CHAPTER 2.

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MICHELE

Boom. Lo sparo.
«Non dovevi farlo adesso! Ti si è ribaltato il cervello?» esclama Massimiliano.
Lo guardo con espressione interrogativa.
«Cosa penserà quella donna ora?»
Mi volto e noto Dilara sulla soglia del salotto, sconvolta e scioccata, in cerca di spiegazioni.
Mi avvicino verso di lei, diglutendo un groppo di saliva.
«Tu...non dovevi vederlo.»
«Troppo tardi. Quindi mi trovo in un castello con degli assassini. Vero? È questo che volete fare, eh? Uccidermi?» chiede lei indietreggiando.
«Dilara, possiamo parlarne.» dico avanzando verso di lei, lentamente.
«Non c'è niente di cui parlare, ormai è tutto chiaro. Non voglio vivere con un assassino, col terrore che tu possa uccidermi da un momento all'altro.» afferma salendo le scale.
«Non lo farei mai. Ascoltami.»
Lei corre di fretta in camera e si chiude dentro.
Decido di non insistere, di farla tranquillizzare un attimo.

Sono le 20 di sera. Sono seduto sullo stesso divano bianco, nella veranda.
Abbiamo un pranzo in sospeso.
Guardo l'orologio, mi accorgo dell'orario, mi alzo e rientro dentro. Salgo le scale che mi portano diretto alla camera di Dilara.
Apro la porta e la ritrovo sveglia, nel suo letto, con il suo completino nero di seta, ammanettata alla spalliera del letto.
Lei mi guarda acida, fredda, infuriata.
Chiudo la porta.
«Brutto stronzo! Slegami subito!»
Cerca di dimenarsi.
«Perché mi hai legata qui sul letto? Ti ho detto di slegarmi subito.»
«Vedi...non posso.» dico avvicinandomi a lei.
«Sì che puoi, slegami immediatamente!»
«Ti ho già detto che non posso. Sappi che non voglio farti del male. Assolutamente. Voglio il tuo bene, voglio renderti felice. Vorrei essere il tuo uomo, quello che non hai mai avuto. E tu sarai la mia donna.»
«No, no.» ridacchia incredula.
«Questo è sequestro di persona. Devi lasciarmi andare subito.» continua.
«Ci sono cose che purtroppo non sai.»
«Devi lasciarmi andare!» alza la voce.
«Non ti farò niente, non ti sfiorerò nemmeno con un dito, se non riceverò il tuo consenso.»
«Sei solo un bastardo egoista!»
«Non sai chi sono, io sono un uomo mafioso. Non ti conviene parlarmi così.»
«Mi fai schifo, sei un assassino.»
Sputa sul letto, schifandomi.
Levo la giacca.

|parte la canzone: "Shut up and Listen" di Nicholas Bonnin, Angelicca.|

Lei inchioda le sue pupille nelle mie.
«Non so nemmeno perché io abbia accettato di vivere con uno sconosciuto.»
«Non hai resistito al mio fascino.»
«Vaffanculo!» mi dice guardandomi negli occhi.
«Come hai detto? Ho sentito bene?» chiedo avvicinandomi a lei.
«Vaffanculo!» ripete, ingoiando un groppo di saliva.
«Zitta e ascolta!»
Le ordino.
«Tu sarai mia, intesi? Che lo voglia o meno, sarai la mia donna.»
«Io non ti voglio!»
Mi sputa in faccia.
Ridacchio.
«Hai voglia di provocarmi? Eh?»
Lei mi fissa in modo seducente.
È così sexy, anche con un completo di seta.
«Sappi che in questo gioco perdi. In questo gioco possiedo le regole.»
Ritorno serio, a guardarla lentamente negli occhi, uno sguardo caldo si incrocia col suo.
Le accarezzo il viso. Così delicato.
«Allora? Vuoi giocare?» continuo in un tono deciso.
Lei si limita a guardarmi soltanto. Abbassa lo sguardo, intimidita.
«Lasciami in pace.»
«Vuoi sentirti pronta?»
«Lasciami in pace!» ripete alzando il tono della voce.
La guardo. Mi alzo dal suo letto e vado via.
"Stronzo!" sento dire, appena chiudo la porta.

