III - Chiudi gli occhi, bambina

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Il terzo questo mese - due in più del solito: una gigantesca enorme massa indistinta di rifiuti si riversa per le strade del Paese. Rifiuti di qualunque tipo, rifiuti ovunque. Sacchi della spazzatura misti a qualunque altra cosa vi possiate immaginare, lì riversi per le strade, in mezzo a gente che deve ripararsi per non venire travolta.

Faccio un respiro, mentre James mi strattona perché vuole sapere di che si tratta.

Chiudo le tende della finestra e faccio disegnare di nuovo James, mentre io cerco di riprendermi da ciò che, per la terza volta in un mese, sono costretta a vedere.

Ogni mese veniamo travolti da questo carico di rifiuti indistinto che dobbiamo essere in grado di smaltire nel corso del mese. È un lavoro infinito, e spesso e volentieri i carichi di rifiuti sono al 90% impossibili da riciclare. Nel corso del tempo abbiamo trovato diversi modi per innovare rifiuti, ma è come pescare un ago in un pagliaio. Per giunta il caldo afoso raggiunto nell'ultimo periodo ci impedisce di stare fuori tanto, e finiamo a malapena di gestire i rifiuti attuali per permetterci di poter camminare per le strade.

Siamo tanti, siamo tantissimi nel Paese. Ma la quantità di cittadini presenti non eguaglia l'enormità di rifiuti da smaltire, così finiamo per trasportarli al di fuori del Paese, ai confini, con risultati sempre peggiori.

– Non puoi capire cosa c'è là fuori, Riley. 

Mio padre è appena entrato in casa di corsa, con una ragazza fra le sue braccia.

– Mio Dio– che ti è successo? Che le è successo?

La ragazza sta ansimando, in preda a delle vere e proprie convulsioni. Capisco immediatamente che è disidratata, per cui prendo la bottiglia d'acqua e comincio a farle bere piccoli sorsi, finché la respirazione non comincia a decelerare. Vedo che, però, questa ragazza presenta delle strane macchie verdi intorno al polso destro.

– Le è caduto addosso del materiale ferroso, misto a qualcos'altro. Non so se se la caverà.

– Ma che diamine. 

Rispondo solamente, conscia che questa ragazza potrebbe non farcela. Come dicevo, la morte non ci spaventa più da quando ne conosciamo gli anfratti più misteriosi. Ciò non toglie che sia qualcosa da cui non si può più tornare indietro.

– Come si--

– Emily, mi chiamo Emily– 

Ansimante, la ragazza ha ripreso coscienza, ma le sue condizioni non sembrano migliorare granché. Anzi. Le macchie sui polsi si stanno velocemente estendendo tanto da cominciare a vedersi anche sugli avambracci.

– Ciao Emily, stiamo cercando di–
– Non farlo.

Emily apre questi grandissimi occhi blu e mi guarda con un'aria decisa. È ferma nel suo dire, mentre le labbra, lentamente, si aprono in un sorriso, lo sguardo sinceramente impaurito ma altrettanto deciso.

– Voglio andarci, sono stanca di sopravvivere per vedere se ce la faremo: io...

Le labbra si fermano, il respiro affannoso si perde per un istante.

Non è da noi arrenderci, sapete. Siamo un popolo di lavoratori instancabili, promessi alla fatica e alla volontà d'animo. Ma Emily sa che non potrà sopravvivere al contatto con questo materiale.

– Voglio vedere la Malesia e tutte le sue isole.

Le sorrido, mentre il mio viso cambia e si concentra sulle parole dell'altra. Cerco di non piangere, mentre mio padre porta James in camera.

– La Malesia? 

Chiedo con curiosità, mentre Emily prende a sorridermi.

– Ho sentito di spiagge incantevoli, voglio immergermi nell'acqua trasparente e farmi trascinare della corrente per ore e ore.

Mi rendo conto di stare piangendo quando è Emily ad indicare con un dito verso le mie guance.

– Scusami
– Non scusarti. Presto o tardi...
– ... Ad ognuno la sua pace.

Ci siamo appena salutate con il tipico addio del nostro Paese, quello che decreta la fine della vita e l'inizio della morte.

Emily chiude gli occhi sorridendo. Le macchie sulla sua pelle cambiano colore, diventando bianche. Tutto il suo corpo, piano piano, diventa polvere che si dissolve nell'aria.

Emily è appena entrata nella fase più pacifica, preziosa ed eterna della sua vita: la morte. 

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