Capitolo 11 - Quinta rivoluzione

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"Ti voglio di nuovo."

Accompagna quelle poche sillabe con un movimento della mano, un tentativo di carezza che cerca di lasciare sulla mia coscia rimasta scoperta dall'abito che indosso. Percorre sulla mia pelle pochi millimetri, il brevissimo tempo che il mio istinto gli concede, prima di scostare bruscamente la gamba. Scuoto la testa, incapace di elaborare un pensiero coerente.

"Camille. Ti voglio di nuovo."

Questa volta mi sfiora un braccio, e la mia reazione è la stessa di prima, ma purtroppo molto più lenta. E molto meno convinta. 

"Lo so che lo vuoi anche tu." 

Un refolo di vento mi porta in viso l'odore del suo dopobarba, ed ora la mia unica reazione è una violentissima pelle d'oca. 

Più cerco di tenerlo lontano, più tento di fare ciò che la testa mi dice essere giusto, più il mio cuore tachicardico mi forza a fare altro. Il mio cuore... Se devo essere onesta con me stessa non è più quello a guidarmi. Ma il ricordo di quanto avevo provato sotto la pioggia e dentro quella casa sconosciuta, quel piacere... è lui a dirmi cosa fare. 

"Hai una ragazza."

"Non ti sto chiedendo di sposarmi."

La consapevolezza di quanto mi sta proponendo mi colpisce in faccia tanto violentemente quanto il suo profumo. Cerca del sesso facile, lui che potrebbe trovare agilmente compagnia femminile con il semplice schiocco delle dita. Per un motivo che non riuscivo ad individuare lo stava chiedendo a me.

Sto cercando di formulare una risposta di senso compiuto quando sento pronunciare il mio nome con tono preoccupato. Susanne è uscita dal locale, e mi ha individuata. 

"Domenica sera. Comunque vada la gara sarò nel mio appartamento nel palazzo bianco qui di fronte. Citofono 728." Charles ha capito di avere poco tempo, pronuncia queste parole di fretta, prima di sparire dietro gli alberi. Con ogni probabilità ha deciso di rientrare nel locale, lasciandomi qui confusa e sconvolta. Ma perlomeno non da sola. 

Susanne si inginocchia di fronte a me "Camille, come stai? Scusami ma ho dovuto avvertire Mimì o ci avrebbe ucciso... cos'è successo..." 

Povera ragazza, come le ero capitata tra capo e collo: nella migliore delle ipotesi si prospettava l'ennesima nottata di confessioni davanti a innumerevoli calici di vino, nella peggiore sarei crollata emotivamente. Ancora una volta. 

-

I giorni di riflessione dopo quell'incontro erano stati a dir poco emotivamente intensi. 

Sia Susanne che Mimì erano occupati con i rispettivi lavori, e i loro consigli erano così agli antipodi che mi avevano mandato ancora più in confusione. Mentre lo stilista continuava con la sua politica del "bisogna vivere senza rimpianti", la mia coinquilina per contro mi diceva di restarne il più lontano possibile. 

"Già avere una relazione con una persona famosa è complicato, ma lui non ti ha neanche proposto questo. Ti sta 'concedendo' di fare l'amante, e tu meriti molto di più." 

L'avevo capito da me che la proposta di Charles non era un'offerta, quanto in realtà un suo mero capriccio. Si era mostrato finalmente col suo ego viziato e vizioso, porgendomi una mano verso la perdizione. 

Ero arrivata a domenica continuando ad arrovellarmi sulla mia decisione, e come unico testimone mi era rimasto il povero Matisse. L'animale non poteva parlare ovviamente, ma sentivo i suoi occhi scuri contemplarmi e giudicarmi.

Li sento bene sulla schiena, soprattutto quando sono appena scoccate le 8 e io esco dalla porta di casa, cercando un taxi che mi avrebbe portato nel Principato di Monaco. 

A Susanne, per far sì che non si spaventasse, avevo lasciato un biglietto sul tavolo della cucina.

"Non ti preoccupare."

Avevo capitolato.

-

Durante il viaggio verso quell'appartamento, ero stata sul punto di tornare indietro una quantità innumerevole di volte. Ma ero spinta da qualcosa di profondo, da un istinto ancestrale che mi spingeva un singolo centimetro alla volta: voglio proprio vedere fin dove riesci a spingerti, vai avanti.

Una voce dall'interno che si ammutolisce solo quando la porta di quel maledetto appartamento si apre, rivelando Charles vestito con una semplice tuta e un asciugamano di spugna sulle spalle, i capelli ancora visibilmente umidi. Ha un sorriso divertito stampato in faccia. Se non fossi così dannatamente eccitata proverei odio per lui. 

"Non pensavo che saresti venuta."

"Aspettavi qualcun'altra?" Ribatto astiosa.

"Mi spiace deluderti, ma aspettavo proprio te."

"Le lusinghe non ti porteranno da nessuna parte."

Lascio giacca e borsa sul divano, mentre Charles apre il frigorifero e mi domanda se voglia bere qualcosa.

"No grazie, sono a posto." Mi sfilo anche le scarpe e con un saltello mi accomodo sul piano dell'isola della cucina, le gambe leggermente divaricate. "Fammi ricordare perchè sono venuta qui stasera."

Come una cometa // Charles LeclercWhere stories live. Discover now