V - Rubacuori

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Mi risveglio con le labbra screpolate ed una sete tremenda. Sono su un letto morbidissimo, con i miei vestiti ed un lenzuolo addosso. Sono completamente libera di muovermi, e ricordo esattamente di essere svenuta nella macchina di uno sconosciuto. Mi guardo intorno, ed eccolo lì, il mio simpatico amichetto, che è tornato a infondermi tranquillità come se non ci fosse un domani. 

– Dove diavolo sono.

Dico solamente, digrignando i denti in maniera quasi robotica dal tanto che sembro finta: non riesco ad essere arrabbiata, proprio non ce la faccio. 

Il ragazzo è seduto su una sedia, mi guarda con occhi che metterebbero in soggezione anche un muro. 

È uno di quei volti particolari, che non sai definire quanti anni hanno o se sono persone di cui poterti fidare oppure no

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È uno di quei volti particolari, che non sai definire quanti anni hanno o se sono persone di cui poterti fidare oppure no. È lento nel rispondere, maledettamente lento, mi fa crescere un nervoso che so di avere ma che non riesco ad esternare! Che fastidio. 

– Dove pensi di essere?

Di nuovo, che fastidio! Non può semplicemente rispondermi e basta? 
Credo anche di scrutare un mezzo sorrisetto arrogante nel suo viso, come se di nuovo volesse mettermi alla prova. 

Faccio un sospiro e distolgo lo sguardo da lui, tanto ho capito che devo fare tutto da sola. Ammetto che provare questo senso di tranquillità mi permette di ragionare a mente lucida, non colta da un senso di paura che altrimenti mi attanaglierebbe. 
Mi guardo intorno per bene: sono in una stanza fatta interamente in legno: pavimento, soffitto e pareti di legno con una vetrata gigante alla mia sinistra, che dà su una splendida cornice verde. Sembra una sorta di rifiugio immerso nel verde. 

Mi alzo dal letto, e mentre lo faccio controllo velocemente il mio interlocutore, che non batte un ciglio al mio movimento. Questo mi fa capire in qualche modo che non sono relegata al letto e che ho il permesso di muovermi senza subire conseguenze. 

Vado verso la finestra, che non sembra avere maniglie per essere aperta. Il pavimento in legno cigola un po' al mio passaggio. L'aria è fresca, la luce filtra attraverso gli alberi. Mi giro lentamente, studiando la stanza, ma non c'è nessun altro dettaglio che mi appaia interessante. C'è solo una porta vicino a dove sta seduto questo strano tizio. La porta è chiusa, probabilmente a chiave. 

– Non conosco questa parte della città, non penso di esserci mai venuta.

Il ragazzo annuisce, e se fossimo in circostanze normali questo suo annuire e non parlare quasi mai mi darebbe veramente i nervi. Ma sono vittima della sua capacità, e non posso fare altro che aspettare. 

– Non la conosci perché non fa parte della città.

Sono confusa: nessuno ha più diritto di accedere oltre i confini della città. L'unica città abitabile è la nostra, in tutto il resto del Paese non c'è più vita. Hanno costruito qualcosa oltre i confini? Torno a guardarlo. Inclino la testa e comincio a camminare verso di lui, fermandomi a due passi. 

– Senti rubacuori 

Lui si acciglia, ma io continuo con il mio simpatico sistema per attirare curiosità. 

– Non so dove sono, non so chi sei, e non so che cosa vuoi da me. Il tuo potere mi impedisce di essere arrabbiata o frustrata per.. boh? Un tentato rapimento? Quindi ti dispiace darmi qualche informazione in più invece che giocare a-- oh, basta con questa cosa!

La calma e la tranquillità in me si diffondono quasi a farmi venire sonno, giuro di sentirmi come quando ti anestetizzano tutto il corpo ma con ancora la capacità di muovermi e parlare ed essere sveglia.

– Okay, okay. 

Finalmente si decide a parlare, e mi fa un cenno invitandomi a sedere nel letto. Lo faccio senza esitazioni, continuando a guardarlo negli occhi e cercando di non farmi intimorire dalla soggezione che emanano. 

Lui sembra sorridermi, ma non in maniera gentile... Più come presa in giro. 

– Sei oltre i confini della città, chiamiamo questo posto "Base Zero".

Mi acciglio e lui lo nota, e vedendomi perplessa continua subito con il discorso. 

– È una sorta di centro di addestramento dove la gente come me impara a diventare Guardiano. Abbiamo informato tuo padre che saresti venuta qui, anche tuo fratello è al sicuro. 

Nonostante il moto di serenità che mi pervade, e che ora sta aumentando, non posso fare a meno di sussultare, ma nuovamente lui mi anticipa.

– Non preoccuparti, stanno bene: ogni volta che reclutiamo ci occupiamo anche delle famiglie, dando loro cibo ed assistenza quel tanto che basta per lasciare che tuo padre non debba andare a lavoro per diverso tempo. 

– Mio padre sapeva che sarei venuta qui?

– Non proprio, diciamo che glielo abbiamo detto all'ultimo. 

E di nuovo un sorrisetto si fa strada sul suo viso, e più lo guardo più mi innervosisce non riuscire ad essere nervosa

Mi concentro sul fatto che tutto ciò che sta dicendo è indubbiamente vero: non conosciamo violenza e falsità, è quasi un ordine genetico. Prima di tutto, la mia famiglia sta bene ed è al sicuro. 

– Potrai parlare con loro regolarmente fin tanto che starai qui. 

Oh, meraviglioso, penso. Peccato che non ho ancora capito che ci faccio qui. E lui, di nuovo, sembra capirlo. 

– Fin tanto che starò qui? Io non sono una guardiana, non ho capacità come le vostre, non capisco. 

Lui porta il palmo della mano in alto, contro il mio viso, e qualcosa mi pervade, e non è più la tranquillità di prima: è una sensazione strana, che mi fa venire la pelle d'oca. È tanto strano quanto piacevole. 

– Lo senti? 

Annuisco, ancora confusa. 

– È l'energia che emani. 

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