Capitolo due: Di ingranaggi e medicina

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Talelah Lakroa


Il Capitano di Talelah Lakroa, Releim, entrò nell'infermeria senza premurarsi di salutare. Si limitò a lanciare un'occhiata gelida a Nina, seduta sul bordo del letto.
«Hai un aspetto terribile»
Lei chinò la testa a disagio, cercando di nascondere le ferite.
Rimasero a lungo in silenzio. Poi Releim parlò di nuovo:
«... A dire la verità mi aspettavo ferite più profonde, sembri uscita da una semplice scaramuccia con un tuo simile.»

«Lo so», mormorò Nina stringendo la coperta tra le dita, «Sono stata fortunata.»

Gli occhi del Capitano vagarono sui graffi e sui lividi che attraversavano il viso della giovane fino a scomparire sotto le bende che fasciavano il collo.
«A quanto pare un civile è stato catturato mentre tentava la fuga.»

«Il Dottore...» pensò ad alta voce Nina, ricordando la scialuppa di salvataggio mentre cadeva dal cielo come un meteorite.

«Kayes è un medico nativo del pianeta Kerlin, ma soprattutto, è un sacerdote del culto dei Grandi Spiriti» spiegò «ormai si è diffusa la notizia del rapimento tra i suoi adepti e si è generato il caos.»

Mosse qualche passo verso l'oblò della stanza, ammirando il tessuto di stelle, poi riprese a parlare.

«Sorvolerò su quanto sia stato stupido da parte tua affrontare Haeist da sola, ma non posso ignorare il fatto che tu abbia disobbedito al mio ordine e abbandonato la squadra di supporto nel momento più critico della missione»

Nina si morse il labbro assalita dalla vergogna. Aveva ragione. Si era comportata da vera sciocca lasciando i propri compagni in balia dei criminali, e per cosa poi? Non era nemmeno riuscita a trattenere Haeist.
Il Capitano osservò freddamente l'espressione irrequieta di Nina, consumata dai sensi di colpa, quindi aggiunse:

«non fraintendermi, penso che non avrebbe fatto alcuna differenza avere il tuo sostegno in missione.»

•••∆•••

Estus


Il Dottore rimase per svariate ore accovacciato a terra contro la fredda parete della cella. Teneva stretta tra le braccia la piccola androide cullandola con dolcezza e mormorandole all'orecchio un'antica ninna nanna.
Come ubbidendo ad un comando i lunghi capelli verdi della bambina iniziarono improvvisamente a rilucere nella stanza angusta illuminandola quel tanto che bastava per permettere al suo padrone di vedere.

«Jah jah, Edneth...» la ringraziò, venendo ricambiato da un debole sorriso, «Non temere. Siamo nelle grazie degli Dei, ci salveremo.»

Proprio in quel momento un leggero tintinnio proveniente dal corridoio attirò la loro attenzione e le luci si accesero di colpo abbagliando il Dottore.
Sulla soglia della stanza comparve lo stesso androide dagli occhi violacei che li aveva scortati in cella poche ore prima.

Haeist lo chiamava Morlin e sembrava rivolgersi a lui in modo particolarmente gentile rispetto al resto dell'equipaggio, cosa che a Kayes fece supporre una sorta di affezione nei suoi confronti.
Il pensiero lo confortò, mentre stringeva al petto Edneth. Quel criminale avrebbe anche potuto ucciderlo, ma forse avrebbe risparmiato sua figlia.
«Seguitemi, il Comandante vi sta aspettando.»

•••∆•••

Haeist torreggiava su di loro imperioso, a braccia conserte.
«Benvenuto a bordo dell'Estus, Dottore. Se non le dispiace vorrei scambiare due parole con lei e la sua creatura.»
Il prigioniero contrasse i muscoli della faccia irsuta mostrando i canini appuntiti:

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