Torno giù in salone, Massimiliano è seduto sul divano armeggiando la pistola con cui ho ucciso l'assassino di mio padre.
Scendo l'ultimo gradino e lui alza lo sguardo.
«Hey, Michele. Allora? Com'è andata con la ragazza?»
Mi passo una mano fra i capelli.
Non so davvero cosa fare. Potrebbe correre dalla polizia.
«È un disastro. Non doveva vederlo. Ora è in camera.»
«Potrebbe uscire da un momento all'altro per raggiungere la polizia.»
«L'ho legata.»
«Che diamine hai fatto?» chiede in un tono da farmi ripetere ciò che ho appena detto.
«Hai sentito bene, Massimiliano. L'ho legata al letto, così non potrà scappare.»
«Ma questo è sequestro di persona.»
«Non ho intenzione di violentarla o robe simili, vorrei solo farla vivere qui in modo che possa innamorarsi di me.»
Lui mi guarda, posandomi una mano sulla spalla.
«Una donna non può innamorarsi così facilmente, specie se si trova in una condizione di sequestro. Le privi di muoversi.»
«Non deve farlo. Troveremo un accordo, faremo un patto. Stasera ne parlerò con lei.»
Dico per poi tornare in veranda.
Devo finire il mio croissant.
Guardo il panorama, la veranda si affaccia sul mare.
I pensieri mi inondano la mente.
Io vorrei solo vivere felice, con una donna accanto.
Vorrei solo questo.
Nient'altro.

È sera.
Incontro Massimiliano in salotto.
«Io devo partire per qualche giorno, viaggio d'affari. Raggiungerò tuo fratello a Roma.»
«Vai da Leonardo?» chiedo grattandomi la fronte.
«Sì, starò con lui. Partirò domani mattina, per cui mi raccomando qui in villa, mi raccomando alla ragazza.»
«Stai tranquillo, le parlerò tra poco.»
«Va bene, cerca di arrivare ad un compromesso.»
Annuisco e salgo sopra.
Entro in camera mia e mi levo i vestiti.
Prendo un asciugamano e mi dirigo in bagno.
Entro nel box doccia e faccio scorrere l'acqua tiepida sul mio corpo.
Dopo aver finito, metto l'asciugamano in vita e torno in camera per cambiarmi.
Dopo di ché busso alla porta di Dilara.
Sento un mugolio, così decido di entrare.
Stava dormendo. Si è appena svegliata.
«Mh, che ci fai tu qui?» domanda, assonnata.
«Devo parlarti.»
«Per favore, slegami.» dice infastidita dal dolore causato dalle manette.
«Vorrei trovare un compromesso.»
«Di che tipo?»
«Io vorrei fidarmi di te.»
«Anche io. Per cui promettimi che non mi toccherai senza il mio consenso.»
«Certo. Tu promettimi che se vuoi che io ti sleghi, tu rimanga qui.»
Lei abbassa lo sguardo su di me.
«Va bene, tanto non so dove andare. Non ho più niente. Né l'uomo della mia vita, né la mia famiglia. Nessuno.»
Dichiara triste.
«Non hai la famiglia?»
«Ho perso i miei genitori in un incidente stradale.»
«Tranquilla, il destino sta cambiando le carte.»
Dico per poi toglierle le manette dai polsi.
«Chi era quell'uomo in salotto?»
«Si chiama Massimiliano, è un caro amico di mio padre. Lavoriamo insieme per un'organizzazione mafiosa.»
«Quindi sei un boss, un capo.»
«Esattamente.»
I nostri sguardi si incontrano.
«E perché hai ucciso quell'uomo?»
«Lui ha ucciso mio padre.»
«Poteva pagarne le conseguenze diversamente.»
«Non con me.» dico con tono serio.
Giro la stanza.
«Ora che sei libera cosa pensi di fare?» chiedo con una punta di curiosità.
«Godermi questa villa.»
«Che il tuo uomo non ti ha saputo dare, mentre con me potresti avere qualunque cosa tu voglia.»
«Tu vuoi solo accumulare più ricchezza possibile, ottenere potere. Più hai denaro e più diventi potente.»
«Ormai faccio parte di questo gioco. Non posso tirarmi indietro.»
«Giusto.»
«Tu sei contro la mafia?»
«Sì, però se dovessi innamorarmi di un uomo mafioso, farei di tutto per migliorarlo.»
«Vuoi mangiare qualcosa?» chiedo, cambiando argomento.
«Sì, ho fame.»
Usciamo dalla stanza e scendiamo le scale.
Ci dirigiamo in sala pranzo e Marta ha preparato la cena.
«Sembra tutto buonissimo.» dice sedendosi a tavola.
Siamo uno di fronte all'altro.
«Scusami, se mi presento con uno stupido completo di seta.»
«Tranquilla, sei sempre bellissima.»
Ceniamo, tra qualche sguardo e l'altro.
«Scusa, se mi sono comportata in quel modo prima.»
«Beh, sappi che se qualcuno mi provoca io reagisco.»
Lei non proferisce parola, mi guarda semplicemente.
«Si è fatto tardi, torno in camera.» dice alzandosi.
«D'accordo.»
Marta sparecchia tutto.
Torno in camera mia e mi infilo nel letto.

IN THIS GAME I OWN THE RULES.Where stories live. Discover now