occhi è apparso un lampo di soddisfazione.

Siamo tornati alla Spiaggia e ricordo perfettamente la gioia di quando ho rivisto Usagi. Ci siamo stretti tutti e tre in un abbraccio, era la prima volta succedeva. Esausti, ci siamo messi a ridere senza una ragione, e abbiamo continuato a ridere mentre ci spintonavamo su per le scale, fino alle nostre stanze. Ci siamo dati la buonanotte mentre dal piano di sotto provenivano, appena ovattate, la musica e le grida festose dei sopravvissuti.

Io Usagi e Arisu siamo arrivati alla Spiaggia in cerca di risposte, ma a al loro posto abbiamo trovato solo altre domande a cui dover rispondere. Volevamo sapere dove fosse finito il resto dell'umanità, chi fosse l'inventore dei giochi, quale fosse il senso ultimo di questo universo parallelo, e soprattutto se fosse possibile una via d'uscita da questa follia perversa.
Tuttavia, abbiamo ben presto capito che qui le persone non erano diverse da quelle che vagavano per la città nell'attesa del gioco successivo: avevano lo stesso sguardo animale, la stessa paura di morire, la stessa volontà viscerale di sopravvivere nonostante tutto. Con un'unica differenza: si erano unite a formare un'organizzazione propria, una civiltà con leggi proprie e un proprio leader. Una bolla di normalità apparente sospesa in un mondo fatto di morte, dove l'unica regola è divertirsi il più possibile, finché è possibile. Ma avremmo presto scoperto tutte le ombre che si nascondevano dietro a quella facciata sfarzosa e luccicante.
Ed è proprio qui, alla Spiaggia, che ha avuto inizio la storia che voglio raccontarvi, il mio incubo nell'incubo, l'orrore nell'orrore. Il suo nome è Niragi.

La Spiaggia senza leggi Where stories live. Discover now