Capitolo 10 - Quarta rivoluzione

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C'era voluta una bottiglia intera di vino per farmi raccontare quello che era successo tra me e Charles. Una sessione di chiacchiere che aveva provato me (soprattutto a livello di vergogna) tanto quanto Susanne, che al mio ennesimo sospiro di disperazione aveva chiamato Mimì. Era arrivato in pochi minuti con quella che secondo lui era la cura per tutti i mali, cioè la cioccolata fondente ripiena di menta. 

La seconda bottiglia di vino era già ben oltre la metà quando lo stilista mi aveva domandato "Perdonami tesoro, ma come avvocato del diavolo devo chiederlo: lui sa poco e nulla di te, tu sai poco e nulla di lui. Cosa pensavi di ottenere andandoci subito a letto?"

"E' quello il problema: non ho pensato." Osservo assorta l'ombra di vino rimasta sul fondo del bicchiere. "Quando ce l'ho troppo vicino non ci riesco mai. Dio mio, sono patetica." Corono la mia riflessione appoggiando la fronte sul tavolo della cucina. 

Susanne cerca di consolarmi "Beh, non colpevolizzarti. Non so che faccia abbia questo ragazzo, ma da come ne parli sembra che sia un angelo sceso in terra. Non biasimarti."

"E comunque la vita è troppo breve per avere dei rimpianti." Declama Mimì, afferrando per l'ennesima volta la bottiglia di vetro scuro. 

-

I giorni successivi sono difficili. Mi sembra di essere tornata al periodo successivo al mio arrivo a Nizza, quando faticavo a lasciare casa. Poco per volta imparo che in una città così grande Charles non mi avrebbe ritrovata facilmente, che posso essere libera. E soprattutto che me lo merito. 

La prova più tangibile del fatto che sia riuscita ad andare oltre, arriva dopo un paio di settimane, quando Mimì invita me e Susanne ad una serata a Monte Carlo. Aveva curato gli abiti per uno spettacolo di drag-queen, un lavoro monumentale ma del quale andava molto orgoglioso. 

Susanne mi aveva aiutato con i capelli e io l'avevo truccata. Con i vestiti tappezzati di paillette e perline sembravamo due pazze fuggite dal carnevale di Rio, ma per l'occasione potevamo concedercelo. Mimì era pure riuscito a farci entrare nel locale da una porta sul retro, per non farci pagare il biglietto. 

Dopo aver ricevuto i nostri cocktail ci accomodiamo ad un tavolo in mezzo alla sala, aspettando l'inizio dello show. Quando le luci si abbassano entra in scena una ragazza che indossa una voluminosa parrucca bionda e un miniabito rosso coperto di piume, la presentatrice dell'evento "Buonasera a tutti e benvenuti a questa serata. Vi ringraziamo per essere così numerosi, io sono Angelique e..." 

L'annuncio del nome è subito seguito da un'ovazione proveniente da un tavolo alla nostra destra, evidentemente amici della ragazza sul palco. Ridacchio per il casino improvviso che hanno causato, ma il sorriso mi muore in volto appena vedo chi è il maggiore responsabile di quel trambusto. 

"Charles..." E' un sussurro il mio, ma Susanne nota il mio sguardo distratto e coglie subito le mie parole.

Charles è seduto ad un tavolo con un altro uomo dai capelli scuri, e sta applaudendo vigorosamente. 

Prima che possa effettivamente decidere a mente lucida cosa fare mi ritrovo in piedi, la sedia metallica ribaltata dietro di me e il cocktail in terra, con un frastuono ancora più fastidioso per il pubblico, che adesso è voltato a guardarmi, tra l'incuriosito e l'imbarazzato.

Tra questi occhi ci sono pure quelli di Charles. E io come da mio copione fuggo. 

Scappo dal locale, questa volta dall'entrata principale, ritrovandomi in una via del lungomare monegasco. E' tardi, ma la strada è praticamente illuminata a giorno. Nel fine settimana qui nel Principato si terrà una gara di Formula 1, e logicamente ci sono feste ed eventi ovunque.

Appoggio le mani sulle ginocchia, provata non tanto dalla corsa (che è stata breve) ma dal subbuglio emotivo che mi ha sconvolta. Non ero pronta a rivederlo. 

Così come non lo sono ora. 

Perchè ogni lampione è decorato con degli stendardi che promuovono la corsa automobilistica, e su uno di quelli proprio di fronte a me, è ritratto Charles. Vestito con una tuta rossa da pilota, una posa impettita leggermente di profilo, che incute rispetto in chi lo osserva. 

"Charles..." Sembra che questa sera non riesca a fare altro che mormorare il suo nome. 

"Ho faticato a riconoscerti."

La sua voce è una coltellata alla schiena. Inaspettata, potente e violenta. Ma la condanna definitiva è vederlo in viso. Il suo volto da angelo diabolico pronto a trascinarmi nel suo inferno, ancora una volta. 

"Potrei dire la stessa cosa." Ribatto facendo un cenno verso lo striscione. "Avresti potuto dirmelo che fai il pilota e sei famoso."

"Avrebbe fatto alcuna differenza?"

Rifletto un secondo "No, probabilmente no." 

Fa uno strano effetto averlo qui davanti in due versioni così contrastanti: sulla plastica l'idolo di tante persone, in carne e ossa colui che mi aveva sedotto e ingannato. 

"Ho provato a trovarti un paio di volte, nei posti dove ci siamo incontrati, ma sembravi sparita nel nulla."

"Non c'era motivo per cui io e te avremmo dovuto rivederci."

Due auto si fermano nello spiazzo al nostro fianco, e dai sedili posteriori scendono quattro ragazze, o meglio modelle. Una di loro si sistema rapidamente i capelli, e dopo avermi osservato come se fossi una specie di insetto, punta i suoi occhi su Charles ed esclama "Oh mio dio, Charles Leclerc." 

Assisto quindi ad una scena parecchio comica: Charles preso d'assalto dalla combriccola per foto e autografi, con voce stridula cercano tutte il selfie perfetto. E' davvero divertente vederlo in difficoltà, mentre cerca di firmare un autografo, restare in posa per una foto e rispondere ad una stupida domanda sulla prossima gara. 

Dovrei cogliere l'attimo per scappare, approfittare della sua distrazione, ma vederlo così è una gioia per il mio cuore ingannato. Quindi mi accomodo sul muretto che circonda un'aiuola e mi consolo deridendolo silenziosamente. 

Quando finalmente il capannello starnazzante si dirige verso uno dei locali, lo vedo sospirare lentamente per l'evidente sollievo. 

"Quattro ragazze contemporaneamente, ti sarai sentito in paradiso."

"Non pensavo che saresti rimasta qui a goderti la scena."

"Mi meritavo anch'io un po' di divertimento, dopotutto."

Non appena si accomoda poco distante sullo stesso muretto che mi ospita, la mia prima reazione sarebbe di allontanarmi ed andarmene. Perchè un conto è divertirsi delle piccole umiliazioni subite da qualcuno che ci ha fatto soffrire, un altro è comportarsi civilmente con quella stessa persona. 

Gli sono sufficienti solo quattro parole per mandarmi in crisi, per stravolgere ogni mia convinzione.

"Ti voglio di nuovo."

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora