|1| La storia di Lea

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Kalea:

Mia madre era bella.
Ricordo ancora i suoi lunghi capelli rossi e ondulati, la sua pelle chiara, le sue guance rosse, i suoi occhi neri e profondi e le sue lentiggini.
L'ultima volta che le contai erano trentatré.
Ma la cosa che più ricordo di mia mamma è il suo profumo.
Mamma profumava di ciliegio e di primavera ed era una caratteristica talmente sua, che ogni volta che vedo gli alberi in fiore di questo frutto non posso fare a meno di pensarla.
Quando ero piccola volevo tanto essere come lei, sembrare una principessa come lei, ma io avevo preso tutti i tratti da papà.

Sono sempre stata molto magra, mi si vedevano le ossa e nonostante io mangiassi tanto non ingrassavo.
Ero come un grissino, lungo e stretto.
Mamma invece aveva della belle forme.
Ricordo ancora com'era morbida la sua pelle, come sprofondavo tra le sue braccia e come mi sentivo protetta.

Mamma era sempre una persona positiva. Amava leggere, amava la natura, amava gli animali.
Lei viveva fuori.
Aveva un po' questo animo da bambina che la caratterizzava e lei ne andava molto fiera.

Papà invece è sempre stato un tipo un po' per le sue.
Era visto un po' burbero e sempre scontroso, in verità era un uomo d'oro.
Aveva i capelli neri come la pece e degli occhi verdi come lo smeraldo, che ho ereditato con tanto orgoglio.
Era un uomo alto, che ti guardava con un fare un po' severo, ma in verità lo faceva solo perché lo divertiva incutere timore.
Era un professore d'università e nonostante fosse severo, tutti lo stimavano molto.

E i miei si amavano.
Il loro amore era così genuino e così forte che a volte mi sembravano personaggi di una favola.
Mi fecero passare gli anni migliori della mia vita.
Lui veniva tutto imbronciato dal lavoro, appoggiava la valigetta sulla mensola in corridoio e andava in salotto, dove mamma era seduta sulla sua poltrona a leggere.
Le raccontava la sua giornata, dello stress che stava passando e di come avrebbe voluto lasciare quel lavoro.
Mamma gli dava un bacio sulla guancia e lui si appoggiava alla sua spalla e si addormentava, svegliandosi poco dopo come nuovo.
In verità non ha mai voluto cambiare lavoro, ci teneva molto ai suoi studenti.

Mia madre invece era una pittrice.
Ricordo ancora come impugnava il pennello e come la sua mano ballava sulle tele bianche fino a ricoprirle di colore.
Valeria Mancini riusciva a portare in vita i suoi capolavori e io amavo ammirarli e lodarla.
Era anche un'insegnante di Accademia e da piccola, quando andavo con lei al lavoro,  mi ripromettevo sempre di andare a studiare li.
Non ne ebbi l'occasione.
Un po' perché il mio futuro sarebbe completamente cambiato, un po' perché mamma non c'era più e non trovavo l'interesse di studiare in un posto che mi ricordava lei.

Ogni estate, fin da quando ne ho memoria, la passavo praticamente sempre da nonna Lucia.

Nonna Lucia abitava in un paesino poco lontano dal centro di Roma.
Mi piaceva, era accogliente.
C'era una scuola materna, ben due scuole elementari, una di queste la frequentavo io, quella più vicina a Roma, una scuola media e due licei, lo scientifico e il classico.
C'era un bar proprio nella piazza del paese.
C'era tutto quello che serviva per il minimo indispensabile, però quando si aveva bisogno di qualcosa di più specifico bisognava andare a Roma.

Inizialmente ero solo io, ma ero talmente piccola da non ricordami quei giorni, io le estati da nonna me le ricordo sempre con mio fratello Cedric.

Cedric è nato due anni dopo di me, anzi, non li avevo ancora compiuti i due anni quando nacque lui.
Non ricordo molto, ero piccola e so solo che ad un certo punto mi ritrovai in casa questo bambino, che somigliava particolarmente a mamma e aveva un a carattere scontroso come quello di papà.

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