-2- I Potter

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«Ve lo ripeto, a quest'ora sarei già da qualche annetto a godermi una meritata pensione su di un'incantevole spiaggia caraibica se l'Ufficio Regolazione delle Creature Magiche non avesse messo al bando l'allevamento intensivo di Salamandre di Fuoco. Ma non c'è stato nulla da fare: troppe scottature. Non era facile spiegare tutti quei falò attorno ai ruscelli a primavera e gli escursionisti babbani che si presentavano all'ospedale con ustioni di terzo grado sul loro...»

Daniel strisciò lontano dalla battuta finale di una conversazione dallo scarso risvolto umoristico, le spalle investite dalle risate del gruppetto assortito di cui aveva segretamente origliato le parole durante l'ultima decina di minuti.

Aveva sempre immaginato i colleghi di suo padre come uomini interessati, la cui cultura trovava origine nelle esperienze più disparate.

Bizzarri e dall'aspetto imprevedibile, i dipendenti del Ministero della Magia parevano aver perso quel remoto fascino avventuresco che lo aveva sempre incuriosito fin da bambino, quando segretamente aveva ascoltato le comunicazioni urgenti indirizzate a suo padre dal camino del soggiorno.

Dopo una decina di tartine trangugiate di nascosto, Daniel aveva esaurito l'interesse per i tragitti a spirale dei portavivande volanti.

Era indeciso se andare a servirsi un po' di quel liquido rosato che tutti sorseggiavano dai calici quando qualcuno lo afferrò per un gomito, costringendolo a sparire sotto il bordo del tavolo più vicino.

«Lasciami!» protestò, a carponi sul pavimento.

«Shhh! Nasconditi se non vuoi essere rapito!»

Si trovò davanti il volto di Matthew, suo fratello gemello. 

Per un singolo attimo credette di vedere il proprio riflesso allo specchio.

«Rapire? Ma sei matto?»

«Papà ci sta cercando, credo voglia presentarci ai suoi colleghi...» spiegò lui a mezza voce prima di tentare una veloce sbirciata oltre l'orizzonte segnato dalla candida tovaglia di lino.

Lo sguardo di Daniel, però, indugiava ancora sul mantello con un colletto dal risvolto classico. 

Quello che doveva essere un profondo verde oliva aveva più la tonalità del vomito. In fin dei conti, ringraziò mentalmente la sorte per il suo completo liquirizia.

«Ciao, Daniel.»

La presenza di Emmett là sotto non lo stupì, da tempo lui e Matthew avevano dato vita a un duo inseparabile.

Rispose con un cenno educato del capo.

Non che non lo considerasse simpatico ma aveva sempre quella strana voce ovattata, come se stesse trattenendo un grande sbadiglio da una vita.

Le spalle decisamente più ampie del normale e la postura che ciondolava di qualche grado in avanti, in aggiunta, non giovavano affatto alla sua immagine di ragazzo ottuso.

«Non vorrai rimanere qui sotto per l'intera serata?» domandò quindi rivolto al fratello. Le ginocchia iniziavano già a dargli qualche fastidio.

L'altro lo zittì sventolando un poco le dita.

«Abbassa la voce o ci farai scoprire!»

«Cosa?! Siete voi quelli che si stanno comportando in modo strano e poi...» nella concitazione, Daniel aggrottò la fronte «... e poi perché si sta nascondendo anche Emmett?!»

Matthew spalancò la bocca per rispondergli ma il fato volle diversamente.

Come stanco del loro stupido battibecco, il tavolo schizzò spietato a lato, esponendoli al chiassoso chiarore della sala. 

Diario di un SerpeverdeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora