Prologo

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"Victims of the same fate."

MAYLIN

Se mi fosse stato chiesto di attribuire una forma palpabile al dolore, basata sulle tante esperienze traumatiche che avevo vissuto nei miei quasi vent'anni di vita e sui numerosi cambiamenti drastici che questi avevano apportato su di essa; non avrei esitato un solo istante nel cedere in prestito il mio cuore ed esporlo come raffigurazione concreta di quel termine.

Disponeva di tutti i requisiti necessari per rendere al meglio il concetto dell'averlo ridotto in pena. Vittima di delusioni e illusioni. Lacerato nel profondo, che mentre sforzava i suoi soliti battiti a fatica, il rischio che potesse interrompere la sua attività in qualunque momento era sempre imminente.

Tuttavia, malgrado le sofferenze che aveva patito nel corso del tempo e i tagli irrecuperabili che pian piano avevano preso a ornare la sua intera superficie, non era in grado di atteggiarsi da egoista e credere che le sue ferite dolessero più di quelle degli altri.

Per quanto la desiderassi una verità differente, sapevo che il mio cuore non era l'unico a trovarsi in quelle condizioni tanto pietose.

Per ricevere conferma che quel mio pensiero fosse veritiero, fondato su una realtà segretamente nascosta, occultata da tanti finti sorrisi e altrettante menzogne ingannevoli, mi bastava analizzare con maggiore attenzione le persone che avevo intorno.

Erano l'esternazione silenziosa delle stesse materie nocive che consumavano internamente anche me.

A occhi estranei ostentavamo forza, convinzione e sicurezza, ma una volta scalfite le barriere delle apparenze e invaso lo spazio vitale delle nostre fragilità, eravamo terribilmente deboli. Marchiati indelebilmente dal terrore di non trovare alcuna fonte di luce alla fine del fantomatico tunnel.

Ognuno di noi stava attraversando -o aveva già attraversato- le pene del proprio inferno.

Quelli che avevano già superato il peggio, ne erano usciti cambiati, irreparabilmente segnati e traumatizzati a vita. Invece, coloro che dovevano ancora assaggiare il sapore nauseante dell'impotenza, molto probabilmente non avevano la minima idea di cosa li attendeva.
Della tortura mentale che avrebbero dovuto patire e del fatto che a quella, purtroppo, non esisteva una soluzione rapida ed efficace.

Non rimaneva altro che concedersi in pasto alla crudeltà della sorte, la quale sembrava imbastardirsi a ogni confronto sempre di più.

Ci aveva trascinati spietatamente avanti nel tempo, intrappolandoci nel preciso punto in cui, guardandoci intorno, non riuscivamo a sorgere alcun lume di speranza, né nel presente e né tantomeno nel futuro.

I nostri parevano essere sincronizzati, focalizzati sullo scopo di risarcire, per intero e con interessi, conseguenze irrimediabili appartenenti al passato.
Di compensare a quei danni lasciandosi sottomettere da ogni tipo di invadenza e disgrazia puramente accidentale, e di rimettere al proprio posto le macerie che non avevano mai cessato di impattarcisi contro, quasi come se fossimo sempre stati noi il reale fulcro dei problemi.

Le nostre menti non reggevano più la pressione dei traumi, dei ricordi e del senso d'angoscia che facevano affiorare.

Erano trascorsi ormai quasi sette anni da quel lontano 25 giugno del 2017. Dal giorno in cui la vita ci aveva tolto tutto quel che avevamo di meglio.

Da quando, per volere dell'egoismo altrui, avevamo distrutto e sepolto qualunque rapporto ci fosse mai stato tra di noi...

Eravamo cresciuti, il dolore e le esperienze ci avevano cambiati, eppure, ci accomunava ancora il mutismo improvviso quando i discorsi trattavano delle nostre sofferenze e di quanto fosse complicato doverci convivere.

Dead Without YouWhere stories live. Discover now