1- non siamo soli

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Sono passati 97 anni da quando un'apocalisse nucleare uccise tutti sulla Terra.

Fortunatamente c'erano dei sopravvissuti.

Dodici nazioni avevano stazioni spaziali operative, esse si unirono per formare l'Arca.

Mi misi spalle al muro, preparandomi alla solita giornata rinchiusa nello Skybox.

Era ormai un anno che ero prigioniera in una cella spoglia, priva di colore, vuota, piena di incisioni sui muri e piccole tacche per ogni giorno che passavo lì dentro.

Mancavano due giorni al mio compleanno, avrei compiuto diciotto anni e mi avrebbero eiettato.

Sentii la porta della mi cella aprirsi e mi alzai subito in piedi, pensando che fosse arrivata la mia razione di cibo.

"Prigioniera 411, spalle contro il muro" disse una guardia dai capelli biondi entrando nella mia cella con il suo solito fare autoritario.

"Perché?" chiesi mantenendo le distanze da loro, non vedendo il vassoio contenere cibo nelle sue mani.

Di norma non era mai successo un episodio del genere, a meno che non avessero intenzione di eiettare dei prigionieri, facendo così risparmiare ossigeno agli altri, ottenendo più tempo.

"Spalle contro il muro" ripeté di nuovo la guardia, sfoderando il bastone elettrico con l'intento di usarlo contro di me, e a quel punto feci come mi era stato detto.

Non ho niente da perdere.

Mi agganciarono un bracciale al polso prima di ammanettarmi e scortarmi fuori, senza risparmiarsi gli strattoni.

Questa è la volta buona che mi uccidono.

"Clarke, tu non verrai giustiziata, farai parte dei cento" e a quel punto la vidi, lungo uno dei corridoi dell'Arca.

Abby Griffin, una delle persone più capaci sull'Arca, ma anche una delle più spietate.

"Le regole sono cambiate, avrai una chance per
vivere" stava parlando con sua figlia, Clarke.

Una seconda possibilità.

Mi misero in fila con altri ragazzi, prima di farci entrare in una navicella, stando alle parole di Abby eravamo cento, e la Terra ci aspettava.

Ci allacciammo le cinture di sicurezza e dopo poco la navicella partì.

Cercai di afferrare una forcina dai miei capelli, in modo da forzare la chiusura delle cinture di sicurezza, così da fluttuare un po' nello spazio sottostante, ma quest'ultime bloccavano il movimento completo delle mie braccia.

"Hai bisogno di aiuto?" mi chiese una ragazza seduta accanto a me.

Aveva dei capelli castani e gli occhi azzurri come il cielo, quell'azzurro che ti scava l'anima.

Che occhi familiari.

"Si" gli risposi avvicinandomi più che potevo a lei, che sfilò la piccola molletta dai miei capelli biondi, e a quel punto iniziai a forzare la cintura.

"Sono Octavia" si presentò la ragazza da capelli castani, sorridendomi cordialmente, smorzando il silenzio che si era creato.

"Aria" mi presentai a mia volta curvando le labbra all'insù.

A quel punto il monitor della navicella si accese, mostrandoci Jaha, il Cancelliere.

Se c'era una persona che odiava quell'uomo talmente tanto da ucciderlo quella ero io.

"Prigionieri dell'Arca, ascoltate.
Vi è stata data una seconda possibilità e, come vostro Cancelliere, spero che non la vedrete come chance per voi, ma una chance per tutti noi, una chance per tutta l'umanità.
Non sappiamo cosa vi aspetterà laggiù, se le speranze di vivere fossero migliori avremmo mandato altri, ma abbiamo mandato voi perché i vostri crimini vi hanno resi sacrificabili".

unknow| Bellamy BlakeWhere stories live. Discover now