Prologo

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Per millenni ho vissuto nel segreto, nascosto nell'ombra con la mia spaventosa e temuta oscurità, solo al mondo, fino ad ora. Sono l'essere più temuto di tutti e questa è la mia storia.

Io e mia madre Baghra, trascorriamo la nostra esistenza fuggendo incessantemente da un luogo all'altro, con la convinzione che, forse, per noi non esiste proprio un posto sicuro. Perché entrambi non siamo solo Grisha, ma i più potenti e letali soprattutto io. Temiamo che vogliono ucciderci e braccati da chi vorrebbe sfruttare i nostri doni, cerchiamo di nasconderli ovunque andiamo. Ma questo "dono" è pericoloso per me io stesso sono pericoloso e forse sono molto più potente e spaventoso di quanto mia madre tema.
"Ci sono streghe nel bosco. Non ridere figliolo. Si nascondono tra gli alberi."
Nei villaggi e nelle città. Forse ci stanno ascoltando ora. Scuoti acque che comandano i mari, Chiamatempeste, i venti e Inferni, che plasmano il fuoco. Spaccacuore che possono schiacciarti i polmoni nel petto. A nord nelle fredde distese di Fjerda, a sud nelle foreste e nei campi di Ravka, e qui nelle terre di confine, quelle creature, quelle persone, si aggirano per il nostro mondo, deformandolo a loro piacimento. Sono maledetti e portano sciagure ovunque vanno. Li chiamano streghe ma tra di loro si chiamano Grisha.
Terre di confine nel sud di Fjerda.
"Qualcosa non va?"
"Quello è un villaggio di otkazat'sya, vero? Avevi detto che saremmo arrivati domani al campo Grisha. È sicuro un campo così vicino a un villaggio?"
"Se il tempo regge. Quando ci sarà la neve alta, nessuno si avventurerà per questi passi di montagna. Neanche per cacciare. Il campo sarà sicuro. Allora come ti chiami?"
"Eryk."
"Di dove sei?"
"Di Balakirev."
"E come mi chiamo io?"
"Madraya."
"Ragazzino impertinente. Speriamo che non ci provi l'Ulle a chiamarmi "mamma". Dimmi come mi chiamo."
"Lena. Per adesso."
"Per adesso."
"È necessario cambiare nome ogni volta?"
"Si e lo sai. Il mondo non è sicuro per i Grisha. Ed è ancora più pericoloso per noi due. Non puoi essere un bambino come gli altri."
"E se mi chiedono di mio padre?"
"Tu dici che è morto."
"Lo è?"
"Lo sarà. Nel giro di un istante. Ma tu gli sopravvivrai di cento anni, forse mille, forse di più. Lui è solo polvere per te. Dimmelo di nuovo. Come ti chiami?"
"Eryk."
"Di dove sei?"
"Balakirev."
Ci fermiamo per la notte o meglio così credo ma a quanto pare mi fermo solo io per la notte.
"Starai qui stanotte" dice mia madre.
"E tu?" le chiedo.
"Io vado avanti in esplorazione. Sai che i Grisha sono sempre diffidenti verso gli estranei. Ecco guarda."
Mi mostra la mappa.
"Noi ora siamo qui. Il campo è a poche ore di strada. Pane di segale. Borraccia. Dovrebbero bastarti per una notte. Dovrò prendere la lanterna."
"Ma... è l'unica che abbiamo."
Dico seguendola fuori dalla capanna.
"Lo so. Mi serve per farmi luce. Sarai bene, vero?"
Sei troppo grande per aver paura del buio.
"Starò bene."
"Per mezzogiorno sarò tornata."
Dice per poi andandosene.
Torno nella tenda e mangio il pane ma sento il vento che ulula. Mi metto sotto le coperte.
Sei troppo grande per aver paura del buio.
"Come ti chiami?"
"Eryk"
Eryk, Arkady, Iosef, Staski, Anton, Kiril. Cento nomi, una storia nuova per ogni villaggio, accampamento, città. Impariamo il più possibile, poi riprendiamo il cammino, cercando di nascondere le nostre tracce.
"Alzati." Dice mia madre aprendo la tenda
Mi alzo e la seguo fuori. 
"Se qualcosa va storto, sai cosa fare..." dice lei tornando sul dosso del cavallo.
"Lo so." Dico comprendomi gli occhi per guardarla.
"Combatti e continua a combattere."
Ci incamminiamo verso il campo e riprende a farmi l'interrogatorio.
"Come ti chiami?"
"Eh? Io... Eryk."
"Continua a esercitarti."
Dopo qualche ora finalmente arriviamo al campo.
"Eccolo. Potremmo passare l'inverno con loro."
"Per quanto tempo?"
"Fino al disgelo."
"Tre mesi? Quattro? Nello stesso posto?"
"L'Ulle è un Chiamatempeste potente, ha combattuto contro i nuovi cacciatori di streghe Fjerdiani. Non ci farebbe male imparare qualunque cosa abbia da insegnarci."
"Va bene." Rispondo con gli occhi pieni di speranza.
"Va bene? Ho visto come ti si sono illuminati gli occhi. Ricorda solo che più ci fermiamo, più dovrai essere prudente."
Nel frattempo entriamo nel campo.
"Guarda, è uscito l'Ulle in persona ad accoglierci."
"L'hai già detta quella parola. Cosa significa?"
"Ulle significa capovillaggio. Dovremmo lavorare di più sul tuo Fjerdiano."
"Conosco già lo Shu e il Kerch, oltre il Ravkiano..." affermo.
"Devi saperti mescolare ovunque."
"Chi sono quegli altri uomini?"
"Si fanno chiamare anziani. Sono vecchi che si accarezzano la barba e si elogiano a vicenda per la loro saggezza."
Si avvicina a noi il capo villaggio.
"Benvenuta, Lena! Com'è stato il viaggio?"
"Faticoso." risponde mia madre.
"Mi metti in imbarazzo. Gli anziani avrebbero mandato volentieri uomini e cavalli a prendere Eryk."
"Nè io nè mio figlio abbiamo bisogno di tali attenzioni."
"Può darsi... ma sappi che siete entrambi benvenuti qui."
"Così dici tu ma il comitato di accoglienza sembra piuttosto riluttante."
"Schiocchezze. Al contrario, gli anziani si riuniranno tra poco e saremmo onorati di averti tra noi Lena."
"Ah si?"
"Alcuni sono contrari alla presenza di una donna in un'assemblea del consiglio ma sono stati sconfitti ai voti."
"E' sempre un bene essere sinceri Ulle. Così ora so esattamente quanti idioti dovro' lavorarmi."
"Sono legati alle abitudini e tu non sei solo una donna, sei ehm temono che tu non sia del tutto naturale."
"I primi uomini che videro un orso pensarono fosse un mostro. Il mio potere è insolito, non innaturale. Un orso è comunque pericoloso. Ha artigli e denti e può dilaniare un uomo. Gli uomini hanno lance e spade. Non fare il rammollito con me, Ulle. "

The Immortal DarknessWhere stories live. Discover now