Alex è sul divano, a guardare qualche programma sportivo. La sua pelata si muove quando ci sente arrivare, e così mi avvicino a lui per salutarlo con un cinque, evitando sua moglie che mi riempirebbe di abbracci stritolatori. Giulia è proprio felice di rivedermi a Villafiore, se dipendesse da lei mi inviterebbe tutti i giorni a pranzo e a cena – così avrebbe altre scuse per cucinare.

Tra lei e mia madre non so chi sia più contenta di essere di nuovo tutti insieme, come quando eravamo piccoli.

«Sasha?» chiedo.

«Da qualche parte» risponde Alex, mentre mio padre lo raggiunge sul divano.

Le due madri si sono rintanate nello spazio aperto riservato alla cucina, mentre dalla finestra sul balcone vedo muoversi una figura con i capelli sciolti. Sasha non li lega neanche se fanno quaranta gradi – se non ha cambiato questo, non sarà cambiata in molto altro.

Ignoro tutti gli altri e vado da lei, che sta stendendo alcuni vestiti, forse reduci dalla vacanza da cui è tornata proprio oggi.

Ha un vestito a prendisole con un motivo floreale disegnato sopra, mi dà le spalle. Non si è accorta che sono qui.

«Ehi» le dico.

Si blocca, prima di voltarsi. Lo fa, passandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio. La bocca carnosa si piega in modo strano, forse cerca di sorridere.

Ma neanche io sto sorridendo. Non ci riesco se lei mi fissa come se fossi un piatto di lasagna durante la dieta.

Significa che mi vuole, almeno quanto la voglio io. Non vederci per tanto tempo ha fatto scattare qualcosa in entrambi?

Serra le labbra, inumidendole, e tiene lo sguardo fisso su di me. Inspira ed espira, con quel petto formoso che si alza e abbassa a ogni respiro. «Niko... come stai?»

«Bene. Cioè, adesso meglio. Non ci vedevamo da una vita.»

«Già, una vita...» La sua voce è un soffio che le sfugge dalle labbra. Due secondi fa voleva saltarmi addosso, ora invece è paralizzata. Non sa cosa fare, e non lo so neanche io.

Aspettavo un segnale da parte sua, solo uno. E il modo in cui mi ha guardato è molto chiaro.

Forse non sono bello come quelli con cui usciva, ma mi vuole.

Mi supera, tornando in casa con la cesta di plastica con cui ha portato fuori i panni da stendere. Mi lascia da solo come un cretino.

E io che volevo parlare con lei, dopo tanto tempo.

Rientro. Se la conosco, la troverò dalle madri ad ascoltare in silenzio i loro discorsi.

Lascio aperta la porta-finestra e mi accosto al divano dove ci sono i padri, che stanno guardando una partita di calcio solo perché è ancora presto per il campionato di basket. Rimango in piedi, ad aspettare la mia migliore amica, che dev'essere sparita a riporre via quell'aggeggio di plastica.

Sasha ritorna e va dritta dove Giulia sta rimestando le vongole in una padella. Ne approfitto per unirmi alle donne.

«Quindi, Niko, era bella Trento?» mi chiede proprio sua madre. Come se non ricordasse che gliene ho parlato pochi giorni fa.

«Sì, sì, la città è bella. Tranquilla, soprattutto. I tifosi non stressano e ci lasciano vivere in pace.»

«Ora scordatelo, sei alla Vulnus!» ride Sasha, nervosa. Ricorda anche lei che, quando ci capitava di essere in giro e qualcuno ci riconosceva, era la fine: venivano sempre a parlarci e a dirci qualcosa sui nostri padri, su come stanno, se pensano di tornare nel basket, o chissà quali altre scemenze.

Amici o amanti?Where stories live. Discover now