𝓲𝓵 𝓹𝓮𝓼𝓸 𝓯𝓪𝓷𝓽𝓪𝓼𝓶𝓪.

64 8 99
                                    

"Ho chiamato l'ambulanza, qualcuno può spiegarmi come è potuto accadere!?"
Chiede il ragazzo preoccupato.
"È TUTTA COLPA SUA! LUI LO HA SPINTO PER STRADA! CHIAMI LA POLIZIA, LO FACCIA ARRESTARE!"
Grido.
"Calma ragazzino, ora cerchiamo di mettere in salvo il tuo amico. Sai il numero di telefono di tua madre?"
"Sì.."
Rick sembra spaventato, fa bene ad esserlo, me la pagherà cara in qualche modo.
"Spero che tu un giorno ci rimanga secco sotto una macchina."
Gli dico.
Lui abbassa gli occhi, gli dispiace?
Perché non ci ha pensato prima?
"Mi fai schifo."
Continuo.
Però pian piano quel momento di rabbia svanisce, si trasforma in tristezza, in paura.
Guardo Aidan, penso a mio padre, guardo terrorizzato quella pozza di sangue.
Sento tornare il mio vero essere, troppo sensibile, troppo perché possa sopportare di nuovo tutto questo.

Di nuovo qui, in ospedale, dentro questo luogo di false promesse.
Non mi fido di loro, hanno studiato medicina o come dare le cattive notizie ai parenti?
La mamma di Aidan piange, mia madre le sta vicino tenendo stretto anche me, anche suo padre sembra preoccupato, distaccato ma preoccupato. Io tremo come una foglia, sento di nuovo la mia cassa toracica esplodere, mi gira la testa, non mi sento bene, ho paura, una paura che solo chi l'ha vissuta sa descrivere, la paura di perdere qualcuno a te caro.
Un infermiere cammina verso di noi, rimaniamo col fiato sospeso:
"Abbiamo delle buone notizie, se così le si può chiamare, Il ragazzo non è morto, è in coma. Faremo del nostro meglio signori."
"Coma? Non è quando qualcuno sembra che stia dormendo e non si può risvegliare?"
Chiedo.
"Beh è una definizione un po' confusa, però diciamo che sì, non si può risvegliare per ora."
"E quando si può risvegliare?"
"Dipende, può metterci settimane, mesi o anche anni."
Anni?! Altri anni da solo?!
No, non posso, non posso di nuovo rimanere solo.
I miei occhi diventano lucidi, non voglio che mi portino via Aidan, non possono, non possono.
Mia madre mi stringe sempre più forte, come per dirmi che lei è qui, grazie ma non aiuta a molto.
Sento il forte il respiro di Carol che cerca di calmarsi, anche se so già non sarà capace di farlo, Aidan ha preso da lei questa sensibilità. Nemmeno io so rimanere tranquillo, in silenzio, le lacrime parlano per me.

Arriviamo a casa, mi chiudo in camera mia.
Il mio occhio cade sullo specchio.
Forse se fossi stato diverso non sarebbe successo tutto questo.
Forse se fossi stato più forte avrei potuto fare qualcosa.
Mi manca tutto, la forza, la bellezza, la sicurezza..
Perché sono nato così? Perché non potevo nascere forte? Perché? Troppe domande senza risposta.
Non mi piaccio e questo mi fa stare male.
Piango ancora più forte di prima, più mi guardo più mi faccio schifo, forse se non fossi stato così sciocco da buttare la palla per strada avrei ancora un padre, forse se non fossi stato così fifone avrei ancora il mio amico. Forse se fossi diverso la gente inizierebbe ad apprezzarmi.
Forse devo cambiare, sono io il problema.
Giro lo specchio, mi rannicchio vicino al mio letto e rimango in silenzio.

"Mike..."
Mi chiama mia mamma, alzo la testa:
"È quasi ora di cena, cosa vuoi mangiare?"
"Dopo quello che è successo mi è passato l'appetito."
"Non vuoi proprio nulla? Nemmeno un po' di frutta? Ti posso fare la mela con sopra lo zucchero come piace a te."
"No mamma, ho un nodo allo stomaco, se vuoi vengo di là a farti compagnia ma non me la sento di mangiare stasera."
"No tranquillo, resta pure qui."
Abbasso di nuovo la testa.
"Se vuoi possiamo dormire assieme, quando eri triste lo facevamo sempre,
sin da quando eri appena nato. Piangevi sempre e appena ti mettavamo nel letto con noi smettevi."
"Sono grande per queste cose mamma."
"Ok, se hai bisogno di qualcosa chiamami."

Mi riprendo un po', esco dalla mia camera:
Mamma guarda una delle foto di papà che teniamo sul tavolo.
"Se ci fossi stato tu qui..."
Soffre, come soffro tutt'ora io se penso a mio padre. Soffro a vedere gli altri ragazzi che giocano nel giardino di casa con i loro papà, a vederli mentre tornano a casa assieme, mentre vanno a vedere le partite o li riportano a casa da scuola.
Mi avvicino alle foto che abbiamo appeso nel salotto, le foto che abbiamo fatto con Aidan, le foto dei bei ricordi; le fisso fino a che non ho l'attenzione di mia madre:
"A papà sarebbe piaciuto Aidan."
Dico.
"Già, gli sarebbe piaciuto."
"Sarebbe stato anche felice di andare al mare con noi."
"Gli avresti anche insegnato a nuotare, lui era una frana nel nuoto."
Si alza e viene vicino a me ad ammirare quelle foto che brillano di sorrisi, torna a splendere leggermente anche lei.
Si china verso di me:
"Mike, andrà tutto bene."
"A me va sempre tutto male invece."
Piagnucolo.
"E invece questa volta ascolti quello che ti dico, vedrai che tutto si sistemerà e tra un po' di mesi sarai di nuovo a fare i compiti assieme ad Aidan in camera."
"Se lo dici tu.."
Mi dà un abbraccio, uno di quelli che vuoi ma che non chiedi.
"Non andare via, sei l'unica persona che mi rimane."
Dico.
"Non vado da nessuna parte."
Dice sorridendo.
"Dai sorridi anche te, fallo per me."
"Scusa mamma ma ora non ci riesco proprio."
"Sei proprio come tuo padre, quando era stressato non sorrideva mai, due sorrisi bellissimi ma che si nascondono sempre."
"Almeno non dovró mettere l'apparecchio."
Dico io.
Lei mi sorride accarezzandomi la testa.

𝓘 𝓻𝓪𝓰𝓪𝔃𝔃𝓲 𝓪𝓲 𝓬𝓸𝓷𝓯𝓲𝓷𝓲 𝓭𝓮𝓵𝓵 '𝓾𝓷𝓲𝓿𝓮𝓻𝓼𝓸Where stories live. Discover now