2- Buone intenzioni

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Ben


Non so quanto tempo passa o se nella corsa verso il nostro centro operativo perdo i sensi. È tutto confuso, le voci che si sovrastano tra loro sono ovattate, le facce che riesco a intravedere sfocate. Qualcuno mi piazza qualcosa sulla bocca per farmi respirare meglio; qualcun altro mi acceca gli occhi con una luce troppo forte da sopportare.

«Ha perso troppo sangue» urla una donna. «Bisogna operarlo subito.»

Vengo sollevato di peso, posizionato su una barella e ruotato su un fianco. «C'è il foro di uscita.»

Questo è positivo, no? Intorno a me c'è il delirio. Sento urlare che il proiettile potrebbe aver scheggiato l'osso e che questo potrebbe causare un po' di problemi. Capto parole come: operazione di urgenza, trasfusione, missione finita. Come può un osso scheggiarsi? Non è mica un'unghia del cazzo!

Anche in punto di morte riesco a sparare cavolate e credo proprio di avere delle allucinazioni. Sorrido perché, per qualche strana magia, il tendone bianco sopra di me viene sostituito dal viso dolce di Rosina. Come ha fatto ad arrivare così in fretta? È a cavalcioni su di me e si china a baciarmi, mentre i lunghi capelli biondi si chiudono intorno a noi come un sipario. Le sue labbra sono così soffici! Oh, avevo dimenticato quanto fosse bello averla tra le braccia. È così calda; così bella! Morbida nei punti giusti, sexy senza mai sfociare nel volgare.

Vorrei stringerla a me e baciarla all'infinito, invece non riesco a muovermi. Quando si raddrizza non posso fare altro che chiederle di tornare dov'era, tuttavia incrocio i suoi occhi e ho un sussulto. L'azzurro delle sue iridi non brilla più come prima e c'è qualcosa nella sua espressione che mi fa male. Non è più felice di vedermi, ora è arrabbiata.

«Semmai dovessi tornare a casa, fai in modo di non farti vedere da me» lo ripete tante volte, come un disco rotto, poi si solleva e si allontana senza mai voltarsi indietro.

*

Mi sveglio di soprassalto. Il primo istinto è quello di toccarmi la spalla, ormai quasi guarita. Accendo la luce sul comò per guardarmi intorno e assicurarmi di essere al sicuro. Sì, direi che mi trovo ancora nel mio letto in caserma.

«Cazzo!» impreco con un leggero affanno, passandomi la mano tra i capelli che stanno ricrescendo. Sempre lo stesso sogno di merda! Sempre la stessa frase ripetuta all'infinito, come se non ci pensassi già da sveglio.

Mentre ero steso a terra, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era che se fossi morto non avrei più rivisto Rosie e mi sembrava una tale crudeltà che mi sono appigliato al desiderio di rivederla, pur di non chiudere gli occhi. Ora, dopo due mesi dall'accaduto, continuo a ripetere lo stesso incubo. Ogni notte rivivo quel momento e, ogni volta, mi sveglio sudato e con i sensi in allerta, quasi mi aspettassi di trovarmi un cecchino davanti. Come se non fosse già tutto abbastanza orribile, il mio subconscio si diverte a torturarmi con Rosie, una sorta di punizione per aver pensato a chiederle scusa solo in punto di morte.

«Fa un male cane» mi lamento, massaggiando da sopra le garze il punto in cui la ferita si è rimarginata. Ho ancora tutto fasciato e porto un tutore durante il giorno, in modo da far riposare la spalla il più possibile.

Quando sono stato portato in infermeria e hanno constatato che il proiettile aveva un foro di uscita, la paura più grande era che avesse scheggiato un osso e che il frammento avesse causato ancora più danni del normale. Non è stato così, ma avevo perso parecchio sangue, perciò sono stati costretti a farmi delle trasfusioni e a operarmi di urgenza per riparare i danni. Mi hanno pulito la ferita, messo dei punti e quando mi sono stabilizzato, mi hanno rispedito alla base per un riposo forzato e la riabilitazione.

"Un mese" - la serieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora