Chapter 2

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LEONARDO'S POINT OF VIEW

Sono esausto. Ho corso per un'ora e mezza questa mattina, ma il caldo soffocante di luglio mi ha davvero distrutto. Esco sempre a fare moto prima di frequentare l'università, oltre a mantenermi in forma mi aiuta a scaricare la tensione e a sfogarmi. Ho sempre amato correre, quando andavo alle elementari e alle scuole medie ero iscritto ad un corso di atletica, facevo persino gare di resistenza e di velocità. Poi, però, il tempo che impiegavo per allenarmi diventava tempo strappato allo studio e al divertimento con i miei amici, così ho smesso di seguire un corso, pur continuando a coltivare l'attività autonomamente.

Entro in casa e dopo cinque minuti sono già sotto la doccia. L'acqua ghiacciata mi scorre lungo tutto il corpo, per un attimo mi sembra di avere quasi freddo ma la sensazione svanisce non appena chiudo il rubinetto. L'afa torna a infastidirmi, a tal punto che ho caldo indossando soltanto dei pantaloni corti in jeans ed una camicia, così decido di sbottonare i primi due bottoni. Avendo un bel fisico, dovuto allo sport e al costante allenamento, penso di potermelo permettere.

Esco di casa con lo zaino, quasi vuoto come ogni mattina, dato che porto in università solo un quaderno per gli appunti con una penna nera.

Infilo il casco e sfreccio sulla mia moto nuova, rossa fuoco, che ho notato avere anche un'ottima attenzione da parte delle ragazze. Chissà, magari potrebbe aiutarmi a trovarne una. Ho 25 anni, quasi 26, sto seguendo la specializzazione in pediatria. Mi sono laureato in medicina lo scorso anno con il massimo di voti, quella materia mi ha sempre appassionato molto, anche se devo dire che per lo studio ho sacrificato tanto tempo nella mia giovinezza. Adesso che sto imparando ad organizzarmi nella gestione della casa, nei turni dell'ospedale per il lavoro che ho trovato da poco, gradirei trovare anche una fidanzata. E la mia vita sarebbe finalmente completa.

Il vento mi scompiglia i capelli dentro il casco. Mi ripeto sempre che dovrei andare dal parrucchiere a tagliarmeli, perché il ciuffo sta iniziando a diventare troppo lungo. Anche se, in tutta sincerità, non mi dispiace. Mi dà un'aria più vissuta, assieme ai pochi millimetri di barba che mi lascio crescere. Non ho mai amato gli uomini che la lasciano incolta, a coprire tutto il viso. Per me é sufficiente un leggero accenno che dia quel tocco sensuale che fa tanto impazzire le donne.

Parcheggio la moto nell'apposito spazio e la lego con il lucchetto prima di dirigermi all'entrata, dove trovo i miei amici più fedeli.

"Ciao giovincelli" li saluto, lasciando a tutti e tre una pacca sulla spalla. Due sono miei vecchi compagni di corso a medicina, soltanto che Mattia vuole diventare dentista e Stefano un chirurgo. Giorgio, invece, è più piccolo di un anno rispetto a noi e si sta per laureare in giurisprudenza.

"Ciao Leo" risponde Tia, facendo un tiro alla sigaretta che tiene tra l'indice e il medio della mano destra.

"Oh Leo, tu ci sei stasera, vero?" mi chiede Ste, senza neppure salutarmi.

"Ma cosa c'è stasera?" domando, pensando di essermi perso qualche cosa di importante. Sono sempre stato un ragazzo un po' distratto, ma sto cercando di migliorare.

"Il ragazzino qui di fianco" continua lui, indicando Giorgio "ha invitato una ragazza ad una festa figa in un locale nuovo, che ha aperto ad una mezz'oretta da qui".

"Quindi?" chiedo perplesso.

"Quindi, venite con me? Dice che ci saranno quattro sue amiche" risponde questa volta il diretto interessato.

"Ma noi siamo quattro e loro cinque, chi resta senza?" scherza Tia, che non sa restare serio neppure un secondo.

"Non dobbiamo andare a fare colpo, solamente a bere e divertirci. Niente donne, niente problemi!" ribatte Stefano, che é quello più menefreghista del gruppo. Secondo me non troverà mai una ragazza, o comunque non riuscirà a tenere viva una relazione seria.

Accetto l'invito per quella festa, perché io, Leonardo, non rinuncerei mai ad un'occasione di puro e semplice divertimento, con musica e drink. E belle ragazze. In attesa di trovare quella giusta, quella che mi faccia innamorare, quella che mi rubi il cuore, posso sempre continuare a godere e a far godere le altre. È una cosa che mi é sempre riuscita bene.

All'ora di inizio delle lezioni ci immergiamo in un fiume di studenti che cammina, ciascuno verso la propria aula.

Mi ritrovo a guardare i più giovani, di diciannove o vent'anni, che dopo un anno di università si sentono ancora piccoli piccoli e del tutto spaesati in mezzo a quella marea di corridoi infiniti. Sorrido, pensando che anche io ero così. Un semplice ragazzino con un sogno nel cassetto: quello di diventare dottore, per poter aiutare chi sta male. Il sogno di specializzarmi in pediatria, poi, mi é venuto nel tempo. Ho sempre giocato volentieri con i bambini, sin da quando frequentavo l'oratorio estivo durante l'adolescenza. Le mie zie spesso mi affidano i miei cuginetti quando hanno qualche commissione da sbrigare, perché sanno che sono un tipo spiritoso e un buon intrattenitore. Ho sempre visto i medici come persone esageratamente serie, rigorose, dure. Anche con i bambini, ai quali bisognerebbe riservare un comportamento diverso. Forse anche per questo motivo voglio fare il pediatra, perché i più piccoli non temano i dottori, ma capiscano quanto la loro figura sia importante all'interno della società.

Ancora perso nei miei pensieri, entro nell'aula e prendo posto in uno degli ultimi banchi. Apro il quaderno sulla prima pagina bianca ed impugno la penna, pronto a scrivere non appena il professore darà inizio alla spiegazione di oggi.

Percorro mentalmente i programmi di quella giornata, dopo la lezione avrò due ore di turno in ospedale. Arriverò a casa per pranzo e il pomeriggio, dopo altre due ore di turno al lavoro, sarò libero. La festa é alle 22, per cui so che posso prendermela con calma. Non amo fare le cose di fretta, perché penso che vengano male.

Un ometto basso, con un pancione che sporge sul davanti e un paio di baffi gridi, fa il suo ingresso nell'aula. Ci alziamo in piedi, recitando in coro un 'buongiorno', prima di chinare la testa e scrivere per la successiva ora e mezza.

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