Second

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Miami.

Non ho mai odiato così tanto il mare.

Non riesco nemmeno a prendere una boccata d'aria senza sentirmi soffocata dall'aria fredda di Miami, anche se non tanto pungente come quella di New York.

Mi affretto a chiudere la finestra della mia camera da letto, lanciando un rapido sguardo intorno, come se fosse la prima volta che metto piede in questa stanza, nonostante ci sia vissuta per mesi.

Dovevo passare qui il resto della mia vita, lontano da mia sorella e vicino ai genitori che non ho mai trovato.
Faccio una smorfia di fastidio al solo ricordo, gettando la borsa sul letto mentre continuo muovere su e giù il braccio libero per tranquillizzare Katty.

È già da un giorno che siamo scese dall'aereo ma mia figlia non ha pianto nemmeno un po', il che non mi piace affatto.
Al solo pensiero che si senta bene in questa città mi vengono i brividi, tanto che deglutisco rumorosamente e mi affretto a sussurrare tra i denti:

«No, non ti piacerà stare qui!» - inclino la testa e annuisco alle mie parole, cercando di convincere più me stessa che lei:

«Fidati.»-coninuo quando la vedo sporgere le labbra in avanti, come per obiettare.

La mia voce è talmente tremante che getto la testa in alto per impredire alle lacrime di uscire, sbuffando sonoramente per lo strazio e quella tremenda sensazione che mi porto nel petto da quando ho aperto quella maledetta busta bianca.

Sapevo che un giorno sarebbe successo, sapevo che quel bastardo non sarebbe rimasto con le mani in mano, e non perché gli importi qualcosa di sua figlia.

Ho più volte avuto la conferma del fatto che è uno stronzo senza cuore, tanto che non ha avuto il coraggio di farsi sentire per settimane di fila.

Quando ha saputo che gli ho tenuto nascosto Katty è rimasto allo stipite della porta con una faccia talmente minacciosa che per un attimo ho avuto il terrore che mi strappasse mia figlia dalle braccia e non me la facesse più vedere.

Al solo ricordo porto una mano sul petto e cerco di tranquillizzarmi prima di avere un attacco di panico, respirando a fatica, come se sentissi di nuovo davanti a me quello sguardo infuriato, pieno di odio nei miei confronti.

Ma come un vigliacco non ci ha pensato due volte prima di scappare via e non farsi più sentire... Per un mese.

Un dannato mese in cui ogni giorno ho cercato di convincere me stessa che andasse tutto bene. O almeno che sarebbe potuta andare peggio se invece di andarsene avesse dato fuori di matto come suo solito.

Avrebbe potuto letteralmente farmi del male, urlarmi contro come un pazzo davanti a Kate e Alison. Avrebbe potuto anche prendere la piccola e ritornare a Miami all'istante.

Invece mi ha solo guardato dritto negli occhi, facendomi sentire come spazzatura. La donna che gli ha impedito di veder nascere sua figlia, o di poterne sentire l'odore come io faccio ogni volta che stringo Katty al petto.

Salto sul posto e mi affretto ad asciugare una lacrima che scivola lungo la mia guancia appena il suono del campanello echeggia in soggiorno.

Esco dalla mia camera con la fronte corrucciata, facendo segno con la testa all'uomo seduto sul divano nel mio soggiorno che ci penso io.

Mark ha detto che sarebbe partito presto da New York per tornare a Miami il prima possibile, ma non pensavo sarebbe tornato così presto.

Sforzo un sorriso per accoglierlo e nascondere la mia faccia da fantasma, ma appena spalanco la porta e mi preparo a dargli il benvenuto, le parole si bloccano nella mia gola e spalanco gli occhi, trattenendomi dal fare un passo indietro quando la smorfia altezzosa di mia sorella appare davanti ai miei occhi, mentre mio cognato sposta più volte gli occhi da me a sua nipote.

EX 4 || || Ema OQU Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora