|0| Rimediare agli errori del passato

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Londra, 7 febbraio 2024

Kalea:

Londra è triste.
Se cinque anni fa mi avessero detto che mi sarei trasferita qui, probabilmente gli avrei guardati con scherno, quasi scioccata e avrei riposto: "Non è posto per me."

Insomma, qui tutti corrono, sono perennemente in ritardo arrivando in anticipo, vivono di caffeina e tè nero e sopratutto hanno tutti un ombrello appresso, perché se c'è una certezza di questa città, è che piove sempre.
Ovviamente l'ombrello deve essere rigorosamente nero, perché se non hai un ombrello nero probabilmente sei un pazzo, un diverso... un non londinese.
Infatti, il mio ombrello è giallo... ma io non sono londinese.

Osservo il panorama dalla finestra del bar vicino a Baker Street.
Solitamente cerco di evitare il distretto di Marylebone, visto che è una meta turistica molto puntata della capitale e i prezzi sono allucinanti, ma la persona che sto per rivedere non accetterebbe mai di incontrarmi nei comuni bar che frequento io.
Sí, insomma, il bar da comune mortale vicino all'ospedale in cui lavoro.

Il cielo è grigio, le nuvole coprono quell'unico raggio di sole che c'era.
Le persone con l'espressione tetra sul volto camminano quasi come marionette, distrutte dalla routine.
I bambini corrono con i loro giacconi addosso e per poco non si schiantano tra di loro.
I taxi neri continuano a fermarsi e a partire.
Gli uomini con la ventiquattrore camminano dritti fissando l'orologio.
Le donne con i tacchi cercano di evitare le pozzanghere.
Certe tengono la borsa sul capo perché sono senza ombrello.

Odio Londra.

Sento il campanello del bar suonare e giro la testa, sperando sia lei.
Non è lei.
Ovviamente io sono in anticipo di dieci minuti... volevo trovarmi qui assolutamente prima.
L'appuntamento è alle 15:00, all'una sono uscita di casa e alle 18.00 sono di turno in ospedale.

Il campanello del bar suona nuovamente e alzo lo sguardo.
Il cuore inizia ad accelerare, il piede inizia a battere sotto il tavolino e sento come se mi mancasse il respiro.
Lei è rimasta di una bellezza unica.
Più invecchia e più porta bene i suoi anni e il suo charme.
I lunghi capelli neri sono lasciati sulle spalle, porta degli occhiali da sole nonostante il brutto tempo e ha un capotto che le copre tutta la figura.
Prendo coraggio e alzo la mano per farmi notare.
Si guarda un po' in giro fino a quando non mi vede e si avvicina.

Ho trent'anni.
Sono una donna adulta... eppure quella donna ha lo stesso effetto su di me.
Mi fa tremare le gambe, accelerare il battito cardiaco e mi fa salire l'ansia.
All'improvviso mi sento quella ragazza di ventitré anni che la vede per la prima volta e le porge la mano per salutarla ma lei la ignora completamente.
All'improvviso mi sento piccola piccola.
Ma io ormai non ho ventiquattro anni.
Ormai lei fa parte del passato.

«Kalea.» Neanche la sua voce è cambiata.
La stessa voce fredda e senza emozioni, l'unica cosa che posso scorgere in questo "Kalea" è che finalmente non c'è più il ribrezzo di un tempo.
La invito a sedersi dinanzi a me.
Si toglie il cappotto, poggiandolo li vicino e sopra ci mette la sua borsa e infine si toglie gli occhiali.
Li stessi occhi azzurri.
Quei occhi azzurri che ho odiato per così tanto tempo, che mi hanno fatto piangere e mi hanno fatto sentire sbagliata.

Non ho più ventiquattro anni, ne quasi trenta.
Non ho più ventiquattro anni, ne quasi trenta.
Non ho più ventiquattro anni, ne quasi trenta.

Prendo un bel respiro.

«Perché hai voluto vedermi?» Domando, guardandola negli occhi.
Io non ho più paura, non abbasserò la testa.
«Ho saputo che ti sei trasferita a Londra e volevo vedere come te la passavi.» Risponde con tono basso e pacato.

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