24. Cosa è successo il quattro luglio?

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«Mi prometti che lo trovi e che lo fai stare meglio?»

«Promesso. Tu dormi, amore, provaci.»

Socchiusi la porta e scesi in salotto infilandomi una camicia, cercai le chiavi della macchina nello svuotatasche e mi diressi in giardino.

«Dove pensi di andare?» Domandò papà.

«So io dove devo andare.»

«Isabella, per piacere non immischiarti–»

«Per una volta...!» Sbottai, esplodendo, «Per una volta, lasciami pensare con la mia testa, lasciami respirare e lasciami vivere! Non ho voglia di discutere ancora. So guidare, tranquillo, non andrò a schiantarmi in un muro.»

Dissi ciò e uscii dal cancello per salire in auto e partire, con la speranza di trovare Elia.

Erano quasi le sei e l'alba irrompeva dai finestrini dell'auto, le strade erano tutte vuote e una sorta di aroma aspro si raggomitolava alla mia bocca

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Erano quasi le sei e l'alba irrompeva dai finestrini dell'auto, le strade erano tutte vuote e una sorta di aroma aspro si raggomitolava alla mia bocca.

Per prima cosa ero corsa alla casa di Gioele, bussando alla porta almeno trenta volte, così come alla finestra. Pregavo al nulla di aprirmi, con le lacrime agli occhi e la voglia di prenderlo a pugni e baciarlo contemporaneamente.

Ma, dopo aver appurato fosse vuota, rimontai in macchina e riflettetti a lungo a quale altro posto potevo andare. Avevo pensato a casa di Silvia, ma era improbabile, l'avrebbe riempito di domande e si sarebbe solo più innervosito.

Elia cercava silenzio, pace.

Dov'è che può parlare senza che nessuno lo interrompa? Dov'è che può essere ascoltato senza sentirsi ignorato?

Al semaforo di una stradina illuminata dal rossore dei raggi solari, mi balenò l'immagine delle croci cristiane e delle sfogliatelle di quella sera in cui Elia cantò Albachiara.

«Il cimitero.» Sussurrai, cominciando già a ricordare la strada per raggiungere la piazza di Cartaromana.

Ci misi qualche minuto prima di inquadrare le vie sul navigatore, quando raggiunsi lo spiazzale, completamente vuoto rispetto all'ultima volta, capii di essere finalmente arrivata.

Parcheggiai la macchina nel primo posto vuoto che avevo davanti. Con le chiavi nelle tasche e uno strano presentimento nel petto, mi incamminai guardandomi attorno, sentendo un silenzio talmente assoluto da far sentire persino il rumore sinistro delle foglie sfiorare l'asfalto.

Sorpassai il cancello del cimitero, facendo un cenno al guardiano, mi sentii improvvisamente troppo piccola per essere lì dentro: ogni parete grigia, e colorata solo da un paio di fiori posizionati accanto al nome del rispettivo defunto, era imponente e ciclopica. Incutevano soggezione e mettevano ansia.

Temetti di poter perdermi in quel labirinto di anime e volti sconosciuti. Pensai che non l'avrei mai trovato, che avessi fatto tutto inutilmente.

Lo pensai fino alla fine, fino a che, tra file di lapidi e mazzi di fiori, scorsi delle spalle fin troppo familiari. Mi mancò il respiro, ma, inconsciamente, provai una sorta di sollievo nel trovarlo lì.

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now