Scambio Equivalente

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La sua vita non mai stata qualcosa che una persona qualunque avrebbe definito normale. Di solito le certezze che si hanno quando si cresce sono quelle che spetterebbero di diritto a qualunque bambino: avere dei genitori, una casa in cui trovare sempre rifugio e andare a scuola, stare con i propri amici e litigare con quelli meno simpatici.

Certezze semplici ma che ti assicurano una vita comunque serena. E normale, soprattutto.

A ben guardare anche Harry aveva avuto tutto questo: una casa – per quanto ostile fossero i suoi abitanti – l'aveva comunque avuta, a scuola era potuto andarci – anche se suo zio aveva fatto di tutto per impedirgli di venire a conoscenza della sua natura da mago – si era fatto degli amici e, in qualche modo, da quando aveva compiuto undici anni la sua vita era decisamente cambiata rispetto ai dieci precedenti.

L'unica piccola ed insignificante differenza era che Harry, dal momento in cui aveva scoperto di essere un mago (perdendo così tutte le certezze sull'assoluta inesistenza della magia che i suoi zii avevano cercato a forza d'inculcargli) ne aveva acquistate molte altre; quella più inesorabile era quella che un tizio con manie di grandezza aveva deciso di farlo fuori quando aveva un anno, fallendo però miseramente. E a lui doveva l'essere orfano.

"Dovresti smetterla, non credo che la McGranitt sarà molto indulgente la prossima volta." Lo raggiunse la saggia e petulante voce di Hermione.

Loro, l'ormai anche fin troppo consolidato trio, era seduto nel loro angolo di biblioteca prediletto in cui erano soliti rifugiarsi per ogni occasione: sia che dovessero cercare di sventare l'ennesima catastrofe che stava per abbattersi su Hogwarts, sia per prepararsi ad un compito. Harry poteva affermare con sicurezza che tendeva quasi a preferire la prima opzione. Passare ore a mandare a memoria complicati passaggi logici finalizzati alla perfetta riuscita di una trasfigurazione non è che lo stimolasse particolarmente. Per non parlare degli ingredienti di pozioni che era certo di non aver mai sentito nominare in vita sua... Si ricordava cosa fosse una Bezoar solo per la pessima figura fatta il primo giorno di lezione con Piton, momento in cui l'uomo aveva deciso di prenderlo di mira per tutti gli anni successivi.

A voler complicare ancora di più le cose – sia mai che a Hogwarts le cose andassero lisce! – c'era la cicatrice che non smetteva di bruciare e causargli mal di testa dettati dall'esistenza e dalla furia di Voldemort ancora troppo debole per assumere il controllo sul mondo magico, ma abbastanza per guastarli il sonno.

"Prova a studiare tu con la sensazione di un ferro rovente che ti si conficca nella fronte!" sbottò Harry irritato affondando il viso nelle mani.

"Vuoi che ti copriamo le spalle con la vecchia?"

"Ron Weasley, non permetterti di parlare così di una delle più autorevoli professoresse di questa scuola!" lo rimproverò immediatamente Hermione. Se avesse potuto fulminarlo realmente con lo sguardo, probabilmente in quel momento di Ron Weasley sarebbe rimasto solo un mucchietto di cenere.

Il rosso mugugnò qualcosa e, portandosi il libro a due centimetri dal naso, riprese a leggere dove si era interrotto. O dove avrebbe dovuto iniziare.

"Hermione, lo so che la scuola è importante. Se Hogwarts non fosse mai esistita sarei ancora a fare la vita da reietto o schiavo a casa dei miei zii ma... Merlino, non è facile concentrarsi sullo studio quando non dormi decentemente da settimane!" sibilò Harry passandosi una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più di quanto già non fossero.

La ragazza non si scompose.

"Lo so Harry, e mi dispiace tantissimo. Ma se Tu-Sai-Chi davvero vuole ucciderti" – rabbrividirono entrambi al pensiero – "non credi che questo possa essere un valido stimolo a farti studiare?"

Tetralogia AlchemicaWhere stories live. Discover now