Drowning

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She said, in my heart and in my head
Tell me why this has to end
Oh, no, oh, no
I can't save us, my Atlantis, we fall

Noel se ne stava seduto sul letto, a fissare un punto indistinto nel vuoto e coccolare distrattamente il piccolo Finn, acciambellato pigramente sulle gambe del padrone, ovviamente dormendo.
Ci sarebbe stato un silenzio quasi totale, non fosse stato per la lancetta dei secondi della sveglia che ticchettava inesorabilmente indicando il passare dei minuti e delle ore che il ragazzo aveva passato lì, a fare niente.
Tanto che aveva iniziato a non sentire neanche più quell'unico rumore ancora presente, immerso completamente nei suoi pensieri confusi, aggrovigliati e scollegati.
Noel aveva sempre amato il silenzio, fin da bambino, perché esso indicava pace, l'assenza di urla dei suoi genitori che litigavano violentemente e del pericolo di essere preso in considerazione, ma da qualche mese quello che prima era diventato un posto sicuro si era trasformato in un Inferno che non faceva altro che riportarlo al punto che tanto sperava di evitare: quella straziante e ostinatamente sanguinante ferita che era stata la rottura con Will.
E che sembrava piuttosto determinata a farlo soffrire fino a ucciderlo, dal momento che erano passati mesi da quel maledetto giovedì pomeriggio.
Ora, non fraintendetemi, Noel non era mai stato in grado di superare in fretta una rottura o un cuore spezzato, ma nel caso di Will, Afrodite era stata particolarmente maligna: non solo i sentimenti di Noel non accennavano a sfiorire, non solo il dolore continuava a farsi strada come un serpente velenoso all'interno del suo cuore, ma la sua mente riproponeva come un disco rotto l'immagine di Will e tutto ciò che avrebbe potuto essere collegato al maggiore.
Cioè, all'incirca ogni singola cosa: un libro, una canzone, un film, addirittura il cibo riusciva a fargli riafforare alla mente i giorni trascorsi con William.
E per mesi era andato avanti così, non potendo fare altro che aspettare di superare quel momento buio e tornare a far finta che nulla fosse successo come al solito, ma poi per qualche ragione aveva iniziato a fermarsi dal fare qualsiasi cosa.
Aveva smesso di dormire quel poco che già si riusciva a permettere, aveva smesso di uscire con gli amici, aveva smesso di scrivere, aveva smesso di andare dalla psicologa e dalla neuropsichiatra, aveva smesso di studiare, aveva smesso di fare anche solo finta che andasse meglio.
Aveva semplicemente smesso di fare qualsiasi cosa non riguardasse mangiare, dormire, ascoltare musica, piangere e prendersi cura di Finn.
Si aggirava per l'appartamento come se fosse sul punto di cadere in pezzi fisicamente, incapace di sforzarsi di fare qualsiasi cosa si costringesse a fare prima e ignorando le centinaia di chiamate e messaggi che riceveva da Sam, da Amy, dai suoi genitori e addirittura da Gabriel.
Il quale ogni giorno diventava sempre più infastidito e nervoso, ma questa è un'altra storia.
Insomma, Noel era riuscito a raggiungere un livello ancora più basso di quello al quale già era in precedenza, e non aveva neanche le forze per pensare di provare a tirarsi su.
Poi aveva iniziato a divorare libri, quasi nella speranza che potessero riempire quel vuoto che William aveva lasciato, o che potessero far riafforare le sensazioni di un abbraccio, di un bacio, di un profumo, di una voce che probabilmente non avrebbe mai più sperimentato.
Una consapevolezza che lo distruggeva cellula per cellula, inesorabilmente e impietosamente, nonostante Noel avesse già da tempo alzato le mani in segno di resa.
Si sentiva come se una delle ali che era riuscito a spiegare grazie a William fosse stata strappata via violentemente: incompleto, vuoto.
Platone sostiene che all'inizio gli uomini fossero stati creati con quattro gambe, quattro braccia e due teste, che poi gli Dei avessero deciso di separarli e che da allora ognuno di loro cercasse la propria metà a cui ricongiungersi.
Noel, pur essendo un fan della mitologia e un inguaribile romantico, aveva sempre sostenuto che fosse solo una grandissima bufala infondata che nutriva il mito delle anime gemelle, ma quando aveva posato gli occhi su William si era sentito come se ogni pezzo del puzzle che era la propria vita fosse stato messo al suo posto e che finalmente si potesse ammirare lo spettacolo finale: due ragazzi complementari capaci di formare non solo una coppia, ma una vera e propria squadra in grado di abbattere le difficoltà della vita.
Ma poi Will aveva deciso di spezzare quell'immagine scappando e nonostante Noel avesse disperatamente provato a tenerli insieme, a salvarli, aveva fallito, e il più grande lo aveva abbandonato.
Come tutti gli altri.
Il che non era stato sorprendente, ma aveva straziato l'anima già a pezzi di Noel che quella volta si era permesso di sperare, di credere in qualcuno, in qualcosa, e ancora una volta si era ritrovato con i cocci da rimettere a posto.
Peccato che quei cocci ormai fossero più polvere indistinta da cui era difficile intuire quale pezzo andasse dove, e così Noel si era semplicemente annullato.
Aveva smesso anche di sopravvivere e si era arreso a quella sofferenza inesprimibile, perché anche se si era sempre aspettato che William un giorno si sarebbe stancato, ogni singolo atomo in lui aveva creduto alle promesse che il maggiore gli aveva fatto: di non abbandonarlo, di non farlo soffrire, di non essere l'ennesima persona ad andarsene.
Noel ci aveva creduto spontaneamente, con il senno di poi probabilmente anche per un disperato bisogno di illudersi che qualcuno potesse davvero tenere a lui, e pur sapendo che non avrebbe funzionato aveva deciso di fidarsi.
Ovviamente era andato tutto in pezzi.
E Noel era rimasto a guardare, con la rabbiosa consapevolezza di aver avuto ragione un'altra volta e poi con la sofferente realizzazione di quanto William era stato importante per lui, perché ora senza William il mondo era tinto di grigio e si muoveva a rallentatore, rendendogli ancora più difficile fare qualsiasi cosa.
E la parte peggiore in realtà era che con il ritorno della scuola il maggiore aveva preso un posto fisso nella sua mente e un ambiente stressante di per sé era diventato soffocante perché ogni occasione era buona per pensarlo.
E maledirsi.
Perché non avrebbe mai potuto incolpare Liam di quella situazione, ma qualcuno da identificare come causa doveva esserci e quindi il responsabile poteva ricadere solo su di sé.
Se si fosse fidato della sua mancanza di fiducia, della vocina che ripeteva ostinatamente che nessuno avrebbe mai potuto amarlo e che anche con Liam non avrebbe funzionato probabilmente non si sarebbe ritrovato a sentirsi annegare in modo inesorabile; un destino crudele e ironico, per chi da sempre nuotava a livello agonistico.
In realtà non provava neanche a creare una connessione con l'acqua, si faceva soltanto trascinare debolmente mentre scendeva giù, annegando verso gli abissi senza fondo del dolore, della disperazione e della consapevolezza di aver avuto ragione, ancora una volta.
Su quanto non fosse stato degno di quel briciolo di amore che aveva ricevuto. Su quanto effettivamente non lo avesse mai meritato.
Su quanto forse sarebbe stato meglio smettere di provarci, di sopravvivere e semplicemente lasciarsi morire  mettendo la parola fine a quella sofferenza straziante.

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