Solo molto tempo dopo, quando ormai dalle tende comincia a filtrare la prima luce del mattino,  riapro gli occhi sulla stessa stanza d'ospedale e lui  è ancora lì, seduto accanto al mio letto,   che nel sonno tiene ancora  una volta la mia mano stretta nella sua  con  la testa riversa all'indietro contro la spalliera della scomoda poltroncina per gli ospiti. Mi concedo di osservarlo liberamente per qualche istante. Come può essere così perfetto il profilo di un uomo adulto? Mi chiedo con una stretta di tenerezza al cuore se anche il mio bambino avrà i tratti perfetti di suo padre e se la mia condanna sarà rivedere in lui, ogni giorno della mia vita, l'uomo che mi ha rubato il primo bacio ed ho amato già prima di  scoprire quanto bello fosse il suo viso. L'ingresso dell'infermiera nella stanza strappa all'improvviso  me dalle mie fantasticherie e lui dal suo sonno profondo. "Günaydın, buongiorno, devo prendere la pressione della signora poi, dopo colazione,  verrà il medico per darvi le indicazioni da seguire a casa".

La colazione consta di tè, fette biscottate e marmellata ma io capisco  che non è il caso toccare nulla, già solo l'aroma del tè mi disturba. "Non mangi?" Scuoto il capo. "In questo momento non riesco, ho capito che è inutile tentare, è meglio aspettare un momento in cui la nausea è meno forte".  Mi lancia uno sguardo preoccupato. "Vuoi che vada a comprare qualcos'altro?". "No, tranquillo, in questo momento non riuscirei a mandare giù niente".

Poco dopo mi ritrovo vestita e pronta per lasciare l'ospedale con  l'appuntamento fissato per la settimana successiva e tutte le indicazioni da seguire . "Mi raccomando, il riposo è la prescrizione più importante,  poi niente sforzi o forti emozioni, alimentazione sana e una passeggiata di mezz'ora ogni giorno, tamam? ". 
Scendiamo con l'ascensore al piano terra. "Sanem, aspettami qui davanti all'ingresso principale, arrivo subito" Poco dopo eccolo raggiungermi  con il suo fuoristrada  dal quale scende per aprire la portiera  del passeggero invitandomi a  salire.

Sono indispettita dal suo modo di fare che sembra decidere ogni cosa al posto mio.
"Non c'è bisogno, posso prendere un taxi".
"Sanem, non essere assurda, sali per favore". Con riluttanza faccio come dice, anche se rimango in un silenzio ostinato per tutto il  breve tragitto fino a casa mia mettendo bene in chiaro che non mi piace questo suo atteggiamento dispotico.

Prima di scendere mi volto per ringraziarlo. "Grazie per il passaggio. Prometto di seguire le indicazioni del medico alla lettera, riposerò e mangerò sano. Puoi tornare tranquillamente  a Istanbul, mi farò viva io tra un paio di mesi per definire la pratica di divorzio".

Lo vedo mettersi comodo sul sedile incrociando le braccia. "Io sono tranquillissimo Sanem, perché  non ho  nessuna intenzione di  lasciarti da sola in un momento così delicato della gravidanza". Lo guardo sbalordita. "Cosa vuoi dire? Dove vorresti stare scusa?".
"Come dove voglio stare? Con te" Ogni sua parola aumenta il mio sgomento. "Cosa? Non se ne parla proprio, tu con me non puoi stare. Siamo separati l'hai dimenticato?".
Mi lancia uno sguardo sarcastico.
"Partiamo dal presupposto che "noi" non ci "siamo" separati, sei "tu" che te ne sei andata, è diverso. Comunque sono tuo marito e tu mia moglie di fronte al mondo e alla legge quindi tecnicamente casa tua è anche casa mia. Ora vieni, entriamo, devi riposare".

Scende dal fuoristrada e  viene ad aprire lo sportello dal mio lato, si allunga a liberare la mia cintura di sicurezza  porgendomi poi la mano per aiutarmi a scendere. "Vieni ti aiuto, fai piano".
Sono incredula.
"Can, credo tu stia esagerando, non sono invalida, sono solo incinta".
Sorride di quel bellissimo sorriso a cui il mio stupido cuore sa bene di essere anche troppo sensibile. "Esatto, di mio figlio ed io ho tutta l'intenzione di evitare che ti stanchi o faccia sforzi, vieni". Scendo dall'auto senza accettare il suo aiuto e quando arrivo davanti al cancello mi fermo allungando la mano verso di lui.
"Dammi le chiavi di casa mia". Lo osservo con sgomento avvicinarsi a me, anche troppo per i miei gusti, mi sovrasta sfiorando il mio corpo con il suo,  il viso che si avvicina pericolosamente e le sue labbra che quasi toccano le mie, trattengo il fiato mentre mi chiedo che cosa abbia intenzione di fare quando sento il rumore della chiave aprire la serratura del cancello e il suo alito caldo sul viso quando  sussurra. "Prego, entra pure".  Lancio uno sguardo dietro di me per scoprire che tutta la manovra era finalizzata ad aprire il  cancello senza dovermi consegnare le chiavi.
"Can, restituiscimi le chiavi di casa mia".
Mi passa di fianco per raggiungere  la porta che apre come se ne avesse tutto il diritto. "Caaaannn, cosa pensi di fare?" Si gira sorridendo  per prendere le mie mani nelle sue ed  entra in casa camminando a ritroso fino a condurmi nella mia camera da letto. Lì mi lascia e torna verso la porta lanciando le chiavi e riprendendole al volo  mentre dice rassicurante: "Fai una doccia e riposati, esco un attimo a fare un po' di spesa, ma non devi preoccuparti,  ho le chiavi per entrare quando torno".
Mi strizza l'occhio con fare impertinente ed esce richiudendo la porta dietro di sé. Rimango immobile  al centro della stanza da letto della casa che pensavo fosse mia e che ora, a quanto pare, è diventata nostra senza che nessuno abbia chiesto il mio parere  al riguardo.

Mi spoglio per infilarmi sotto la doccia borbottando fra me e me " Ok che faccia pure  la spesa, ma quando tornerà metterò bene in chiaro che deve andarsene, non può pensare veramente di fermarsi qui". Devo  rimanere ferma e irremovibile  nei miei propositi, ho ceduto troppe volte con lui ed ho visto a com' è andata a finire. Can Divit   ha dimostrato di poter essere  solo fonte di delusione e dolore nella mia vita. Se voglio sopravvivere ho capito che non posso permettergli più di farne parte, non c'è altra scelta.


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